La situazione qui in Brasile, per quanto attiene alla pandemia da Covid-19, è molto preoccupante: non tanto nel mio caso, dato che abito in una zona rurale ben isolata tra Rio de Janeiro e San Paolo praticamente dentro la foresta tropicale, ma per gran parte della popolazione autoctona”. E’ quanto racconta in esclusiva a In Terris il prof. Maurizio Tosti, 72 anni, insegnante (in pensione) di matematica nelle scuole superiori di Perugia, sua città natale. Dal 2009 vive per molti mesi all’anno in Brasile, a Paraty (RJ), come straniero registrato con permesso di residenza illimitato. Da sempre interessato alla vita politica carioca, in questi mesi di lockdown è rimasto a Paraty divenendo così un osservatore privilegiato – e informato – dell’operato del Governo di Brasilia sulla gestione della pandemia; ma anche su come la gente comune – quella lontana dai proclami dei partiti e dalle foto patinate delle agenzie di viaggio – subisce sulla propria pelle le conseguenze delle chiusure, in un Paese dove il tasso di disoccupazione, povertà e lavoro in nero è altissimo.
La testimonianza
“Il colosso brasiliano – puntualizza il prof. Tosti – è esteso più del doppio dell’Unione Europea ma ha solo 212 milioni di abitanti. In queste settimane sta vivendo ore drammatiche a causa della pandemia da Coronavirus perché la forte concentrazione della popolazione nelle metropoli, specie nelle capitali dei 26 stati dell’Unione, fa sì che il contagio dilaghi. Il Brasile è infatti in breve tempo divenuto il secondo Paese al mondo con il maggior numero di casi positivi al Covid-19, dietro solo agli Stati Uniti che però hanno 330 milioni di abitanti. Ad oggi, ci sono più di 363mila casi accertati – ma si ipotizza che siano almeno 10 volte di più a causa degli asintomatici – e quasi quasi 22.700 morti”.
Bolsonaro contro tutti
“Tra i fattori principali a causare tale tragedia, che non trova riscontro nel resto dell’America Latina, c’è il contrasto quotidiano, che si ripercuote nella stampa nazionale, tra i governatori degli stati e i sindaci delle città (che tentano di introdurre misure di igiene e di isolamento sociale) e il Presidente brasiliano Jair Bolsonaro che, fanatico seguace ed ammiratore del collega statunitense Donald Trump, sottovaluta costantemente l’epidemia (più volte l’ha definita una “influenzina” curabile con assunzione massiccia dell’antimalarica colorochina), invita la popolazione a tornare al lavoro e provoca giornalmente assembramenti di suoi seguaci davanti al palazzo del governo. Tale contraddizione influisce profondamente nei comportamenti della popolazione, già per carattere poco incline alla disciplina, specie nei lavoratori più poveri di cui il 40% lavora per conto proprio nella assoluta informalità e dipende quindi dall’incasso giornaliero per sfamarsi. Questo, unito alla condizione dei numerosissimi abitanti delle “favelas” che abitano affollando pochissimo spazio in molte persone, ha fatto sì che l’indice di isolamento sia stato e rimanga costantemente insoddisfacente e quello di diffusione alto”.
Corruzione dilagante
“Tra i casi limite di questa situazione, già in sé disperante, quello di San Paolo che detiene il record degli infettati, 66.000 su 20 milioni di abitanti, i primi arrivati da città lombarde, e pur potendo contare su una miglior organizzazione sanitaria sostenuta efficacemente dal governo di stato, è ormai arrivato alla saturazione di tutti gli ospedali pubblici e privati. Stessa cosa a Rio de Janeiro dove però la corruzione e la disorganizzazione ha fatto sì che la costruzione di 7 ospedali da campo, affidata ad una impresa privata che ha già incassato dal governo di stato centinaia di milioni, sia in netto ritardo e la consegna – prevista settimane fa – non sia stata rispettata.
Amazzonia
“La situazione più drammatica la sta vivendo la regione amazzonica, teoricamente la zona tra le più isolate del Pianeta ma in realtà grande via di scambi commerciali lungo il Rio delle Amazzoni e importante meta turistica. Qui la titubanza del governatore dello Stato di Amazonas, Wilson Lima, ad ammettere la gravità dell’infezione portata dai numerosi turisti e dagli intensi scambi commerciali ha fatto sì che l’epidemia si spargesse rapidamente soprattutto attraverso i trasporti realizzati in prevalenza per via fluviale, raggiungendo anche aree longinque e isolate, e purtroppo anche le popolazioni indigene indifese“. Con le drammatiche immagini, che hanno fatto il giro del mondo, delle fosse comuni di Manaus divenute ormai tristemente il simbolo dell’ennesima tragedia annunciata.