C’è una “guerra” che si combatte oltre i confini ucraini. Ed è quella caritativa e solidale contro l’abbandono e la disperazione. La onlus Cesvi si trova alla frontiera con l’Ucraina. In particolare in Ungheria e in Romania. Per prestare primo soccorso alla popolazione (in maggioranza donne e bambini) in fuga dalla guerra. A un mese dall’inizio del conflitto, oltre 3,6 milioni persone hanno lasciato il Paese.
Guerra oltre confine
Una parte significativa dei profughi, oltre 330 mila persone, ha trovato riparo in Ungheria. Molti entrano nel Paese attraverso Zahóny, due chilometri appena dal confine ucraino. Nella stazione della cittadina ogni ora giungono in media 500 persone. 5mila al giorno. Sono soprattutto donne e bambini. Ma non mancano anziani e disabili. È lì, a pochi passi dalla ferrovia, che Cesvi ha allestito (in collaborazione con la municipalità locale e World Central Kitchen) una tensostruttura di 200 metri quadri. Per accogliere i rifugiati in transito verso Budapest. E verso le altre città ungheresi.
Riparo nella tenda
Fino a 10 mila profughi al giorno possono trovare riparo nella “tenda di Cesvi”. Riposare. Consumare un pasto caldo. Far giocare i bambini. Ricevere informazioni e consulenze legali sulla protezione temporanea a cui hanno diritto. Hanno così la possibilità di usufruire di una connessione wi-fi. Di stazioni di ricarica per il telefono. E di schede sim per mettersi in contatto con i propri cari. A descrivere la situazione dei soccorsi in Ungheria è Roberto Vignola, vice direttore generale di Cesvi. “Secondo le autorità ungheresi, finora almeno 150 mila profughi sono entrati nel Paese dalla stazione di Záhony. Una cittadina di appena 4 mila abitanti. Dove mancano le strutture necessarie per gestire il passaggio di un numero davvero imponente di persone. Soprattutto in vista di un probabile aumento degli arrivi con l’apertura dei corridoi umanitari. Per questo siamo intervenuti”, racconta Vignola.
In cerca di un rifugio
Le donne che scendono dal treno con i loro bambini non hanno altro che piccoli zaini e qualche giocattolo. Olga, infermiera di 28 anni, racconta di aver lasciato Charkiv dopo aver trascorso cinque giorni in un “rifugio”. Quando il cibo ha cominciato a scarseggiare, è fuggita con la figlia di 7 anni e la nonna di 72. “Ho preso poche cose con me. Dei giochi per la mia bambina. E le foto della mia famiglia“, riferisce la donna. La storia di Olga, purtroppo, è simile a quella delle tante persone con cui Cesvi ha parlato negli ultimi giorni.
Sos sfollati interni
Più a sud, in Romania, l’organizzazione è presente nella città di Sighet. Dove, in collaborazione con Sos Bambini Romania, Cesvi assiste le mamme. Accolte con i figli nel centro Piccolo Principe. Qui, oltre a un pasto caldo, kit igienici, vestiti puliti, libri e materiale didattico, possono ricevere sostegno psicologico. E svolgere attività ricreative. Secondo le Nazioni Unite, con oltre 560 mila profughi, la Romania è il secondo Paese, dopo la Polonia, per arrivi dall’Ucraina. Sin dalle prime ore dopo lo scoppio della guerra, Cesvi è intervenuta in Ucraina. Attraverso il partner “People in Need” (PIN). Nell’ambito della rete internazionale Alliance2015. La onlus italiana è attiva in particolare a Leopoli. Nella parte occidentale del Paese. Dove sono stati inviati finora cinque convogli umanitari. Con cibo, kit igienici, pannolini, forniture mediche, sacchi a pelo, materassi e altri beni di prima necessità. Per gli oltre 200 mila sfollati interni della città. Tra i quali moltissimi bambini.
Tensostruttura
Un altro carico contenente anche kit medici destinati agli ospedali ha raggiunto la capitale Kiev. A Velykyi Bereznyi invece è sorta una tensostruttura riscaldata dotata di servizi igienici. Qui gli sfollati hanno la possibilità di riposare in attesa di varcare il confine. Ricevere cibo. Bevande calde. Articoli per l’igiene personale. E carte sim. La base operativa del Cesvi in Ungheria è alla stazione di Záhony. Dove dall’inizio del conflitto si stima siano transitati almeno 150mila profughi. Qui l’organizzazione umanitaria ha allestito una tensostruttura. Capace di accogliere fino a 10 mila persone. E di offrire loro un pasto caldo. Informazioni necessarie per gli spostamenti. Una connessione wi-fi. Stazioni di ricarica del telefono. Schede sim per mettersi in contatto con i propri cari.
La missione dell’assistenza
Al momento Cesvi è, dunque, l’unica organizzazione presente stabilmente nella municipalità di Záhony. Nelle strade con colonne di veicoli in uscita dalle grandi città riecheggiano le sirene di allarme ed echi di esplosioni. I bambini spaventati piangono abbracciati alle loro mamme. Le persone più anziane sono accompagnate dai loro cari in luoghi “sicuri”. Chi riesce cerca di raggiungere dei bancomat per prelevare del denaro anche se sono stati messi dei limiti. Raccontano gli operatori umanitari Cesvi: “Prosegue senza sosta la grande fuga di civili. Di intere famiglie che nel panico complessivo e in una situazione di totale confusione e paura raggiungono i paesi confinanti. Cercando una via di fuga“. Un fiume di umanità dolente nell’inferno bellico dell’invasione russa.