Genitori ai tempi del Covid-19 con un parto: “Vi raccontiamo la vera forza della famiglia”

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Dallo scorso 21 febbraio, paura, angoscia e preoccupazione sono sentimenti che proviamo costantemente a causa del diffondersi della pandemia da coronavirus. Ogni giorno, dobbiamo affrontare la realtà: immagini di salme che vengono trasportate con i mezzi dell’esercito da una provincia all’altra per essere cremate, il numero dei decessi che aumenta, la curva di un contagio che non accenna a invertire la sua tendenza.

Il miracolo della vita

In questo periodo di grande sofferenza per milioni di persone al mondo, dei piccoli raggi di sole arrivano a squarciare il buio che aleggia intorno a noi. E’ il miracolo della vita che si ripete, più forte di un virus che sta mettendo in ginocchio il mondo intero. Un vagito, un pianto, ed ecco una nuova creatura si affaccia alla vita. A proteggerla le braccia della mamma e del papà. Pochi giorni fa, alla Casa Sollievo della Sofferenza, sono venute al mondo tre gemelline; all’ospedale dei Bambini Buzzi di Milano, sono 40 i piccoli nati; nella giornata del 26 marzo due mamme hanno dato alla luce rispettivamente un maschietto e una femminuccia.

La forza della famiglia

Lo scorso 8 marzo, invece, il miracolo della vita si è ripetuto a Roma, in piena emergenza coronavirus, dove una giovane coppia di sposi ha accolto la nascita del loro primo figlio. InTerris ha intervistato i suoi genitori, Marco e Serena, che a causa delle restrizioni imposte dal Governo per rallentare la diffusione del coronavirus, non hanno potuto condividere la gioia della nascita con parenti ed amici.

Marco e Serena, che emozioni avete provato quando è nato il vostro bambino?
“Descrivere l’emozione per la nascita di un figlio è davvero complicato! È la sensazione più bella che si possa provare, un qualcosa che non si può minimamente paragonare a qualsiasi altra gioia della vita, perché davvero unica! Il primo pianto, il primo abbraccio, sono momenti che non si potranno mai dimenticare. La cosa brutta e non aver potuto condividere personalmente questa emozione con le persone più care, che come noi soffrono per non poterci essere vicini nel momento più bello della nostra vita”.

In questo periodo di emergenza, quali sono state le preoccupazioni più grandi?
“Con la preoccupazione purtroppo ci conviviamo già prima della nascita. Nostro figlio è nato l’8 Marzo, quando il coronavirus aveva cominciato ad avere già una grande diffusione nel territorio. Eravamo preoccupati quando siamo arrivati in piena notte in pronto soccorso, d’urgenza, dopo una visita sotto una tenda esterna all’edificio, lo siamo stati durante tutto il periodo del ricovero in ospedale, perché nel frattempo l’Italia veniva gradualmente bloccata ed il virus continuava a diffondersi sempre di più. Oggi il nostro pensiero più grande è quello di proteggere nostro figlio sia dal coronavirus che da qualsiasi altro, anche piccolo, malanno perché dover pensare di uscire con un figlio appena nato, in una situazione di estrema emergenza, crea mille preoccupazioni”.

In ospedale, al momento del parto, vi siete sentiti tutelati?
“In ospedale abbiamo sicuramente vissuto la professionalità e la disponibilità di tutto il personale sanitario, dal pronto soccorso al reparto di ostetricia. Dal punto di vista della sicurezza, purtroppo non abbiamo percepito sempre una totale tutela. È vero che nel reparto, erano assolutamente vietate le visite di parenti e amici, consentendo l’accesso solo al padre del bambino in alcuni momenti della giornata, ma ogni giorno, quasi nessuno del personale di turno aveva dispositivi per la protezione individuale o comunque non sempre si rispettavano le distanze minime di sicurezza. Sottolineiamo che gli stessi operatori sanitari si lamentavano di non disporre di ulteriori tutele”.

Con le chiusure degli ambulatori medici, avete paura di essere meno seguiti?
“Nonostante tutto, no. Abbiamo sicuramente paura di uscire, ma non dubitiamo della disponibilità dei medici. In un momento di estrema difficoltà come quella che stiamo vivendo in questo periodo, la loro categoria è sicuramente quella che vive le più grandi difficoltà. Il non poter sempre visitare di persona il loro paziente, li rende ancor più vicino di quanto si possa pensare. Noi, ad oggi, non abbiamo ancora fatto nessuna visita pediatrica per il nostro bambino, se non telefonica, ma vedere quotidianamente la nostra pediatra, ostetrica preoccuparsi con una chiamata o messaggio per noi ci da la certezza che tutto andrà bene”.

Come state vivendo l’essere genitori in questo periodo di quarantena?
“Quando scopri di aspettare un bambino, da subito cominci a pensare, a fantasticare su come sarà il momento in cui incontrerai per la prima volta tuo figlio, su come cambierà quotidianamente la tua vita e quella dei tuoi cari! Al momento di gioia dell’entrata in casa del nuovo arrivato, tra gli abbracci e i baci di tutti i suoi cari. Mai avremmo pensato, invece, di dover vivere da soli tutti questi momenti, di dover vivere reclusi in casa senza poter assolutamente incontrare nessuno. Poi, nel nostro caso, trattandosi del primo figlio, il non aver nessun aiuto fisico nella gestione quotidiana del bambino, crea ancor di più timori e preoccupazioni. In tutta questa situazione, c’è però l’aspetto positivo. Mai come in questa situazione ci sentiamo ancor di più una famiglia; di essere ancor più uniti come coppia e a sostenerci reciprocamente in questa nuova avventura che quotidianamente ci mette di fronte a situazioni sconosciute. È bello vivere la sensazione che insieme si può risolvere qualsiasi problema. È questa probabilmente la vera forza della famiglia”.

 

Manuela Petrini: