La Repubblica di Haiti, già profondamente scossa dal recente assassinio del presidente Jovenel Moise e da diverse calamità che hanno segnato profondamente il territorio, è stata sconvolta da un potente terremoto, che ha colpito in particolar modo i dipartimenti di South, Nippes e Grand’Anse. Dopo il terremoto, quei territori hanno dovuto fare i conti la tempesta tropicale Grace. Questa difficile situazione vede Unicef in prima linea, a stretto contatto con il governo e i partner, al fine di portare un rapido soccorso alla popolazione bisognosa ed in particolare ai bambini.
L’intervista
Interris.it ha intervistato il dottor Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, per capire quale sia la situazione nel Paese. Il dott. Iacomini, fin da giovanissimo si è impegnato come volontario e attivista nel mondo dell’associazionismo scoutistico, politico e sociale. Tra le sue missioni più importanti ci sono quelle in Ghana, Sierra Leone, Libano, Siria, Giordania, Iraq e Kurdistan iracheno dove ha visitato molti campi profughi e attività dell’Unicef. Dal 2014, attraverso la campagna denominata ”INVIAGGIO” – che preso vita in diverse scuole, università e piazze – racconta la sua esperienza sul campo per sensibilizzare i giovani in merito ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo, sulla povertà e sullo scenario internazionale. E’ autore di svariati testi, tra cui il romanzo autobiografico intitolato “Il giorno dopo”. Nel 2019 gli è stato conferito dalla Regione Abruzzo il premio internazionale “Ignazio Silone”
Dottor Iacomini, dopo il terremoto che ha colpito Haiti qual è la situazione attuale?
“Ad Haiti la situazione è drammatica. Oltre al terremoto, la popolazione ha subito la furia di una tempesta tropicale. Una catastrofe nella catastrofe. Questo fa riflettere su quanto questo Paese sia sfortunato ed abbia bisogno di grandissimo aiuto. Al momento vi sono oltre 2 mila morti e 12 mila feriti, ma queste purtroppo sono cifre estremamente relative, nel senso che potrebbero crescere sempre di più e portare ad una situazione sempre più complessa. I bambini corrono rischi enormi, basti pensare che 500 mila sono stati colpiti dal terremoto e c’è una grande probabilità che gli stessi perdano i genitori o vengano da loro separati”.
In che modo la violenza delle gang e l’insicurezza diffusa complicano la risposta umanitaria?
“C’è grande insicurezza e violenza diffusa: le gang nella zona che va dalla capitale Port-au-Prince fino al sud del Paese, non fanno passare e defluire in maniera efficace gli aiuti. C’è violenza diffusa perché la struttura familiare che protegge non esiste, è stata distrutta e le istituzioni non hanno la capacità di rispondere ad un’urgenza come questa. Nonostante questo, nelle prime ore del terremoto, essendo Unicef sempre presente ad Haiti ed avendo già materiali stoccati, prima che le gang entrassero in azione, è riuscita a portare aiuti per 30 mila persone. L’Unicef in questo senso sta cercando di lavorare con le autorità per sostenere il governo con aiuti di qualsiasi genere, anche tecnici e logistici. Il nostro staff è presente nei luoghi dove i bambini sono particolarmente vulnerabili”.
Quale impatto ha avuto il terremoto sui bambini e quali rischi corrono?
“Stiamo cercando di lanciare una campagna di sensibilizzazione: non dimentichiamocelo, dopo ogni catastrofe esiste il rischio che i bambini vengano abusati e sfruttati e siano vittime di traffico e di adozione. Ll’aiuto alle famiglie economicamente più vulnerabili e l’istituzione di sistemi di ascolto e di dialogo sono fondamentali. Il 19% dei bambini ad Haiti non è registrato presso l’anagrafe; si potrebbe pensare che il numero dei minori colpiti dal terremoto sia molto più alto”.
Di quali aiuti necessita la popolazione? Cosa state facendo come Unicef?
“La situazione è complicata e al momento c’è bisogno di tutto, mancano i beni essenziali per la sopravvivenza come cibo e acqua potabile, un riparo, cure mediche, vestiti, kit igienici e giochi. Si necessita di sostegno psicologico per i bambini per le famiglie in quanto i rischi di protezione sono sempre più alti. In questo paese vi sono rischi di abusi sfruttamento e traffico. Noi cerchiamo di distribuire aiuti immediati per alleviare le sofferenze dei bambini e delle famiglie, attraverso il sostegno alle strutture governative, perché il terremoto e i nubifragi non hanno portato solo una calamità, ma anche violenza diffusa. Una situazione in cui c’è una violenza ormai accettata ma anche instabilità politica ed una crisi sociale; i bambini non hanno soltanto bisogni ma hanno anche e soprattutto diritti: diritti alle cure mediche, all’educazione, allo sviluppo e alla crescita. Il loro futuro è quello di una generazione intera e di un paese. Dipende dal grado con il quale noi riusciremo ad aiutarli. Ad oggi, accanto ai numeri, dobbiamo ricordare che ci sono oltre 100 scuole distrutte su 255 nel solo dipartimento del Sud e sarà difficile riportare i bambini a scuola come ogni anno il 7 settembre. È fondamentale per loro tornare ad una normalità, questa calamità nella calamità ha portato ad una somma di problemi che, oltre quelli appena descritti, sono anche quelli portati dalla pandemia da Covid – 19. Noi stiamo cercando di fare affluire nelle aree colpite aiuti salvavita, quindi medicine, pastiglie per la potabilizzazione dell’acqua, materiale igienico sanitario e teloni, anche se, come si può immaginare, le inondazioni e gli smottamenti ostacolano gli sforzi per il primo soccorso. Abbiamo riscontrato inoltre circa 115 mila case distrutte. Questo terremoto e l’uragano hanno portato distruzione in un paese dove le stesse sono già all’ordine del giorno. Per questo motivo abbiamo lanciato un appello al fine di raccogliere 15 milioni di dollari con l’obiettivo di rispondere alle necessità più urgenti di circa 380 mila persone di cui 180 mila bambini sotto i 5 anni. Questa stima sottolinea l’urgenza del momento. È fondamentale non dimenticare questa popolazione”.