Ciò che il Covid rivela della sanità pubblica e dell’incomunicabilità istituzionale tra centro e periferia è racchiuso in una regione: il Molise. Aver accentrato le strutture sanitarie anti-Covid sull’ospedale di Campobasso a discapito di realtà già presenti sul territorio come per esempio quella di Larino ha prodotto “effetti disastrosi” sulla gestione complessiva del contrasto alla pandemia.
Covid, il caso Molise
Ha suscitato grande clamore mediatico l’inadeguata programmazione anti-Covid in Calabria. In un’altra regione nella quale la sanità è da tempo commissariata le cose non vanno meglio sotto il profilo della strategia contro la pandemia. Anche se l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale è minore. Ad approfondire con Interris.it il “caso Molise” è Luca Colella, direttore di Primo Piano Molise. “Nelle vene dei molisani scorre sangue sannita: sappiamo come far valere i nostri diritti“, afferma Colella.
Ha suscitato molto interesse in rete il video di un consigliere regionale molisano sulla gestione dell’emergenza Covid. Quanto incide il commissariamento della sanità e quali sono le difficoltà di cooperazione fra giunta e commissario riguardo alla pandemia?
“Il consigliere regionale Andrea Greco, capogruppo del Movimento 5 stelle, mette sempre molta energia nei suoi interventi. È un ragazzo che crede in quello che fa e ha ‘rischiato’ di vincere le elezioni regionali del 2018. È stato penalizzato dalla legge elettorale, che in Molise non prevede il voto disgiunto. Quindi, chi ha votato, tanto per fare un esempio, un candidato consigliere di Forza Italia, ha ‘automaticamente’ votato anche il candidato governatore del centrodestra. Il centrodestra si è presentato con numerose liste, rispetto al Movimento 5 stelle, che è sceso in campo con la sola formazione pentastellata”.Quando?
“Questo è accaduto il 22 aprile del 2018. Il 4 marzo dello stesso anno, in Molise, il Movimento ha eletto quatto parlamentari su quattro posti disponibili. I grillini si sono dunque presentati ai nastri di partenza delle regionali con un vantaggio, almeno nei sondaggi, irrecuperabile. Nei grandi centri (grandi si fa per dire, considerando i numeri del Molise) il Movimento ha stravinto. I piccoli comuni hanno invece ribaltato il risultato (il centrodestra aveva tra i candidati amministratori di tanti piccoli paesi). La premessa è doverosa”.Perché?
“Dal giorno successivo all’elezione dell’attuale governatore, infatti, le nutrite delegazioni pentastellate regionale (sei consiglieri su 20) e parlamentare hanno lavorato duro con l’allora ministra della Salute Giulia Grillo, anche lei dei 5 stelle, per far varare un provvedimento, che dopo diversi tentativi andati a vuoto è diventato legge, per stabilire l’incompatibilità tra il ruolo di presidente di Regione e quello di commissario della sanità. Legge che in definitiva ha trovato applicazione solo in Molise e in Calabria, dove i posti erano vacanti. Possiamo dunque definirla senza tema di smentita una legge ad hoc per due regioni. In Molise la sanità è commissariata dal 2007”.
Cosa è accaduto con il commissariamento della sanità regionale?
“Da allora fino al 21 aprile del 2018, il commissario è stato sempre il governatore della regione (dal 2007 al 2013 Michele Iorio del centrodestra e del 2013 al 2018 Paolo di Laura Frattura del centrosinistra). Da aprile a dicembre del 2018 la struttura commissariale è rimasta vacante, il governo non ha nominato nessuno. Sono stati otto mesi di alta tensione tra il governatore, supportato dalla maggioranza, che pretendeva di assumere il ruolo di commissario della sanità, e Palazzo Chigi, fomentato dal Movimento 5 stelle, che imbastiva una serie di misure per estromettere la Regione dalla gestione sanitaria. Il 7 dicembre 2018 sono arrivate la nomine: il generale della Guardia di Finanza, medico, Angelo Giustini commissario, Ida Grossi, dirigente di Azienda sanitaria con una lunga carriera in Piemonte, vicecommissario”.E da allora?
“Da quel giorno ad oggi è in atto un deprimente braccio di ferro tra la Regione e la struttura commissariale. Non c’è accordo su nulla, o quasi. A discapito della salute dei molisani.
Il consigliere Greco è stato uno dei principali fautori della nomina di un commissario non politico. Scelta legittima, ma il legislatore non ha dotato degli strumenti necessari la struttura commissariale, generando un conflitto di cui il Molise proprio non aveva bisogno, avendo una sanità già messa malissimo da più di un decennio di piano di rientro.
Il commissariamento e le difficoltà di cooperazione si concretizzano in un sostanziale perenne conflitto che frena l’attività, anche nell’ordinario”.Cosa ha comportato l’accentramento a Campobasso della risposta sanitaria anti-Covid?
“Effetti disastrosi perché nell’ospedale di Campobasso, inevitabilmente, sono scoppiati cluster importanti in altri reparti. Sulle altre strutture, come Larino, sorge tuttavia un problema. Larino, come Venafro, entrambi candidati a suo tempo per la realizzazione del Covid hospital e una volta gloriosi ospedali del Molise, nella logica dei tagli imposti dal piano di rientro sono stati negli anni passati ‘declassati’ a case della salute. Quindi, almeno sulla ‘cartina geografica’ del Ministero, ma anche nei fatti, non sono ospedali. E non si può realizzare un ospedale, dove l’ospedale non c’è”.Cosa andava fatto invece?
“Forse la scelta migliore, ragionando oggi, sarebbe stata quella di trasformare Isernia o Termoli (sulla carta rimasti ospedali). Ma lo dico da cronista di provincia e non da esperto in materia. Non ho titoli e soprattutto competenze per discutere le decisioni. Va detto che anche su questo aspetto abbiamo assistito ad un imponente braccio di ferro tra il commissario che voleva riconvertire Larino e la Regione che puntava sull’ospedale di Campobasso. Con il commissario si erano schierati numerosi sindaci, circa due terzi di quelli del Molise, con la Regione la direzione della Salute, l’Azienda sanitaria e, stranamente, il vice commissario. È stato anche per i cronisti un altro forte periodo di grande tensione”.Diverse testate giornalistiche hanno chiesto invano di poter documentare dall’interno l’articolazione sanitaria regionale anti-Covid. Qual è il compito oggi di un’informazione sempre più necessaria “in loco” durante l’emergenza sanitaria?
“Tre le mille difficoltà, il ruolo dell’informazione è quello di farsi guidare sempre e comunque dalla notizia. Costi quel che costi. La nuova governance dell’Azienda sanitaria è molto ‘particolare’ nella gestione del flusso delle informazioni. Posso però affermare che alla testata che indegnamente dirigo non è mai stato negato nulla, se non di entrare nei reparti dove ci sono i positivi, ma lo ritengo un divieto a nostra tutela. Fare giornalismo vuol dire anche assumersi le responsabilità e rischiare”.Può farci un esempio?
“Abbiamo documentato, pure fotograficamente, l’interno della nuova ala dell’ospedale Cardarelli dove dovrebbe nascere il Covid hospital. Se ne è occupata una collega che è andata sul posto e ha fotografato tutto quello che c’era da fotografare, con le dovute precauzioni. Non è necessario chiedere ‘il permesso’ per entrare in un luogo pubblico. Tenendo sempre bene in mente dove termina il diritto all’informazione e inizia quello di chi in quelle strutture vive e opera, ovviamente. Nelle vene dei molisani scorre sangue sannita: sappiamo come far valere i nostri diritti”.Il caso Molise è utile per comprendere cosa non funziona nella strategia nazionale anti-Covid?
“Utilissimo. Se non fosse che il Molise per Roma, purtroppo, non esiste. Altrimenti i conflitti tra Regione e struttura commissariale sarebbero stati risolti in un nanosecondo”.