Tra le troppe vittime della guerra, ci sono la verità e di conseguenza l’informazione e i soggetti che operano per documentare, raccontare e riferire, dopo una verifica dei fatti e delle fonti, cosa accade durante un conflitto. Sono vittime quei sette giornalisti che hanno perso la vita in questi oltre due mesi di guerra in Ucraina, secondo i dati dell’ong Reporter senza frontiere (Rsf), che le autorità della Federazione Russa definiscono “operazione militare speciale”. E in Russia è stata arrestata la giornalista del portale d’informazione RusNews Maria Ponomarenko, ha riportato l’agenzia di stampa internazionale Sputnik, per aver riferito sul proprio canale Telegram del “presunto attacco aereo russo” di marzo sul teatro Drama a Mariupol, dove secondo Kiev si trovavano centinaia di civili. Ponomarenko resterà in carcere fino al 22 giugno. Lo scorso 4 marzo la Duma, la camera bassa dell’Assemblea federale russa, ha approvato una nuova legge sulla responsabilità amministrative e penale per la diffusione fake news sull’operato dell’esercito russo, con pene che possono arrivare fino alla reclusione da 10 a 15 anni.
Ampliando la visuale sul piano internazionale, la libertà di stampa e il giornalismo, vitali per la democrazia e richiedenti un’assunzione di responsabilità da parte di chi opera nel settore, continuano a essere esposti a limitazioni e attacchi di vario tipo, dalle azioni legali fino all’omicidio. Solo in questi primi mesi del 2022 sono morti, nel mondo, in 24 tra giornalisti e lavoratori dei mezzi di comunicazione, e 478 si trovano attualmente in carcere. Stringendo adesso l’obiettivo sul nostro continente, ci si confronta con dei dati allarmanti: un incremento del 41% delle minacce nei confronti dei giornalisti e sei giornalisti che hanno perso la vita. Lo riporta Difendere la libertà di stampa in tempi di tensione e conflitto, il rapporto annuale redatto da 15 associazioni, tra cui la Federazione europea dei giornalisti e Reporter senza frontiere, che gestiscono la piattaforma per la protezione dei giornalisti del Consiglio d’Europa. Stringendo ancora sul nostro paese, preoccupa la notizia che lo scorso anno è stato registrato il più alto numero di minacce e intimidazioni alle operatrici dell’informazione, 105 (il 27%), dal 2006. Il dato è stato rilevato da Ossigeno per l’informazione, l’osservatorio nazionale non governativo promosso dalla Federazione nazionale della stampa italiana e dall’Ordine dei giornalisti, che ha cominciato questo monitoraggio in quell’anno.
Mattarella: “Informazione libera fondamentale per le democrazie e la cittadinanza”
Pochi giorni fa, intervenendo all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale che conta 46 membri e non rientra tra gli organi dell’Unione europea) a Strasburgo, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha ribadito l’importanza della libertà di stampa per la salute della vita democratica. “L’informazione libera e indipendente è un pilastro fondamentale delle democrazie, per costruirle, per farle vivere e rimanere autentiche. La libertà d’informazione e i diritti che questa comporta sono elementi essenziali anche per una cittadinanza consapevole, attiva, che sia capace nella sua libertà di una cultura del confronto, dello scambio di opinioni, della libera circolazione e discussione delle idee, dell’approfondimento”.
La giornata
Proprio per celebrare l’informazione libera e indipendente e la passione civile di tanti professionisti dell’informazione, il 3 maggio è la Giornata mondiale della libertà di stampa. Proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni unite nel dicembre 1993, in seguito alla raccomandazione della Conferenza generale dell’UNESCO, e fissata nel giorno della firma della dichiarazione di Windhoek, una raccolta di principi fondamentali della libertà di stampa. L’iniziativa rappresenta un’opportunità per celebrare questi principi, valutare lo stato della libertà di stampa nel mondo, difendere i mezzi d’informazione dagli attacchi alla loro indipendenza e rendere omaggio ai giornalisti che hanno perso la vita mentre svolgevano il loro lavoro. Quest’anno la conferenza globale, che ha come tema “Il giornalismo sotto l’assedio digitale”, si svolge dal 2 al 5 maggio, e affronta l’impatto dell’era digitale sulla libertà di espressione, la sicurezza dei giornalisti, l’accesso alle informazioni e la privacy. L’edizione 2022 del premio Unesco “Guillermo Cano”, istituto in memoria del cronista colombiano ucciso nel 1986 a Bogotà di fronte alla sede del suo giornale El Espectador, è stato assegnato all’Associazione dei giornalisti bielorussa (Baj), fondata nel 1995 come associazione non governativa di operatori dell’informazione, e sciolta nel 2021 su decisione della Corte suprema bielorussa, nel contesto della repressione del capo di Stato bielorusso Aleksandr Lukashenko nei confronti delle opposizioni e delle proteste.
Le iniziative in Italia
Nel nostro Paese le iniziative per celebrare questa giornata sono cominciate il 30 aprile, quando “l’associazione Le ali delle Notizie di Ronchi dei Legionari ha dedicato un luogo cittadino al recentemente scomparso ex presidente del Parlamento europeo David Sassoli, mentre in un videomessaggio l’attuale vertice dell’Europarlamento Roberta Metsola ha ricordato la necessità di una stampa libera per la democrazia”, racconta a Interris.it il presidente della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti italiani, Giuseppe Giulietti. “Il 2 maggio a Trento, durante la manifestazione nazionale sulla libertà d’informazione, un flash mob con i nomi dei giornalisti uccisi durante la guerra in Ucraina” – prosegue – “la mattina del 3 maggio un presidio nei pressi dell’ambasciata della Federazione Russa a Roma, per la libertà di stampa, contro l’invasione dell’Ucraina, il ‘bavaglio’ ai media indipendenti russi e bielorussi, con la lettura dei nomi delle croniste e dei cronisti uccisi in Ucraina, Russia e Siria”.
Giornalisti in zone di guerra, testimoni con passione civile
Ucraina e Siria, due teatri di guerra dell’ultimo decennio. Nel conflitto che si combatte da più di due mesi nell’est europeo, sette operatori dei media sono stati uccisi e undici sono rimasti feriti nel periodo tra il 26 febbraio e il 20 aprile, documenta Rsf. Quelle sette vite spezzate entrano nel conteggio globale delle 24 vittime, fra giornalisti (23) e lavoratori del mondo dei media, solamente dal primo gennaio di quest’anno , e dei 478 che trovano in stato di detenzione. “E’ necessario che ci siano dei testimoni, i cronisti si recano nelle zone di guerra per verificare le notizie sul posto”, spiega Giulietti. “I giornalisti vanno protetti, devono avere delle garanzie e delle tutele, anche grazie alle aziende che li mandano sul posto”, aggiunge il presidente del sindacato unitario dei giornalisti italiani.
Libertà di stampa in Europa
Nell’ultimo rapporto del Consiglio d’Europa sulle minacce alla libertà di stampa, come detto, emerge che nel 2021 queste sono aumentate del 41% sull’anno precedente. Si tratta di attacchi fisici e verbali, cause legali, leggi che riducono sia la possibilità di lavorare sia l’indipendenza dei media. “I giornalisti sono inoltre sempre più soggetti ad attacchi fisici, aumentati del 51% nel corso del 2021”, si legge nel rapporto, in molti casi verificatisi durante manifestazioni o proteste contro le misure prese per il Covid.
Sei giornalisti, invece, sono morti, in un anno, nel Vecchio Continente. Erano Maharram Ibrahimov e Siraj Abishov, uccisi da una mina nella parte occidentale del Nagorno-Karabakh, mentre seguivano gli scontri tra armeni e azeri, in Georgia è stato trovato morto in casa propria il cameraman Aleksandre Lashkarava, in Turchia il presentatore di una stazione radio locale, Hazim Özsu, in Grecia il noto reporter televisivo Giórgos Karaïváz; in Olanda il giornalista d’inchiesta Peter de Vries. Gli ultimi tre sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco.
In Italia
La libertà di stampa è in salute in Italia? Sia nel 2021 che nel 2020 il nostro Paese ha mantenuto la sua 41esima posizione nel World Press Freedom Index di Rsf, che lo scorso vedeva sul podio i tre Paesi scandinavi, Norvegia, Finlandia e Svezia, seguiti, appena sotto, dalla Danimarca e poi dal Costarica, unico Paese non europeo nelle prime cinque posizioni. Sempre Rsf registra che in Italia i giornalisti sono frequentemente bersaglio di attacchi, intimidazioni, minacce di morte, e il livello di violenza nei confronti dei cronisti cresce, con assalti fisici specialmente durante manifestazioni di protesta nell’autunno del 2020 ( ). Secondo Ossigeno, lo scorso anno 384 operatori dell’informazione sono stati vittime di minacce e intimidazioni, e nel 27% casi (105), bersaglio di queste erano delle giornaliste, fenomeno purtroppo in crescita, facendo così segnare la più alta cifra mai registrata dal 2006, anno di inizio di questo monitoraggio. Da una verifica approfondita di 33 casi su 105, è emerso che oltre la metà delle volte si tratta di querele cosiddette “temerarie”, cioè le cause manifestamente infondate intraprese per intralciare il lavoro del giornalista. “L’Italia detiene il poco onorevole record di querele ‘bavaglio’”, riferisce Giulietti a Interris.it, “ma a breve dovrebbe una direttiva europea, voluta fortemente prima da Sassoli, ora da Metsola e dalla vicepresidente della Commissione europea per i Valori e la trasparenza Vera Jurova, per scoraggiare queste querele e far sì che chi vorrebbe ‘imbavagliare’ i giornalisti” e i difensore dei diritti umani “si trovi a dover risarcire”. Senza dimenticare un ulteriore dato, cioè che “in Italia ci sono 27 giornalisti sotto scorta”.
Rete e giornalismo
“La rete può essere fonte di conoscenza e strumento di crescita, però oggi è il luogo dove avviene più spesso il ‘depistaggio’ mediatico e dove si registra l’aumento delle minacce”, continua il presidente della Fnsi, “ma il problema pre-esiste la rete: le oligarchie e le mafie da sempre agiscono contro i cronisti e contro il diritto di informare”. Nella sfera digitale, continua Giulietti, tutto questo viene amplificato. “Vi operano delle vere e propria fabbriche della falsificazione che mettono ‘sotto tiro’ i giornalisti, senza dimenticare che oggi un miliardario può acquisire un social network, dove circolano notizie e idee, senza alcuna forma di controllo pubblico. Ma mai come ora servono dei mediatori di professione, servono garanzie pubbliche per quei cronisti precari, abbandonati a se stessi”.