2000-2025: il Giubileo come testimonianza di fede individuale e comunitaria. Per decine e decine di volte, in giro per il mondo, nei Paesi che visitava, Giovanni Paolo II aveva ripetuto, più o meno con le stesse parole, quell’affermazione così forte, così espressiva. “Oggi io, Papa della Chiesa di Roma, a nome di tutti i cattolici chiedo perdono”. Un impegno solenne, esplicito, a non compiere più in futuro gesti o azioni contrarie alla verità di Dio e alla verità sull’uomo. Ma, di fatto, pur con tutta la sua autorità, era soltanto lui, il Papa, a pronunciarsi pubblicamente, a prendere posizione. Invece, quel 12 marzo del 2000, fu la Chiesa intera per la prima volta a chiedere perdono. A implorare la misericordia di Dio per i peccati e le contro-testimonianze di cui si erano macchiati i cristiani. “Deturpando così – erano le parole del Concilio Vaticano II – il volto della Chiesa“. E, dopo il pubblico pentimento, l’impegno a non tradire più il Vangelo. Un “mai più!” pronunciato con forza per ciascuna delle grandi colpe che venivano ricordate. Era la Giornata del perdono, uno degli eventi più significativi del Giubileo del 2000. E, durante il rito nella basilica vaticana, ci fu quel momento che rimase negli occhi e nel ricordo di tutti. Il vecchio Papa era andato ai piedi del grande crocifisso. E, quasi appoggiandosi, lo aveva abbracciato a lungo e baciato.
Spirito del Giubileo
Racconterà il suo segretario, monsignor Stanislao Dziwisz: “Quello che aveva provato se lo tenne dentro, nel suo cuore. Ma se provo a ricordarmi il suo sguardo, era come se
dicesse: ‘Bisognava farlo, bisognava farlo'”. E poi, un altro dei grandi appuntamenti del Giubileo: la commemorazione – domenica 7 maggio, al Colosseo – dei Testimoni
della Fede del XX secolo. Era come rivisitare la storia di un martirio, che ormai attraversava le divisioni tra le Chiese, le frontiere politiche e ideologiche. Alcuni nomi erano noti, famosi, come quello di monsignor Oscar Romero, arcivescovo di Salvador, assassinato mentre celebrava l’Eucarestia. E che Giovanni Paolo II, malgrado le voci contrarie, aveva voluto espressamente inserire nella lista. Considerandolo un “grande testimone del Vangelo“. Nomi noti, ma anche tanti martiri rimasti anonimi, scomparsi nel nulla. Cattolici, ma anche ortodossi e protestanti. Preti, ma anche laici, specialmente catechisti. “Quasi i militi ignoti – disse Karol Wojtyla– della grande causa di Dio”.
Anno Santo
“Dobbiamo prendere il largo”. Fu tutto questo, il Giubileo del 2000, ma anche altro. Fu quello straordinario incontro di Giovanni Paolo II con due milioni di giovani a Tor Vergata. A conferma ch’era cresciuta l’attenzione reciproca, l’amicizia, ma anche un’intesa profonda, tra le nuove generazioni e quel Papa, che comunque non esitò a chiedere ai giovani una scelta radicale di fede e di vita, fintanto a diventare “sentinelle del mattino”. E ancora, il Giubileo fu quel pellegrinaggio di Wojtyla lungo l’itinerario della storia della salvezza. Il Sinai, il monte Nebo, e poi i luoghi della nascita e della vita di Gesù: Betlemme, Nazareth. Così, il Papa andò in terra palestinese. Ma anche al Muro del Pianto, il sacrario dell’ ebraismo. E alla Cupola della Roccia, uno dei posti più venerati dai seguaci dell’Islam. Soprattutto, il Giubileo fu un’occasione di grande spiritualità per il popolo cristiano. Milioni di fedeli passarono attraverso la Porta Santa, a Roma ma anche, quella volta, nelle loro Chiese. E, insieme, il Giubileo fu un’occasione per la riscoperta e il rilancio della “rivoluzione” – perché, sotto certi aspetti, era stata davvero così – del Concilio Vaticano II. Infatti, dalle celebrazioni giubilari, era riemersa quell’immagine di Chiesa. Una Chiesa più concentrata sulla parola di Dio, sull’annuncio del Vangelo, “casa e scuola di comunione“. Cioè l’immagine che era stata delineata dal Concilio.
Novo millennio ineunte
Adesso, nella lettera apostolica Novo millennio ineunte che ricapitolava quanto era avvenuto con il Giubileo, Giovanni Paolo II riproponeva quel progetto di Chiesa. “Dobbiamo prendere il largo“, scriveva. Dunque, sembrava venuto il momento per completare quella nuova immagine di Chiesa, perché ritornasse a essere espressione trasparente della comunione e della responsabilità di tutti i suoi figli. Insomma, una Chiesa dove si potesse finalmente “vedere” la preminenza della dimensione del mistero rispetto a quella della istituzione. Una Chiesa dove venisse finalmente cancellata ogni traccia di clericalismo. E si ristabilisse quella “parità” che, in forza dello stesso battesimo, esiste fra tutti i membri del popolo di Dio, chierici e laici. Infine, una Chiesa che fosse aperta a ogni cultura, a ogni esperienza, e che vivesse realmente la propria universalità. In fondo, scriveva papa Wojtyla, “non si tratta di inventare un ‘nuovo programma‘. Il programma c’è già. E’ quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione“. Ebbene, a giudicare dalla massiccia partecipazione al Giubileo, i cristiani sembravano pronti a cominciare questo nuovo tratto di cammino. Un cammino che aveva tutte le premesse e le caratteristiche di un cambiamento profondo.
Giubileo di Francesco
“Il Giubileo ha sempre rappresentato nella vita della Chiesa un evento di grande rilevanza spirituale, ecclesiale e sociale. – evidenzia Francesco-. Da quando Bonifacio VIII, nel 1300, istituì il primo Anno Santo – con ricorrenza secolare, divenuta poi, sul modello biblico, cinquantennale e quindi fissata ogni venticinque anni –, il santo popolo fedele di Dio ha vissuto questa celebrazione come uno speciale dono di grazia, caratterizzato dal perdono dei peccati e, in particolare, dall’indulgenza, espressione piena della misericordia di Dio. I fedeli, spesso al termine di un lungo pellegrinaggio, attingono al tesoro spirituale della Chiesa attraversando la Porta Santa e venerando le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo custodite nelle Basiliche romane. Milioni e milioni di pellegrini, nel corso dei secoli, hanno raggiunto questi luoghi santi dando testimonianza viva della fede di sempre”. Aggiunge Jorge Mario Bergoglio: “Il Grande Giubileo dell’anno 2000 ha introdotto la Chiesa nel terzo millennio della sua storia. San Giovanni Paolo II lo aveva tanto atteso e desiderato. Nella speranza che tutti i cristiani, superate le storiche divisioni, potessero celebrare insieme i duemila anni della nascita di Gesù Cristo il Salvatore dell’umanità. Ora è ormai vicino il traguardo dei primi venticinque anni del secolo XXI. E siamo chiamati a mettere in atto una preparazione che permetta al popolo cristiano di vivere l’Anno Santo in tutta la sua pregnanza pastorale“.
Misericordia
“Una tappa significativa è stata quella del Giubileo straordinario della Misericordia– sottolinea papa Francesco-. Ci ha permesso di riscoprire tutta la forza e la tenerezza dell’amore misericordioso del Padre. Per esserne a nostra volta testimoni. Negli ultimi anni, tuttavia, non c’è stato un Paese che non sia stato sconvolto dall’improvvisa epidemia che, oltre ad aver fatto toccare con mano il dramma della morte in solitudine, l’incertezza e la provvisorietà dell’esistenza, ha modificato il nostro modo di vivere. Come cristiani abbiamo patito insieme con tutti i fratelli e le sorelle le stesse sofferenze e limitazioni. Le nostre chiese sono rimaste chiuse, così come le scuole, le fabbriche, gli uffici, i negozi e i luoghi dedicati al tempo libero“.
Speranza e Giubileo
“Tutti abbiamo visto limitate alcune libertà e la pandemia, oltre al dolore, ha suscitato talvolta nel nostro animo il dubbio, la paura, lo smarrimento– aggiunge il Pontefice-. Gli uomini e le donne di scienza, con grande tempestività, hanno trovato un primo rimedio che progressivamente permette di ritornare alla vita quotidiana. Abbiamo piena fiducia che l’epidemia possa essere superata e il mondo ritrovare i suoi ritmi di relazioni personali e di vita sociale. Questo sarà più facilmente raggiungibile nella misura in cui si agirà con fattiva solidarietà. In modo che non vengano trascurate le popolazioni più indigenti, ma si possa condividere con tutti sia i ritrovati della scienza sia i medicinali necessari. Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata”.