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Giornata prevenzione suicidio: l’opera di Telefono Amico Italia

In occasione della giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, Interri.it ha intervistato Cristina Rigon, vicepresidente di Telefono Amico Italia

Il suicidio è un fenomeno che può essere prevenuto. Aumentare la consapevolezza della comunità scientifica e della popolazione su questo aspetto, è lo scopo della Giornata Mondiale per la prevenzione del suicidio che si celebra ogni anno il 10 settembre Questa iniziativa è sostenuta dall’International Association for Suicide Prevention (IASP), co-sponsorizzata dalla World Health Organization (WHO).

I numeri del fenomeno

Sono ogni anno quasi 46.000 i ragazzi tra 10 e i 19 anni che si tolgono la vita nel mondo, circa 1 ogni 11 minuti. Il suicidio è la quinta causa di morte più comune tra 10 ai 19 anni e la quarta dai 15 ai 19. Un fenomeno responsabile nel mondo di circa 800.000 morti, una ogni 40 secondi. In Italia, le segnalazioni relative al suicidio non sono mai così alte come nel 2021. Quasi 6.000 le richieste d’aiuto arrivate a Telefono Amico Italia da persone attraversate dal pensiero del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un caro. Le richieste d’aiuto sono cresciute del 55% rispetto al 2020 e quasi quadruplicate rispetto al 2019, prima della pandemia. Il 28% è di under 26. E nel primo semestre 2022 le richieste d’aiuto sono state più di 2.700, il 28% di giovani fino a 25 anni.

Telefono Amico Italia

Il telefono amico è un servizio di volontariato di ascolto telefonico dedicato a persone in crisi o in stato di particolare disagio emozionale. Il primo Centro di Emergenza Telefonica conosciuto inizia la sua attività a New York nel 1906. Si chiama Save a Life ed è orientato alla prevenzione dei numerosi casi di suicidio che si verificano nella metropoli. In Italia i servizi di emergenza e di aiuto telefonico nascono negli anni ’60 con il nome di Telefono Amico. L’esperienza si diffonde poi su tutto il territorio nazionale dando vita a numerosi Centri che nel 1967 costituiscono l’Associazione Nazionale Telefono Amico Italia.

L’intervista

Per comprendere al meglio il funzionamento di Telefono Amico Italia, come aiutare le persone che sono in difficoltà, capire come riconoscere i segnali e, quindi, come poter prevenire un suicidio, Interris.it ha intervistato la vicepresidente di Telefono Amico Italia, Cristina Rigon. 

Qual è l’importanza di questa giornata?

“Perché è un’occasione per poter parlare di un argomento soggetto a tabù e stigmatizzato perché riguarda la sfera della malattia psichica o del disagio psichico. Il suicidio non riguarda solo chi ha problemi psichici, ma anche persone che soffrono di un grande disagio per cui scelgono di togliersi la vita. Oggi come oggi, ogni giorno, si legge sui media di un numero crescente di suicidi, i dati non sono aggiornatissimi rispetto all’ultimo anno. Rispetto al passato se ne parla molto di più”.

Come funziona il servizio di Telefono Amico Italia?

“Possiamo essere contattati tramite il numero unico nazionale 0223272327, attivo tutti i giorni dalle 10 alle 24; via chat WhatsappAmico, raggiungibile al numero 3240117252 tutti i giorni dalle 18 alle 21; via mail tramite il sito con l’apposito form. Offriamo una relazione di aiuto e di ascolto. Rispondono alle chiamate dei volontari che abbiano partecipato a dei corsi di formazione della durata di sei mesi, molto selettivi. La formazione è un punto fondamentale per i volontari”.

Nel 2021 quasi 6.000 persone hanno chiesto aiuto a Telefono Amico per tematiche relative al suicidio. Quali sono le problematiche che spingono queste persone a pensare di mettere fine alla loro vita?

“Posso dare delle categorie di problematiche, ma non posso raccontare storie di chi ci contatta perché ci teniamo molto a mantenere l’anonimato di chi si rivolge a noi. I principali problemi sono legati ‘all’area del sé’, quindi familiari, personali e lavorative. Nei giovani, i problemi predominanti sono quelli legati all’esistenziale e alla socialità. Inoltre, ci sono persone che chiamano per disturbi alimentari o autolesionismo”.

Parlando dei giovani, è capitato che ci fossero chiamate legate a quelle “famose” challenge che circolano su diversi social?

“Sì, ma in maniera molto marginale perché chi si trova ad affrontare una situazione di questo tipo forse fa più fatica a parlarne, credo che si chiuda più in sé stesso, rimugini e faccia difficoltà ad aprirsi all’esterno”.

Tra adulti e giovani, c’è differenza nel modo in cui esternano di aver pensato al suicidio? 

“I giovani ne parlano più facilmente, è un termine che utilizzano in maniera più esplicita, fa parte anche nella dinamica di vita di un ragazzo di parlarne in maniera più aperta. L’adulto fa più fatica perché tema il giudizio, anche se noi garantiamo di non essere giudicanti. Il timore di chi si trova a pensare al suicidio sta nel fatto di condividere i suoi pensieri con l’esterno”.

Avete lanciato una campagna che oggi sarà in diverse piazza italiane e si chiama “Non parlarne è 1 suicidio”. Qual è l’obiettivo?

“L’obiettivo è sensibilizzare la collettività, fare in modo che si prenda coscienza che la prevenzione del suicidio è un tema importante e che va affrontato con i giusti modi, le giuste parole. Mettere sotto la sabbia o stigmatizzare questi pensieri non è di aiuto a nessuno. La prevenzione è proprio questo: parlarne, cercare il dialogo e il confronto. Vogliamo ribadire che non è un tema tabù, che nella vita delle persone si può incrociare. Se ne deve, dunque, parlare, cercare degli strumenti di aiuto per momenti che sono drammatici: chi si trova in un grande stato di sofferenza, si sente isolato. E’ questo che noi vorremmo sconfiggere”.

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