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La grazia e l’annuncio, il RnS: “Guardiamo agli ultimi”

Il Comitato nazionale di servizio del Rinnovamento nello Spirito Santo, presso la Pontificia Università Lateranense, incontra i media per un momento di riflessione sulle sfide dell'oggi e sull'importanza di una comunicazione nuova

Essere annunciatori del Vangelo non è un mero compito impartito dalle Scritture. Occorre un cuore sereno, disponibile all’accoglienza dell’altro e delle sue ferite. Rinnovato quel tanto che basta per essere esso stesso aperto al messaggio evangelico, depositario della grazia e testimone dell’operato dello Spirito. In sostanza, è da sé stessi che inizia il cammino dell’annuncio. Dalla consapevolezza di come sia innanzitutto necessario un cuore aperto o addirittura nuovo, in alcune circostanze. Comunque preparato alla testimonianza, pronto a farsi guida nei percorsi di rinascita che spesso impongono le sfide dell’oggi. L’incontro con i media del Comitato nazionale di servizio del Rinnovamento nello Spirito Santo, ospitato nell’aula del Senato accademico della Pontificia Università Lateranense, è stata un’occasione per ribadirlo. Ma, al tempo stesso, un momento di riflessione sulla centralità della comunicazione stessa. Perché se c’è chi, come per sua vocazione il RnS, porta il Vangelo nelle periferie, c’è anche bisogno di qualcuno che le racconti, portandone alla luce difficoltà, resistenza e speranze.

Il RnS e la missione

Attorno al passo del Vangelo di Marco, “Annunciate il Vangelo a tutte le creature”, ruotano le riflessioni dell’incontro. Un versetto che, come ricordato dal consigliere spirituale don Michele Leone, chiede forse qualcosa di diverso rispetto a quanto potrebbe apparire da una traduzione letterale. Piuttosto, “annunciate l’evangelo a tutto il Creato”, laddove la buona notizia incontra le resistenze destate dallo stupore e da un cuore indurito: “Uno stato di cose che, spesso, è proprio dell’essere umano e addirittura del credente”. Eppure, assicura don Michele, l’orizzonte della missione non prevede demarcazioni, poiché “non spetta al credente delimitare gli ambiti dell’annunciazione”. Ma una focalizzazione, questa sì, può essere utile: “Occorre guardare agli ultimi, alle periferie, perché l’invito del re è indirizzato ai crocicchi delle strade. L’orizzonte della missione diventa così la trasformazione della vita dell’uomo”.

Raccontare in un modo nuovo

Essere credenti e comunicatori, testimoni di verità. Una veste che, nel quadro estremamente variegato della comunicazione, soprattutto quella digitale, richiede essa stessa di essere indossata come simbolo della missione che si è tenuti a svolgere. Senza per questo sfuggire ai cambiamenti ma, piuttosto, adattando le nuove forme di comunicazione al compito secolare della Chiesa e delle sue espressioni laiche: “Occorre – come spiegato da mons. Alfonso V. Amarante, arcivescovo titolare eletto di Sorres e Magnifico Rettore della Pontificia Università Lateranense – un rinnovato slancio, da parte dei media cattolici, affinché possano cogliere l’intelligenza profonda in ciò che la Chiesa fa. E, da qui, narrarne la sapienza secolare in un modo nuovo“. Con l’obiettivo, anch’esso centrale, di “mostrare la ragionevolezza del nostro credere” e, al tempo stesso, interrogarsi sui cambiamenti dei tempi: “L’indifferenza, la riduzione al soggetto, è il grande dramma dell’oggi”.

Un cammino di fede

Ed è in questo contesto che si inserisce “la grazia del RnS”, nata in seno al Concilio Vaticano II e irradiatasi poi nel mondo, in risposta al mandato stesso dell’annunciazione consegnato dal Vangelo. Anch’essa una sfida, in un momento storico più soggetto di altri all’incredulità e alla durezza di cuore. Del resto, come ricordato dal presidente nazionale, Giuseppe Contaldo, “il Rinnovamento non è solo un’esperienza spirituale ma un cammino di fede”, che vive e si alimenta attraverso le esperienze territoriali, sperimentando una nuova Pentecoste, in continuità tra “Cenacolo e Piazza”, tra “la bellezza di riscoprire la propria identità battesimale” e la “diffusione della spiritualità carismatica”. Un percorso aperto a tutti, con uno sguardo attento sui contesti sociali dimenticati ma anche alle nuove generazioni. Le più desiderose, forse, di una buona notizia. Da consegnare loro, perché no, attraverso un linguaggio nuovo. Purché veicolato, parafrasando il beato Rosario Livatino, da testimoni non solo credenti ma credibili.

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