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Grassia: “Così l’Ia innova società e lavoro”

Intervista di In Terris al giornalista economico de "La Stampa", Luigi Grassia sulle prospettive e gli effetti dell'intelligenza artificiale

Ia 2024: l’intelligenza artificiale al centro del dibattito internazionale. Se ne sono recentemente occupati anche papa Francesco e Mario Draghi. In Terris ha intervistato sul tema la firma de La Stampa, Luigi Grassia. Ha firmato reportage da più di centoventi paesi del mondo. Ha intervistato, fra gli altri, Henry Kissinger, Kofi Annan (allora Segretario generale ONU) e diversi premi Nobel dell’economia, della fisica e di altre discipline scientifiche (alcuni appositamente per questo volume). Fra i suoi libri: Balla coi Sioux (2017), Gli italiani alla conquista del West (2018), Savoia corsari e re del Madagascar (2020) e la biografia di George Frost Kennan Arcana imperii (2020). Secondo Ranj Begley, l’intersezione sempre più frequente tra giornalismo e intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il modo in cui vengono prodotte, distribuite e consumate le notizie. L’intelligenza artificiale in editoria “può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati in tempo reale, identificare tendenze, generare contenuti personalizzati e automatizzare i processi editoriali”, sostiene Ranj Beglej. E aggiunge: “Questa tecnologia può certamente aiutare i giornalisti a scoprire nuove storie, verificare le fonti, migliorare la precisione e l’efficienza all’interno delle redazioni, nonché contribuire a adattare i contenuti alle preferenze del pubblico”.

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Foto concessa da Luigi Grassia

Luigi Grassia, da giornalista economico di lungo corso, quale ritiene possano essere i principali effetti dell’Ia sull’economia e la società?
“Fare previsioni è difficile, soprattutto sul futuro” diceva (ironicamente) il premio Nobel per la Fisica Niels Bohr. Credo che mai questo sia stato vero come per le previsioni sull’intelligenza artificiale e sulla robotica: ci muoviamo, come non mai, sulle sabbie mobili, e qualunque illazione al riguardo è del tutto personale, in materia non esistono veri esperti, non possono spacciarsi come tali neanche i futurologi di professione. Se devo esprimere il mio parere, dubito che di questa nuova ondata di innovazione si possa dire quel che si è detto di quelle del passato: non credo che farà scomparire molti mestieri ma ne creerà molti altri nuovi, questo mi sembra un puro atto di fede, e non di fede in Dio, ma in qualche presunta legge storica che (però) è tutta da dimostrare. Non escludo uno scenario drastico in cui una quota enorme, e forse maggioritaria, della popolazione diventi oggetto di un vero reddito di cittadinanza, come vorrebbe la definizione originaria, cioè esteso a tutti o quasi tutti, per evitare un’esplosione sociale, nell’impossibilità di offrire lavoro alla massa delle persone. Non dico che sia scontato, ma non lo escludo”.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’intelligenza artificiale cambierà anche il mondo dell’informazione?
“Lo farà di sicuro, e di sicuro taglierà qualche ulteriore posto di lavoro, ma non nego che (a margine) arriverà anche qualche vantaggio nella vita di tutti i giorni dei giornalisti: vedo alcuni miei colleghi che si fanno scrivere i pezzi più noiosi e meno importanti da ChatGpt, non ne escono articoli di grande qualità, però è un piccolo aiuto”.

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Foto di Hitesh Choudhary su Unsplash

Lei ha vissuto il passaggio da un giornalismo tutto cartaceo a uno in cui l’informazione digitale è sempre più presente. Come è cambiata la sua professione?
“Mi piace giocare sui due tavoli: c’è la possibilità di trovare sul web uno spazio che in altri tempi, quelli della sola carta, non ci sarebbe stato. Ho l’impressione però che stia crescendo una generazione di giovani giornalisti che non alternano la carta e il web, fanno solo web, perciò equiparano il lavoro del giornalista a quello del blogger, e (non per colpa loro) non maturano l’esperienza dei grandi reportage all’estero, ma neanche quella della copertura degli incidenti stradali nelle vie delle città, perché nessuno li manda. Così la professione non so che futuro possa avere. Ma questo potrebbe essere colpa dell’organizzazione del lavoro, a prescindere dalla tecnologia”.

Foto concessa da Luigi Grassia

Molti mestieri saranno sostituiti dalle macchine. Potrà accadere anche per le comunicazioni sociali nell’era dell’Ia?
“No, e se succederà sarà la fine delle comunicazioni sociali. Non credo che questo succeda, ma neanche lo escludo”.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Complessivamente intesa, l’intelligenza artificiale è più un rischio o un’opportunità?
“Non credo che si debba demonizzare, né che si possa fermare, visti i vantaggi economici, ma (obiettivamente) i danni sociali sono certi, mentre i vantaggi sociali sono aleatori, tutti da costruire. Non siamo condannati, ma quando leggo e sento quelli che sui giornali e in tv assicurano con sicumera che tutto andrà bene, solo perché siamo sopravvissuti alle precedenti rivoluzioni tecnologiche, io non mi trovo per niente d’accordo. È tutto da verificare e le premesse non sono buone. Mi spiace ma io la vedo così”.

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