Il Coronavirus ha fatto emergere molta sofferenza. Sentimento provocato dai molti decessi, dallo stato di ansia e di paura e anche dalla lontananza. Sì, dalla lontananza. Perché trovarsi a diversi chilometri di distanza dai propri cari, in un momento di crisi in cui la solidarietà e la prossimità diventano delle esigenze, è molto complesso. Allora, Interris.it ha raccolto la testimonianza di Antonella Romanelli, una mamma nella quale molte donne possono riconoscersi, che è lontana dai propri figli da due mesi. Il suo racconto disegna il quadro dell’emergenza da un punto di vista “familiare”.
Il Coronavirus che trasforma le vite
“Chi mai avrebbe detto solo due mesi fa che un misterioso virus sarebbe apparso nelle nostre vite e tutto sarebbe cambiato. In effetti sembra un messaggio apocalittico ma lo scenario che si apre tutti i giorni davanti ai nostri occhi purtroppo non ha nulla da invidiare ai più famosi film di fantascienza! La mia è la semplice testimonianza di una madre, ebbene sì, non di un politico, non di un famoso virologo e neanche di un imprenditore ma solamente quello di una madre. La sensazione che si prova in un momento così insolito e destabilizzante per tutti è ancora più pesante se si pensa a tutte quelle famiglie ‘non tradizionali’, come la mia. Sono infatti, madre separata che vive in un comune diverso da quello dove si trovano ora i miei due figli. Loro sono con il padre e si sono ritrovati ‘confinati’ perché nonostante la vicinanza dei due comuni (circa 15 Km) non possono comunque raggiungermi per le misure restrittive che da più di un mese sono entrate in vigore in tutta la nostra nazione”.
Tra lo sconforto e l’impotenza di non poter far niente
“La sensazione di impotenza e il profondo senso di frustrazione che si prova a non poter non solo abbracciare ma semplicemente vedere i propri figli sono veramente devastanti! Come tutti i genitori con figli, poco più che adolescenti, nella normalità ci si vede, si condividono i pranzi, le cene, le discussioni, i confronti, le battute e le risate. Gli sguardi che si incrociano, le complicità. Tutto questo spazzato completamente via! Il mio pensiero va anche al futuro, un futuro così incerto da mettere i brividi. Quando potremo rivederci, quando potremo tornare ad una pseudo normalità? A questa domanda sembra per il momento non esserci risposta, i giorni passano apparentemente tutti uguali, io lavoro in smart working, come tante altre persone in questo momento. Nulla è più come prima, niente amici, niente parenti, niente sport, e più banalmente, ma non troppo per la nostra vita sociale, niente bar e ristoranti, niente parrucchiere, nulla!”
Mio figlio, agente della Polizia di Stato
“Il mio pensiero di madre va poi a mio figlio più grande, agente delle forze di Polizia che in questo momento sono impegnatissime sul territorio per fare controlli affinchè vengano rispettate le norme del decreto ‘resto a casa’. Lavoro difficile e rischioso che mi crea uno stato di ansia continuo perché in questo caso il nemico è invisibile e troppo spesso i nostri concittadini sembrano essere indisciplinati e refrattari al rispetto delle norme. In questo momento siamo chiamati a fare ognuno la nostra parte, è veramente importante! Come me immagino tante altre madri, lontane dai loro figli. In particolare, mi sento quanto più vicina alle mie omologhe che hanno i loro ‘piccoli’ in un’altra regione. Ragazzi che frequentano l’Università magari a Milano che hanno deciso speranzosi che tutto ciò avesse breve durata, di restare nella loro piccola stanza di pochi metri quadri. Mi sento quanto più prossima alle madri degli infermieri, alcuni dei quali sono nei reparti Covid-19 appena usciti dalle aule universitarie. Riesco solo ad immaginare cosa significhi il pensiero di avere il proprio amato figlio in un reparto di terapia intensiva”.
Le mamme e la nuova generazione da rivalutare
“Noi madri ci preoccupiamo troppo, dicono spesso le persone. Ma questo è. Credo che sia estremamente profondo il legame che stringe un figlio alla madre. Al netto di queste considerazioni la mia unica speranza è quella di poter vedere e riabbracciare i miei adorati figli quanto prima possibile. La tecnologia sta aiutando, cerco di fare con loro una video chiamata al giorno. Ma spesso, la si fa in tarda serata quando siamo tutti molto stanchi. Si dicono le cose principali della giornata e poi si ritorna alla nostra piccola solitudine. Ma il mio cuore va sempre a loro, i miei figli. Sia che stiano a casa a studiare sia che stiano in una automobile della Polizia di Stato. Non riesco a smettere di pensare, poi, che molti medici e infermieri che oggi salvano la vita dei nostri anziani sono proprio i giovani. Questo a farci intendere che spesso tiriamo delle conclusioni affrettate su questa generazione che sta dimostrando invece quotidianamente un senso di abnegazione senza precedenti”.