I giovani angeli della pandemia. Intervista alla presidente della coop cattolica “Nsitu”

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“Durante  questi mesi di emergenza sanitaria e sociale tanti giovani, già in passato impegnati in associazioni di volontariato, hanno superato la paura del contagio. E hanno portato aiuto e sollievo, a volte anche un sorriso, lì dove l’emergenza ne aveva causato un estremo bisogno”, spiega a Interris.it Rosanna Paternostro, presidente della cooperativa cattolica “Nsitu”.

I frutti solidali della coop Nsitu

Il progetto ‘Questa terra sarà bellissima‘ nasce dal desiderio dei sacerdoti di Corleone di offrire un’opportunità concreta di lavoro e di sviluppo per la comunità. Attraverso la valorizzazione dei beni culturali ecclesiali. La cooperativa si chiama “Nsitu”, che in siciliano vuol dire innesto. Ed è stata concepita come un innesto che crescerà. Portando i suoi frutti. L’arcidiocesi di Monreale ha agito per mezzo della Caritas diocesana e in partenariato con Confcooperative Sicilia. Ha promosso e sta gestendo un progetto di valorizzazione e gestione dei beni culturali ecclesiali a Corleone. Cioè nel comune-martire della protervia mafiosa.

Impegno generazionale

“Questa terra sarà bellissima” è un progetto di sviluppo di comunità, sostenuto con i fondi 8xmille. Con l’obiettivo generale di sostenere un processo di riappropriazione di una identità positiva da parte degli abitanti di Corleone. E di risanamento di ferite identitarie e sociali, generate dalla storia recente. Un impegno che la Chiesa ha messo al primo posto. E i giovani che fanno parte di “Nsitu” sono fortemente motivati a portare avanti il percorso del progetto “Questa terra sarà bellissima”. Interris.it ha intervistato la presidente della coop “Nsitu”, Rosanna Paternostro.Qual può essere il contributo della gioventù alla rinascita della società?

“Essere giovani in una terra difficile come la nostra vuol dire mutare la sfida in opportunità. Avendo la chiara consapevolezza che Corleone è conosciuta in tutto il mondo, purtroppo, solamente per i fatti criminosi che ne hanno distorto e deturpato il volto. Quel volto di una cittadina onesta e laboriosa che da decenni combatte per il riscatto dai pregiudizi negativi che ne hanno soffocato la storia, la bellezza, la cultura, le eccellenze che la caratterizzano e ne impregnano ogni angolo. E per questo solo chi la ‘vive’ può e vuole raccontarne la vera essenza. Può e vuole offrire al mondo il vero spaccato di vita sociale, culturale e comunitaria che incanta e affascina, sbalordisce e tocca i cuori con l’inaspettato ed il ‘poco noto'”.Quanto incide la pandemia nel “provocare” l’impegno dei giovani?

“La pandemia ha sicuramente accresciuto nelle nuove generazioni il valore della solidarietà espressa nel volontariato. Le ha rese sensibili verso le realtà più disagiate e fragili, che più di tutti hanno vissuto il senso di impotenza ed il peso della crisi economica”.E la fede, sul modello di giovani modelli di carità, come il Beato Carlo Acutis? 

“La fede è quella scintilla che avvia il motore, spesso rivela soluzioni che rimarrebbero impensate: è un aiuto concreto nel superamento delle difficoltà. E’ così che nasce la speranza e la forza di oltrepassare gli ostacoli nelle terre aride di un luogo come il nostro. Crescere a Corleone, città danneggiata dai retaggi della mentalità mafiosa, significa sviluppare un forte sentimento di riscatto e una voglia di rinascita che va oltre ai disagi che hai vissuto per anni sulla pelle”.Qual è il vostro obiettivo

L’obiettivo diventa quello di superare limiti, debolezze e incertezze, di risvegliare tutte quelle potenzialità assopite o nascoste, per poter dare una possibilità alle generazioni future, proprio quella possibilità che ti era stata negata”.Quali esempi ricevete dalla realtà ecclesiale?

“La diocesi di Monreale e l’arcivescovo monsignor Michele Pennisi rappresentano sicuramente un punto di riferimento e un valido sostegno. Una possibilità di sviluppo comunitario, oltre che una valida opportunità di affrancamento per tutti i giovani che credono che ancora possa nascere nuova vita, un germoglio, da una ferita. E che possa realizzarsi un rinsaldamento dei legami identitari. Una riaffermazione dei contenuti distintivi e fondanti della propria comunità”.

Giacomo Galeazzi: