58 guerre in corso: mobilitazione ecclesiale per la pace

La Santa Sede chiede a tutte le parti in campo di "aderire ai principi del diritto internazionale" e di fermare l'escalation in Medio Oriente "fino ad arrivare a un cessate il fuoco senza indugio". A Parigi la testimonianza della Comunità di Sant'Egidio

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Gaza. Foto di Mohammed Ibrahim su Unsplash

Stop alle guerre. Papa Francesco ha scritto parole di inequivocabile chiarezza nel messaggio inviato ai partecipanti all’Incontro Internazionale di Preghiera per la Pace organizzato a Parigi dalla Comunità di Sant’Egidio. “Abbiamo bisogno di pregare per la pace. Il rischio che i numerosi conflitti invece di cessare si allarghino pericolosamente è più che concreto- avverte Jorge Mario Bergoglio-. Faccio mio il vostro grido e quello dei tanti colpiti dalla guerra e lo rivolgo ai responsabili della politica: ‘Fermate la guerra! Fermate le guerre!‘ Stiamo già distruggendo il mondo! Fermiamoci finché siamo in tempo! Questo incontro sproni tutti i credenti a riscoprire la vocazione per far crescere oggi la fraternità tra i popoli. Troppe volte, in passato, le religioni sono state utilizzate per alimentare conflitti e guerre. Un pericolo che è ancora oggi incombente”. Aggiunge il Pontefice: Sono passati 38 anni dal lontano 1986 quando fu celebrato il primo incontro di preghiera per la Pace. Molti eventi hanno segnato la storia del mondo da quel momento: il crollo del muro di Berlino, l’inizio del terzo millennio, la crescita di fondamentalismi e i numerosi conflitti che si sono abbattuti sul pianeta, assieme alle incredibili sfide del cambiamento climatico, dell’avvento delle tecnologie emergenti e convergenti e delle pandemie che hanno colpito l’umanità”. Quindi “siamo nel mezzo di un ‘cambiamento d’epoca‘ di cui non conosciamo ancora le prospettive. Anche per questo proprio lo ‘Spirito di Assisi’ è una benedizione per il mondo, per questo nostro mondo che ancora oggi è lacerato da troppe guerre, da troppa violenza. Questo ‘spirito’ deve soffiare ancor più forte nelle vele del dialogo e dell’amicizia tra i popoli”.

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Foto © Andrea Calandra (Imagoeconomica)

Stop alle guerre

Dal pulpito dell’assemblea delle Nazioni Unite, a New York, il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin ha voluto soffermarsi sui conflitti che stanno devastando il Medio Oriente nel giorno dell’uccisione del leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah. Un intervento di venti minuti di particolare rilievo considerando l’importanza del mondo cattolico in Libano, dove per anni la chiesa maronita ha contribuito in gran parte alla stabilità del Paese. Il segretario di Stato Pietro Parolin si è soffermato nel condannare tutte le guerre, dalla Siria al Sud Sudan, dal Mozambico al Congo. Particolare accento, inevitabilmente, è stato posto dal primo ministro della Santa Sede sul conflitto israelo-palestinese. “La Santa Sede – ha sottolineato il cardinale Parolin- continua ad essere preoccupata sull’instabilità continua in Medio Oriente, in particolare in seguito all’attacco terroristico del 7 ottobre in Israele da parte di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi. Tuttavia, la risposta militare di Israele, considerando l’alto numero delle vittime civili, solleva molti interrogativi sulla sua proporzionalità“. Il segretario di Stato vaticano ha chiesto poi “un immediato cessate il fuoco a Gaza, in Cisgiordania, così come il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza”. “L’unica soluzione possibile – ha concluso – è quella di due Statdi con Gerusalemme dotata di status speciale. Entrambe le parti devono abbandonare ogni forma di violenza, coercizione e azioni unilaterali, così come gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi“.

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Foto di Edgar Winkler da Pixabay

Testimonianza

“Sono stato a Parigi alla conferenza sulla Pace organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. Ci sono andato perché  i discorsi sulla guerra cominciano a farsi insistenti, quotidiani, invadenti. Li maneggiamo con difficoltà- racconta nel suo editoriale domenicale il direttore della Stampa Andrea Malaguti-. Parigi era il posto giusto per farsi delle domande, in un contesto in cui si incrociano migliaia di religiosi, studiosi e intellettuali di tutto il pianeta, ossessionati solo da un’idea. Impedire che si ripeta il disastro di ottantacinque anni fa e denunciare i cinquantotto conflitti che piagano la terra”. Aggiunge Malaguti: “Ci sono molte cose che si potrebbero dire della Conferenza sulla Pace, mi soffermo su due, che mi pare incrocino le tensioni criminali di questi giorni amari, in un contesto sempre più scivoloso per il Vecchio Continente, costretto a fare i conti con una verità ovvia. Gli americani non sono più il gendarme del mondo e noi, da sempre vincolati allo strapotere di Washington, siamo disorientati dalla fragilità di un protettore (per qualcuno persino un padrone) ormai debole. O comunque – dall’avvento del trumpismo e dopo la sgangherata e suicida fuoriuscita dall’Afghanistan – sempre più rivolto ai suoi problemi interni e incapace persino di coordinare una strategia mediorientale con Gerusalemme. Stiamo in piedi da soli con la guerra che bussa alla porta?. Anche il Libano rischia di fare la fine di Gaza e, come sostiene Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio: ‘se il Libano viene distrutto, in Medioriente si apre una voragine, perché il Libano non è solo un luogo, è un messaggio di speranza per tutti: la civiltà del vivere insieme’. Una civiltà in via di sparizione“.

Foto: www.santegidio.org

La pace necessaria

“L’attuale situazione in Libano – ha detto il cardinale Parolin all’Onu- rappresenta un motivo significante di preoccupazione per la Santa Sede. L’aumento continuo del conflitto tra Hezbollah e l’esercito israeliano sta avendo un considerevole impatto sulla situazione nel sud del Libano e a nord di Israele, mettendo ad alto rischio l’intera regione. Questo ha causato un grande numero di sfollati e una considerevole perdita di vite umane, inclusi civili e bambini”. “La Santa Sede – è stato l’appello del cardinale – chiede a tutte le parti in campo di aderire ai principi del diritto internazionale e di fermare l’escalation fino ad arrivare a un cessate il fuoco senza indugio”. Si è tenuta nella storica piazza di Notre Dame, la cerimonia conclusiva dell’evento “Immaginare la Pace“, un incontro che ha riunito migliaia di donne e uomini di diverse religioni e culture, per tre giorni a Parigi, con l’obiettivo di immaginare e costruire un mondo più pacifico e giusto. La scelta di Notre-Dame come luogo di chiusura è stata particolarmente significativa: dopo il terribile incendio che ha colpito la cattedrale, oggi l’antica chiesa, che sta per riaprire, rappresenta un segno di speranza. Laurent Ulrich, arcivescovo di Parigi, ha aperto la cerimonia, sottolineando come “Parigi, città che ha spesso visto momenti di incontro e pace nella sua storia, possa nuovamente essere un luogo di speranza e riconciliazione“. Monsignor Ulrich ha ricordato che il dialogo tra religioni è una chiave essenziale per superare le differenze e costruire ponti che possano sostenere un futuro di pace​. Commovente la testimonianza di Gilberte Fournier. Nata nel 1931, Fournier ha raccontato la sua esperienza durante la Seconda Guerra Mondiale a Parigi, ricordando i momenti più drammatici della sua infanzia. “Prendo la parola oggi su invito dei miei amici di Sant’Egidio, perché quelli della mia generazione sono sempre di meno a poter testimoniare il grande male che è la guerra. Tuttavia, non bisogna dimenticarlo”. “La guerra distrugge tutto. La guerra distrugge la vita, come quella delle mie piccole amiche costrette a portare la stella gialla e che non ho mai più rivisto”, ha proseguito, sottolineando l’importanza di non dimenticare gli orrori del passato. Gilberte ha rivolto quindi un appello accorato alle giovani generazioni. Affinché facciano tesoro della memoria degli anziani e si impegnino a preservare la pace.

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Foto di Francesca Magurno su Unsplash

Cammino di pace

“Non lasciatevi convincere che la guerra sia inevitabile, ma custodite e fate crescere la pace che la mia generazione ha immaginato dopo la guerra”, ha affermato, mettendo in luce il passaggio del testimone della pace alle nuove generazioni​. Da parte sua il Pontefice ha esortato tutti a non arrendersi ” alla logica della guerra e della divisione. La pace è un cammino che richiede coraggio, fede e dialogo“. Il Papa ha inoltre ribadito che lavorare per la pace non è un compito facile, ma è fondamentale per costruire una società che rispetti la dignità umana e promuova la giustizia. “Continuiamo a essere costruttori di pace, instancabili nel nostro impegno per la riconciliazione e la fraternità”, “Grazie a tutti per aver insieme immaginato la pace!”, ha sottolineato. Nell’Appello di Pace consegnato dai bambini ai leader religiosi è stata richiamata “la diffusa rassegnazione di fronte ai conflitti aperti, che rischiano di degenerare in una guerra più grande e travolgente”. Forte la preoccupazione di fronte al rischio di “trasmettere alle giovani generazioni un mondo bellicoso, segnato dal terrorismo e dalla violenza. Rischiamo di trasmettere loro la riabilitazione della guerra come strumento per risolvere i conflitti o per affermare i propri interessi”.

Il Prof. Marco Impagliazzo. Foto: Com. di Sant’Egidio

Mai più guerre

L’evento si è concluso con l’intervento di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che ha ringraziato tutti i partecipanti per aver preso parte ai forum e alle riflessioni condivise durante i tre giorni dell’evento, perché la pace richiede il coraggio di immaginarla. Per Impagliazzo oggi si alza un grido forte di protesta: “Un grido di resistenza di fronte alla guerra e a tanta violenza. Vuol dire protestare di fronte al mondo per tutti i morti, la maggioranza vittime innocenti. Noi protestiamo contro tutta questa violenza, contro tutto questo odio, estranei alla nostra volontà di vivere in pace, a quella di tanti uomini e donne”. Le giovani generazioni devono poter ricevere il dono della pace. I molti giovani presenti in piazza sono la testimonianza che è possibile trasmettere il sogno della pace da una generazione all’altra, come ascoltato dalla testimonianza di Gilberte Fournier. Impagliazzo ha ricordato come la pace sia un’idea che va continuamente costruita attraverso l’incontro e il dialogo. “In questi giorni abbiamo parlato di bambini che sognano la pace, di popolazioni che resistono alle volontà di guerra. Essi vogliono essere guidati verso la pace”, ha continuato, sottolineando l’urgenza di costruire relazioni umane fondate sull’inclusione e la comprensione reciproca. “L’anno prossimo a Roma!“, Marco Impagliazzo ha concluso il suo messaggio con questo invito, accolto da un applauso entusiasta e convinto. Il cammino della Pace prosegue. Basta guerre.