“Maria e Giuseppe avevano in Gesù il loro Tempio”. Intervista al cardinale Semeraro

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“Maria e Giuseppe avevano in Gesù il loro Tempio”, afferma a Interris.it il cardinale Marcello Semeraro , prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Autore di apprezzati saggi di pastorale e spiritualità, è stato segretario del Sinodo dei Vescovi. Nella Curia vaticana è membro del Dicastero per la Comunicazione. E consultore della Congregazione per le Chiese Orientali.

Nell’esempio di San Giuseppe

Stretto collaboratore del Papa, nel 2013 monsignor Marcello Semeraro è stato nominato segretario del Consiglio dei cardinali per l’aiuto al Pontefice nel governo della Chiesa Universale. Originario del Salento, sacerdote dal 1971, vescovo di Oria nel 1998 e di Albano dal 2004. E’ amministratore apostolico “ad nutum Sanctae Sedis” del Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata. E delegato pontificio dell’Ordine Basiliano d’Italia. Tre anni fa, come segretario del Consiglio dei cardinali (il C9) ha consegnato al Papa il testo provvisorio della bozza della nuova Costituzione. Intitolata provvisoriamente “Praedicate evangelium”. Destinata ad una revisione stilistica. E ad una rilettura canonistica.Cosa rappresenta San Giuseppe per la Chiesa universale?

“Quando il beato Pio IX decise di proclamare san Giuseppe patrono della Chiesa universale, nel Decreto che fu promulgato l’8 dicembre 1870 fece scrivere. ‘Quegli, che tanti re e profeti bramarono vedere, Giuseppe non solo Lo vide, ma con Lui ha dimorato e con paterno affetto L’ha abbracciato e baciato. E per di più ha nutrito accuratissimamente Colui che il popolo fedele avrebbe mangiato come pane disceso dal cielo, per conseguire la vita eterna’”.Come nasce l’Anno speciale?

“Nel 150° anniversario di questa dichiarazione, Papa Francesco ha indetto uno speciale Anno di San Giuseppe. Durante il quale ‘ogni fedele sul suo esempio possa rafforzare quotidianamente la propria vita di fede nel pieno compimento della volontà di Dio’. Come si legge nel Decreto della Penitenzieria Apostolica, col quale si concede il dono di speciali Indulgenze. Per guidare e accompagnare la nostra riflessione, Francesco ha anche pubblicato una lettera apostolica. Nella quale di san Giuseppe ha inteso illustrare un particolare aspetto”. Quale?

“Quello della paternità. Per questo la lettera ha come titolo ‘Patris corde’. Che, secondo una consolidata prassi, è l’espressione con la quale si apre il documento. ‘Con cuore di padre. Così Giuseppe ha amato Gesù. Chiamato in tutti e quattro i Vangeli ‘il figlio di Giuseppe’. Il titolo di padre è, così, quello che ne declina il mistero. Padre amato. Padre nella tenerezza. Padre nell’obbedienza. Padre nell’accoglienza. Padre dal coraggio creativo. Padre lavoratore. E, da ultimo, padre nell’ombra. Con voluto rimando a ‘L’ombra del Padre’ di Jan Dobraczyński”. Un evento ecclesiale che ha luogo in tempo pandemia…

“Gli inizi di questo anno ‘giuseppino’ sono, come dolorosamente stiamo sperimentando, segnati dall’emergenza sanitaria. Causata dal coronavirus. Misuriamo perciò la distanza gli uni dagli altri. E in questa situazione sentiamo vivo il bisogno della vicinanza. Riscopriamo il valore del contatto. Nutriamo il desiderio della famigliarità. Di questo, in tempi ordinari, avevamo forse un po’ dimenticato il valore. Ma ora ne avvertiamo la mancanza. Eravamo entusiasti delle mille occasioni offerteci dai contatti virtuali. E adesso ci accorgiamo che non bastano. Gli stessi, però, ci permettono di avvicinare le lontananze. Di non perderci di vista. Ciononostante ci sentiamo spaesati, frastornati, esiliati”.“Esiliati'” come San Giuseppe?

Esiliati, sì. Ecco, allora, che la persona di san Giuseppe risveglia nel nostro animo proprio con questo carattere dell’esilio. ‘Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe. E gli disse: ‘Alzati. Prendi con te il bambino e sua madre. Fuggi in Egitto. E resta là finché non ti avvertirò. Erode, infatti, vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre. E si rifugiò in Egitto’ (Mt 2,13-14). Ricordo che nella sua ‘Vita di Gesù Cristo’ l’abate G. Ricciotti descriveva questa fuga come un viaggio faticoso. Notando che i soldati romani ritenevano quell’itinerario più pericoloso della stessa guerra”.E’ una testimonianza sempre valida per l’umanità? 

“Questa fase della vita della Santa Famiglia il Papa la ricorda ripetutamente nella ‘Patris corde’. Per difendere Gesù da Erode, soggiornò da straniero in Egitto…In Egitto Giuseppe, con fiducia e pazienza, attese dall’angelo il promesso avviso per ritornare nel suo Paese… Il Vangelo non dà informazioni riguardo al tempo in cui Maria e Giuseppe e il Bambino rimasero in Egitto. Certamente però avranno dovuto mangiare, trovare una casa, un lavoro. Non ci vuole molta immaginazione per colmare il silenzio del Vangelo a questo proposito”.Può farci un esempio?

La santa Famiglia dovette affrontare problemi concreti come tutte le altre famiglie, come molti nostri fratelli migranti che ancora oggi rischiano la vita costretti dalle sventure e dalla fame. In questo senso, credo che San Giuseppe sia davvero uno speciale patrono per tutti coloro che devono lasciare la loro terra a causa delle guerre, dell’odio, della persecuzione e della miseria’.Come visse in esilio la Santa Famiglia?

“Come dimora della Santa Famiglia in Egitto le tradizioni copte indicano delle grotte. Oggi segnalate da santuari. Di certo, però, per tutto il tempo che rimase in Egitto la Santa Famiglia stette spaesata. Un po’ come lo siamo noi in questi mesi. Noi, però, non siamo in terra straniera. Abbiamo, sì, delle difficoltà. Ma non ci mancano le possibilità di avere dei contatti. E di stare al sicuro in casa. Gesù, Maria e Giuseppe furono in situazione ben più dolorosa di noi. E cosa fecero senza Tempio e senza sinagoga? Furono loro il tempio”.In che modo?

“Maria e Giuseppe avevano in Gesù il loro Tempio. Non lo ha detto egli stesso, di essere un tempio? ‘Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere’, disse una volta. E l’evangelista annota: ‘parlava del tempio del suo corpo’ (Gv 2,19-21). Nel vangelo della Samaritana troviamo queste altre parole di Gesù. ‘Viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità’ (Gv 4,23-24)”.E oggi?

“Sono giorni, questi di coronavirus, in cui questa parola del Signore possiamo meglio capirla. Come Maria e Giuseppe in Egitto, anche noi dobbiamo trovare in Gesù il nostro Tempio. E in questo Tempio possiamo sempre abitare. Anche quando ci è difficile poter uscire da casa per recarci in chiesa. Per pregare, non è indispensabile recarsi in chiesa. E in ore difficili potrebbe esserci pure chiesto di farne a meno. I ‘sacrifici’ non si fanno, forse, rinunciando per qualche tempo a cose lecite e buone?”.A cosa si riferisce?

“Gesù ci ha detto: ‘Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore. Come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore’. Non ce lo ha detto per tenerci tranquilli. Ma per farci avere la sua gioia. Una gioia piena (Gv 15.9-11). Ha pure detto: ‘Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro’ (Mt 18,20). Sono cose che possiamo fare sempre anche noi, nelle ore di difficoltà”.Cioè?

“Pregare in famiglia. Osservare i comandamenti del Signore. Di comandamenti, anzi, ne basta uno che li riassume tutti. Gesù, infatti, ci ha pure detto: ‘Questo è il mio comandamento. Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi’ (Gv 15,12). Preghiamo. Amiamo. Viviamo in carità”.Come termina l’esilio della Santa Famiglia?

“Quando fu morto Erode, ‘un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto. E gli disse: ‘Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele” (Mt 2,19-20). Aspettiamo con fiducia anche noi questo annuncio. Questi giorni, intanto, viviamoli alla maniera di san Giuseppe. Come era già accaduto ai pastori di Betlemme, anche Giuseppe in Egitto vedeva ‘il bambino con Maria sua madre’ (Mt 2,11). Oggi noi possiamo fare come lui. Pregare la Santa Madre di Dio. Essere uniti a Gesù nella carità. Con san Giuseppe guardiamo al Bambino e alla Madre di Dio. Mettiamoci dalla sua parte, imitiamolo”.

 

Giacomo Galeazzi: