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Giornata della danza, non dimentichiamoci di questo sport bellissimo

Intervista con Nadia Giuliano, titolare di una scuola di danza, un settore completamente dimenticato nella pandemia per cui anche i big sono rimasti in silenzio

Giovedì 29 Aprile ricorre la Giornata Internazionale della Danza, un momento per celebrare, ricordare e promuovere uno sport e disciplina del corpo praticato da millenni in tutte le culture del mondo.

In questo difficile momento segnato ancora dall’emergenza sanitaria, anche il mondo della danza nel nostro Paese ha risentito della situazione: chiusure, contagi e distanziamento hanno influito in maniera disastrosa sulla vita delle migliaia di associazioni sportive dedicate alle arti coreutiche (circa 30.000, secondo la fonte Giornale della danza).

Le problematiche del settore viste da vicino

Ne abbiamo parlato con Nadia Giuliano, ballerina e maestra di danza, titolare di una scuola di danza di Perugia con circa 100 allievi di tutte le età.

La maestra di danza Nadia Giuliano e una sua collaboratrice

Come avete affrontato le chiusure dovute alla pandemia?

“Il periodo iniziale circoscritto del primo lockdown è stato difficile per tutti, abbiamo subito attivato delle lezioni online, ma poi abbiamo riaperto tamponando un po’ la situazione. Alla riapertura lo scorso maggio 2020 ho notato un atteggiamento più propositivo da parte delle persone, c’era voglia di riprendere e grazie a quel momento dell’online sono tornati più gli adulti che i bambini. Eravamo fiduciosi e siamo anche riusciti, nel rispetto delle norme anti Covid, a fare il nostro saggio di fine anno, una tra le poche scuole d’Italia ad averlo fatto.

Poi però le cose sono cambiate: i primi di settembre avevamo riaperto con tanta voglia di fare, energia, nuove proposte e le persone avevano risposto bene. Poco dopo, una nuova, ingiustificata chiusura…”

Perché le attività come quelle della scuole di danza (e palestre) sono state chiuse fin da subito?

“Ce lo siamo chiesti anche noi, confrontandoci con colleghi in altre zone d’Italia. Questa strategia è stata una vera ingiustizia perché i dati affermano che non si sono verificati focolai in nessuna zona d’Italia a causa di attività come le nostre, tali da giustificare le chiusure.

Ci eravamo adeguati con grande sforzo a tutte le misure di sicurezza richieste, abbiamo sostenuto delle spese per poi essere richiusi. Le scuole di danza e le palestre sono state le prime attività a venire fermate, prima ancora della scuola e restano attualmente ancora chiuse, almeno fino al 1 giugno”.

Le allieve della scuola Naturalmente Danza

Come avete sopperito all’impossibilità di fare attività in presenza?

“In questo ciascuno si è arrangiato come ha potuto, trovando varie strade. Una è stata quella dell’agonismo, ricordando che le attività di interessa nazionale restavano consentite, ci siamo iscritti a manifestazioni nazionali a volte anche create ad hoc per questo, oppure abbiamo mantenuto lezioni online per le nostre allieve. Va detto però che la danza è anche un’attività sociale, di fondamentale importanza soprattutto per i più piccoli… un’altra privazione per i ragazzi, che vedevo tramite lo schermo apparire sempre più spenti, un vero peso sul cuore”.

Nel caso delle scuole di danza, sono arrivati i ristori?

“In questa situazione, qualcosa è arrivato l’anno scorso; il mondo della danza è variegato, ci sono asd, ci sono partite iva… in ogni caso si è trattato di pochi spiccioli, a fronte di spese come affitti per le sale, collaboratrici, etc che comunque abbiamo dovuto continuare a sostenere, magari trovando degli accordi con i gestori delle sale, per chi come noi è stato più fortunato. Molti ancora stanno aspettando i ristori…”

Cosa si può dire in questa giornata in cui la danza ha l’occasione di far parlare di sé?

“La cosa che mi è dispiaciuto vedere, come amante e professionista di questa bellissima disciplina è che secondo me in altri settori artistici i grandi nomi si sono esposti e ci hanno messo la faccia, ma nel mondo della danza i grandi non si sono esposti… la cosa mi delude e mi domando perché. Noi realtà piccole siamo state completamente abbandonate.

Ma il nostro resta un lavoro sociale, non solo questione di movimento. Dato che tra le altre cose la nostra non è una disciplina di contatto, perché ognuno balla nel proprio spazio e siamo assolutamente in grado di rispettare le norme anti-contagio, ci aspettiamo dei protocolli che siano uguali per tutti, delle regole da rispettare che ci diano la possibilità di tornare a lavorare senza chiusure o quarantene”.

 

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