Giornata degli insegnanti, Gissi (Cisl Scuola): “Aprire le trattive per il rinnovo del contratto”

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Insegnare in libertà, dare maggior potere agli insegnanti” è il tema scelto per la Giornata mondiale degli insegnanti che si celebra, dal 1994, ogni 5 ottobre. Un giorno dedicato a quelle persone che hanno in mano la formazione e, in parte, l’educazione dei giovani e dei ragazzi. Insegnare non vuol dire solo inculcare delle nozioni, ma prepararli anche alla vita. Un ruolo difficile che svolgono quotidianamente per consentire la crescita delle generazioni future, ma che spesso non viene, forse, non viene adeguatamente riconosciuto.

Le problematiche che gli insegnanti devono affrontare

Dallo scorso marzo, con l’esplosione della pandemia, i docenti hanno dovuto ingegnarsi e svolgere la lor professione da remoto. Ma questa è solo una delle problematiche. Molti docenti sono precari, altri hanno a che fare con classi pollaio, molti di loro aspettano il rinnovo del contratto che come obiettivo dovrebbe essere raggiunto entro quest’anno.

L’intervista

Interris.it, sulla situazione lavorativa dei docenti, ha intervistato la Segretaria Cisl Scuola, Maddalena Gissi. 

Segretaria, oggi si celebra la giornata mondiale degli insegnanti, istituita dall’Unesco nel 1994. Nasce con lo scopo di riconoscere la centralità del ruolo dei docenti nel percorso di formazione, educazione e guida dei giovani. Ma questo ruolo, è realmente riconosciuto agli insegnanti?

“Non è facile dirlo con certezza, abbiamo spesso segnali contrastanti. Da un lato la fiducia che la scuola riscuote, come emerge in più di un sondaggio, ben più di altri soggetti e istituzioni; dall’altro i casi, purtroppo non infrequenti, di tensioni e conflitti che vedono talvolta affidare ai tribunali la valutazione di presunti torti subiti da qualche alunno. Spia di un disagio preoccupante, quello determinato dal venir meno di un rapporto di fiducia e di reciproco affidamento che dovrebbe segnare la relazione tra insegnanti e famiglie, alla base del successo educativo cui dovrebbe tendere in modo convergente e solidale tutta la comunità educante. Se viene meno la legittimazione del ruolo del docente se ne mina pericolosamente l’autorevolezza. Ciò non significa avanzare pretese di insindacabilità, che non possono esistere in nessun campo; serve però da parte delle famiglie un rapporto franco, leale, collaborativo, di chi è consapevole di condividere con l’insegnante una missione comune. Se poi consideriamo la questione da un punto di vista più generale, di come la società riconosce l’importanza e il valore del lavoro di chi insegna, troviamo uno scarto piuttosto evidente tra le attestazioni che in modo ricorrente vengono dalle più alte istituzioni del Paese e la concreta condizione professionale di una categoria che ancora nei giorni scorsi l’OCSE descrive come una delle meno pagate in ambito internazionale. Insomma, perché le parole trovino riscontro nei fatti c’è ancora molta strada da percorrere. Anche nel Patto per la scuola al centro del Paese si indicano obiettivi e si assumono impegni importanti: quel Patto va onorato con un buon rinnovo contrattuale e sostenuto con scelte coerenti nelle decisioni legislative, in primo luogo con le leggi di Bilancio”.

Quali sono le maggiori problematiche con cui si scontrano gli insegnanti al giorno d’oggi?

“Chi insegna vive inevitabilmente tutti gli aspetti che rendono al giorno d’oggi particolarmente complessa e problematica la relazione educativa. Fin da piccoli si è immersi oggi in un contesto nel quale si rischia di essere sopraffatti da stimoli e messaggi rispetto ai quali orientarsi criticamente è sempre più difficile. Credo sia questo uno dei problemi con cui quotidianamente la scuola, ma direi ogni famiglia, è costretta a misurarsi. Per un docente vi è in più la necessità di sopperire, talvolta, anche a limiti e carenze emergenti in ambito familiare, e non solo nelle aree di maggior disagio. Parlando con gli insegnanti, ci si rende facilmente conto che le difficoltà maggiori riguardano la gestione della classe, nella quale si trasferiscono le tante dinamiche che attraversano i vissuti individuali delle nuove generazioni. Per questo bisognerebbe fare in modo che l’impegno dei docenti potesse concentrarsi maggiormente su questi aspetti, liberandolo da eccessi di burocrazia di cui si fatica spesso a vedere l’utilità; rimettiamo al centro dell’attività e dell’impegno dei docenti le attività di approfondimento professionale che risultano oggi più che mai necessarie, garantendo per tutti e dovunque gli spazi e le opportunità per momenti di condivisione delle scelte pedagogico didattiche; credo che sotto questo aspetto vi sia anche un patrimonio diverso di esperienze e di modalità operative tra i diversi gradi di scuola, in alcuni la dimensione collegiale è una realtà consolidata, in altri forse va fatto qualche passo in avanti in più”.

Queste problematiche si sono accentuate con la pandemia?

“Certamente l’impossibilità di svolgere le attività in presenza non ha certo favorito quegli aspetti di condivisione e cooperazione per i quali l’essere fisicamente vicini è una condizione ottimale, anche se paradossalmente l’esigenza di adattare l’organizzazione del lavoro ad un contesto così radicalmente mutato e nuovo ha richiesto una grande capacità di collaborazione e di coordinamento, sollecitando in particolare chi aveva un bagaglio più ricco di competenze e di esperienza in campo digitale ad essere punto di riferimento per i colleghi. Nella relazione con gli alunni, è un dato di fatto che tutte le situazioni segnate da maggior difficoltà e disagio (economico, sociale, familiare) sono state gravemente penalizzate e il venir meno di un rapporto di presenza diretta ha significato in molti casi, semplicemente e drammaticamente, il venir meno, tout court, della frequenza scolastica. Con tutto ciò che ne consegue. Se è vero, come ho detto tante volte, che la didattica digitale è stata la via per impedire che il lockdown si trasformasse in un black out didattico ed educativo, bisogna ammettere che non sempre si è riusciti ad evitare che andasse così”.

Quanti sono gli insegnanti precari in Italia?

“Sono tanti, anche considerando soltanto le cifre dei contratti a tempo determinato stipulati per coprire posti liberi di fatto per un intero anno scolastico. Abbiamo superato lo scorso anno le 215.000 supplenze, quest’anno siamo a circa 115.000 (grazie anche al fatto che si sono fatte assunzioni, come da noi richiesto, anche dalle GPS di I fascia), ma è un dato destinato a crescere soprattutto, come accade ogni anno, per quanto riguarda i posti di sostegno. Siamo comunque più o meno abbondantemente sopra le 100.000 supplenze dal 2015, anno che cito non a caso, essendo quello di approvazione della legge 107, meglio nota come “Buona Scuola”, che aveva tra i suoi obiettivi più sbandierati la fine della supplentite. Se poi ai supplenti annuali o “30 giugno” si aggiungono quelli nominati in corso d’anno per supplenze brevi e saltuarie, i numeri aumentano sensibilmente. Il tasso di precarietà è comunque alto, sicuramente va ridotto con una politica degli organici che tenga conto del reale fabbisogno del sistema scolastico e privilegi quanto più possibile la stabilità dei posti istituiti. Detto questo, è del tutto irrealistico immaginare che non vi sia necessità, nella scuola, di contratti a tempo determinato, che costituiscono un elemento strutturale legato alle esigenze di un sistema nel quale è impossibile lasciare posti scoperti. Va fatto allora il possibile per trasformare questa necessità in un’opportunità: facendo sì che il lavoro precario sia un momento di acquisizione e progressivo affinamento di competenze, come avverrebbe in qualunque ambito lavorativo, accompagnandolo in modo sistematico con un efficace supporto formativo che traguardi anche una prospettiva di stabilizzazione, attraverso procedure trasparenti, come richiesto per un lavoro pubblico. Sarebbe un modo per riconoscere i diritti di chi lavora, evitando ogni abuso nel ricorso al lavoro precario, ma con beneficio evidente anche per il sistema scolastico, assicurandogli un apporto di qualità professionale formata e verificata sul campo. Si basa su questi presupposti la proposta della CISL Scuola sul reclutamento, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che ridurre la discussione alla polemica “concorsi sì concorsi no” è del tutto fuorviante e ci condanna all’inconcludenza che abbiamo da anni sotto gli occhi”.

Parliamo dei contratti dei docenti: sono sufficientemente tutelati e retribuiti?

“L’ho detto prima, che vi sia una questione retributiva per gli insegnanti, ma direi per tutto il personale scolastico, compreso ATA e Dirigenti, è fuori discussione. I dati dell’ultimo rapporto OCSE parlano chiaro e ci vengono riproposti da anni con drammatica puntualità. Una politica di significativa rivalutazione delle professionalità operanti nella scuola non può prescindere da azioni concrete che avvicinino le retribuzioni ai valori medi europei da cui l’Italia è ancora troppo lontana. Ne va della credibilità di tante dichiarazioni e soprattutto degli impegni assunti sottoscrivendo il Patto del 20 maggio scorso”.

Come Cisl Scuola, quali sono le azioni che state mettendo in campo per sostenere i docenti?

“Come CISL Scuola riteniamo che si debba immediatamente procedere all’apertura delle trattative per rinnovare il contratto. Non sarà, per evidenti ragioni, la sede in cui si potranno risolvere in modo definitivo tutte le questioni, che per la loro entità richiedono un piano coerente di interventi anche a medio e lungo termine. Ma un segnale occorre darlo subito, forte e chiaro. Il ritorno alle attività in presenza ci darà anche il modo di rimettere in campo le iniziative necessarie a sostenere obiettivi irrinunciabili e non più rinviabili: il dibattito con gli iscritti in vista del congresso che celebreremo nella primavera prossima ci servirà anche a creare le condizioni per un ampio e attivo coinvolgimento della categoria a sostegno di quegli obiettivi. Contiamo molto, al riguardo, anche sul ruolo che possono svolgere le RSU per promuovere una stagione di rinnovata partecipazione e di forte protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori per ottenere finalmente una più giusta valorizzazione della loro professionalità”.

Manuela Petrini: