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Hollywood in crisi? Il futuro del cinema non è un film

Dalle proteste della maestranze ai costi vertiginosi di produzione: dalla nuova Hollywood passa davvero la sorte del cinema?

Hollywood a corto di investimenti e con costi di produzione elevatissimi. Uno scenario che, se fosse vero, sarebbe in grado di assestare il colpo definitivo al cinema per come l’abbiamo conosciuto fin qui. Con la celluloide a trasformarsi progressivamente negli schermi ultrapiatti dei salotti domestici e i film classici in veri e propri prodotti di consumo, meglio ancora se frammentati e spalmati su più stagioni. Se le cose stiano davvero così, al momento, non è perfettamente chiaro. Di certo c’è lo sciopero di lungo corso delle maestranze, probabilmente mai del tutto ripresesi dall’impatto del Covid, così come la parola di alcuni produttori italiani, secondo i quali converrebbe portare attrezzature e attori a Miami piuttosto che a Los Angeles (oltre 4 mila chilometri più a est). Cosa che, in qualche modo, alla lunga renderebbe Hollywood un mero distretto collinare californiano piuttosto che il luogo simbolo della cinematografia mondiale.

La crisi di Hollywood

A guardare i numeri, in effetti, la “crisi” hollywoodiana appare più delineata. Secondo i dati forniti da Ampere Analysis, ad esempio, nel 2024 saranno complessivamente 90 i film destinati a uscire, ossia 10 in meno rispetto allo scorso anno. Un taglio che, a quanto sembra, riguarda anche l’attuale prodotto di punta della produzione della settima arte, ovvero le serie tv: 300 circa, a fronte delle quasi 500 prodotte nel 2023 e delle 633 di due anni fa. Una drastica sforbiciata che, almeno per quel che riguarda il cinema, trova una prima spiegazione nella presenza sempre meno numerosa degli spettatori in sala. Un esodo che, in Italia, è fenomeno d’osservazione da molto tempo ma che, di recente, ha interessato in modo più marcato anche il Nord America: nel 2024, si attende un guadagno medio di circa 8 miliardi di dollari. Una cifra più bassa del 10% rispetto al 2023, anche se il raffronto più impietoso è dato dall’indicatore pre-pandemico: -30% rispetto al 2019.

Scioperi e Star

Nell’ultimo anno, anche lo Star System ha iniziato a rendersi conto dello stato delle cose. Anche perché, nell’ambito di un ingranaggio multimilionario, anche un piccolo deflusso di denaro può mandare in tilt l’intera macchina. E se le strade sono state occupate per protesta dagli sceneggiatori piuttosto che dai divi, anche le star hollywoodiane hanno via via aderito al dissenso, considerando che quasi 200 mila lavoratori, rientranti nella categoria delle cosiddette maestranze (costumisti, addetti alle luci, scenografi, ecc.) sono tuttora in attesa del rinnovo del loro contratto. Una condizione che, inevitabilmente, si ripercuote sul ritmo della produzione, alzando i costi senza necessariamente (anzi, quasi per nulla) alzare la qualità. Col rischio, peraltro, che la situazione porti con sé una nuova ondata di scioperi e, di conseguenza, un pericoloso stallo dei lavori.

Lo stato del cinema

Il punto è capire se la crisi in atto sia roba di Hollywood o se sia il cinema in senso assoluto a essere al centro del vortice. Perché il trasferimento di un set, di per sé, sarebbe un vantaggio limitato. Ammortizzare le spese di produzione non andrebbe, infatti, a coprire il vuoto creato dai mancati incassi. Per il momento si tratta solo di un’allerta ma il rischio che il cinema resti definitivamente indietro rispetto alla concorrenza esiste da tempo. Non è però, almeno per ora, una realtà tale da aver provocato un tracollo: “Bisognerebbe fare un confronto con le società che producono serie televisive – ha spiegato a Interris.it Claudio Siniscalchi, docente di Storia del cinema alla Lumsa -. È vero che c’è una crisi economica a tutti i livelli, ma il vecchio cinema, quello pre-pandemia, non è più preponderante. La sala non implica più nulla. Basti pensare che esistono megaproduzioni che costano tantissimo ma non passano dalla sala che, all’interno delle grandi compagnie, non funziona più come un tempo, ma siamo sicuri che la produzione generale sia la stessa di sempre?”.

Qual è la nuova Hollywood?

Come sempre, ad agire è una combinazione di fattori. Da un lato i tempi che cambiano, con l’accessibilità alle produzioni sempre maggiore sul piccolo schermo e la riduzione progressiva dell’interpretazione del cinema come arte vera e propria piuttosto che strumento di divertimento. Dall’altro, l’implementazione della produzione che predilige la massificazione via streaming, relegando il cinema a un ruolo minore: “Al momento, il cinema attraversa una fase di riconversione. È un problema che riguarda tutti, anche l’Italia, nonostante questa particolare forma d’arte abbia dimostrato di sapersi adattare ai tempi. In Italia, ad esempio, si producono tantissimi film che non danno i giusti riscontri in termini di visione. Il nuovo stile si deve adeguare a questo, non a quello hollywoodiano che abbiamo conosciuto”. Del resto, “ci troviamo in un’epoca di transizione. Il passato ci insegna che il cinema si è sempre riadattato e che questo è sempre stato un suo punto di forza. Tuttavia è innegabile che le sale siano l’elemento in maggiore sofferenza”.

Il paradosso della sala

Anche in questo caso, però, il momento transitorio non rende il quadro perfettamente chiaro. L’imposizione dei multisala ha sì ridimensionato grandemente le sale cinematografiche di quartiere ma, in alcuni casi, ne ha favorito la riconversione in luoghi di promozione culturale. In altri casi, semplicemente, i monosala sono sopravvissuti, magari a fronte della chiusura di altri o per affezione popolare. A ogni modo, si tratta di esperienze difficilmente inquadrabili in un contesto più ampio, vista proprio l’unicità dei casi: “Alcune sale vanno meglio di prima. La pandemia non ha ucciso il cinema come ci si aspettava. Addirittura, personalmente, ho rivalutato il ruolo dei Festival. Oggi, infatti, hanno lo scopo di riavvicinare la gente al cinema, una funzione che pensavo avessero esaurito. È difficile capire il cambiamento”.

Il costo del biglietto

Più comprensibile, semmai, capire un progressivo scoraggiamento alla visione dei film in sala attraverso il costo del biglietto. Il prezzo medio, secondo i dati del Codacons, si aggira al momento attorno ai 9 euro. Un costo schizzato del 7,4% in più rispetto al 2021. Almeno in media: alcune sale, infatti, hanno raggiunto picchi vertiginosi di rincaro, toccando anche quota +12,5%. “Il cinema costa troppo, non è più di fruizione popolare. Si avvicina quasi al museo, diventa qualcosa di elitario. C’è un cambiamento radicale nella storia del consumo e questo potrebbe essere un problema serio. L’abbonamento a un canale costa mediamente meno del biglietto del cinema. Tutti hanno un abbonamento, generalmente per serie e film a un costo mensile perlomeno pari a quello di un biglietto”. E, considerando che le piattaforme in questione difficilmente elargiscono solo il servizio film e serie, almeno una parte del problema potrebbe essere spiegata.

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