Ora l’Italia ha
competenze e risorse Ue per sviluppare la filiera dell’idrogeno. Papa Francesco ha scelto
un’auto a idrogeno per muoversi durante la sua
visita in Giappone. L’autore dell’enciclica green “Laudato si'” invoca “
decisioni coraggiose e importanti. Sull’uso delle risorse naturali. E in particolare sulle
future fonti di energia“.
Treni. autobus. Taxi. Flotte aziendali. Mezzi di movimentazione nei porti. Acciaierie. Navi. Sono gli usi possibili dell’idrogeno per la
transizione ecologica. E per decarbonizzare l’economia
già da oggi.
Svolta “green” a idrogeno
In più, l’idrogeno può essere mescolato con il metano. Per ridurre le emissioni di carbonio da questo gas. L’Italia ha competenze industriali. Su tutta la filiera. Dalla produzione. Al trasporto. E all’utilizzo. Ora le aziende chiedono di usare i soldi del Recovery Plan. Per sostenere questa filiera. E per farla crescere.
Nuova produzione di energia
“L’idrogeno è un vettore energetico chiave. Imprescindibile per la transizione ecologica”, spiega all’Ansa Cristina Maggi. Direttrice di H2IT. L’associazione di categoria delle imprese del settore. Aggiunge Maggi: “L’idrogeno può contribuire a decarbonizzare vari settori. Mobilità. Industria. Produzione di energia. Riscaldamento“. Sulla mobilità, l’idrogeno serve soprattutto per il trasporto pesante. Per le auto private, l’elettrico è più concorrenziale. Per le batterie leggere. E la presenza di una rete di distribuzione diffusa”.
Azzerare le emissioni
“L’idrogeno
non è facile da trasportare– puntualizza la responsabile di
H2IT-.Ciò rende difficile impiantare una rete capillare di distributori. Ma
le batterie elettriche sarebbero troppo pesanti per camion. Treni. Mezzi di movimentazione. E navi”. Quindi, prosegue, “l’idrogeno è
la scelta migliore per azzerare le emissioni”. Infatti, evidenzia
Cristina Maggi, “basta un centro di produzione vicino al porto. All’autoporto. O alla fabbrica”. E questa soluzione potrebbe essere conveniente anche per taxi. E flotte aziendali.
Come a Bolzano
“Adesso il problema è costruire le infrastrutture- evidenzia Maggi-. Quando ci saranno, aumenterà la competitività dell’idrogeno. La tecnologia c’è. Non bisogna inventarsi nulla. C’è ancora un problema di costi. Ma occorre dare un sostegno allo sviluppo. Per farli calare”. In Italia ci sono pochi centri di produzione. Pochissimi di idrogeno green. E un solo distributore al pubblico. A Bolzano. In pratica, la rete è quasi tutta da fare. “Ma nel nostro paese abbiamo competenze su tutta la filiera- assicurano le imprese del comparto-. Abbiamo grandi aziende. Come Snam. Fincantieri. Sapio. Tante piccole e medie imprese (pmi) di componentistica. Come Solid Power che fa le celle combustibili. E poi ci sono startup interessanti. Che si affacciano nel settore“.
Opzione Ilva
Snam ha già sperimentato con successo il trasporto di idrogeno. Nelle condotte l’idrogeno è mescolato al metano. In percentuale del 5%. E anche del 10%. Un modo per ridurre le emissioni di carbonio. Negli usi industriali e domestici. In una prima fase della transizione ecologica. E poi c’è la possibilità di usare l’idrogeno. Nella acciaierie. Al posto del carbone. Un’opzione della quale si è parlato a lungo per l’Ilva di Taranto.
Transizione ecologica
“Con il Recovery plan bisogna sostenere lo sviluppo di tutta la filiera- avverte la direttrice di H2IT-. Destinando anche fondi alla ricerca“. L’obiettivo finale della transizione è avere tutto idrogeno verde. Prodotto dall’acqua con le fonti rinnovabili. Centrali solari ed eoliche grandi e piccole. Magari nel Sud Italia o nel Nordafrica. Al servizio di centri di produzione. E una rete di condotte dedicate. In grado di portare il gas nei centri di distribuzione.