G7 agricoltura, di Leo: “Ecco quale sarà il vero focus di Ortigia”

A sinistra: Emmanuele di Leo; credito Sara Minelli A destra: il logo del G7; credito Saverio De Giglio

Il prossimo 26 settembre, in occasione del G7 Agricoltura, saranno presenti ad Ortigia i Ministri dell’Agricoltura di dieci Paesi, invitati d’intesa con l’Unione africana: Algeria, Tunisia, Egitto, Senegal, Costa d’Avorio, Kenya, Uganda, Angola, Nigeria e Sudafrica. Un G7 che avrà come argomenti essenziali l’innovazione in agricoltura per rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici, la pesca, lo sviluppo agricolo ed il confronto con le nuove generazioni.

Un G7 fondamentale

Emmanuele di Leo, Presidente della Steadfast Onlus, Organizzazione internazionale umanitaria in difesa dei diritti umani, intervistato da Interris.it, su tale importantissimo evento, ha dichiarato: “Un G7 fondamentale, considerando che il continente africano ha come caratteristica un importante potenziale produttivo agricolo inespresso e un evidente inefficienza infrastrutturale e industriale, motivo per cui l’Africa fino ad oggi è depotenziata nella creazione di valore aggiunto. Nonostante ciò, il settore agricolo africano offre comunque un contributo al continente pari al 30% del reddito lordo, conquistando i primi posti, dopo l’esportazione di materie prime, nella classifica dei beni esportati. Tale situazione impone ai governi africani due priorità fondamentali: garantire la sicurezza alimentare e garantire sviluppo economico e sociale”.

L’intervista

Entro il 2050, e per la fine del secolo, si stima che il continente africano supererà i quattro miliardi di abitanti.  Presidente di Leo, quale sarà l’impatto di tale crescita demografica?

“L’urbanizzazione dei territori africani accompagnerà questo processo con la stessa velocità e forza dell’incremento demografico. La rapidità con cui si stanno manifestando questi due fenomeni impone all’Africa una reazione sia politica, per ovviare alle sfide che questo repentino sviluppo porta con sé, sia economica, per poter garantire la sicurezza alimentare, oltre che la realizzazione di più posti di lavoro per le nuove generazioni e, soprattutto, la volontà di creare valore aggiunto nei territori, unitamente ad una maggiore manifattura e lavorazione agroindustriale”.

Akinwumi Adesina, Presidente della Banca Africana di Sviluppo, nel discorso pronunciato ad agosto del 2018 alla FAO, ha affermato che “L’Africa ospita la più grande frontiera agricola che fronteggia il deserto ovvero 400 milioni di ettari di terra di cui soltanto il 10% è coltivata”. Oggi, qual è la vera sfida da affrontare per il continente africano?

“Sintetizzando, possiamo affermare che la gran parte dei terreni agricoli inutilizzati nel globo, circa il 60%, è proprio in Africa. A questo uniamo il problema che la maggior parte degli agricoltori africani opera in “aziende familiari” su piccoli terreni, offrendo una scarsa produzione. Inoltre, la quasi totale assenza di consorzi o cooperative impedisce lo sbocco delle attività a mercati rilevanti e al credito. Questa sarà la principale sfida da affrontare per il continente africano e sarà la grande opportunità di cooperazione per l’Italia che, con un rapporto paritetico del Piano Mattei, dovrà offrire aiuto anche per contrastare il fenomeno del “land grabbing”, ossia un fenomeno economico predatorio, esploso nel 2008 e che ha dato vita a un flusso di investimenti e di capitali, soprattutto, provenienti da Paesi sviluppati o emergenti, finalizzato all’accaparramento di terreni agricoli nelle regioni del sud del mondo”.

A fronte di tali dati e considerazioni, quale sarà la linea che il G7 adotterà?

“Sulla linea dello sviluppo in agricoltura, il G7 di Ortigia, tra i vari punti in agenda, discuterà, con tutta probabilità, sulla messa in pratica dell’area di libero scambio prevista dall’African Continental Free Trade Area (AfCTA), che ha l’intento di collegare 53 economie africane, coinvolgendo un totale di 1,3 miliardi di persone e con un PIL complessivo di 3.400 miliardi di dollari. L’African Continental Free Trade Area (AfCFTA), istituita da un accordo internazionale, com’è noto, è l’obiettivo dell’agenda 2063 “l’Africa che vogliamo”. In sintesi, è la strategia di sviluppo a lungo termine adottata dall’Unione Africana per portare  la stessa Africa a divenire una potenza economica globale, con la finalità di eliminare progressivamente le barriere che ostacolano il commercio intra africano, impegnando gli Stati membri a dotarsi di un quadro istituzionale per l’implementazione e la gestione dell’accordo stesso, cooperando, in particolare, in materia di investimenti, diritti di proprietà industriale e politica della concorrenza e in materia”.

Anche l’attuazione della Convenzione di Malabo verrà affrontata durante il G7 di Ortigia?

“Innanzitutto, ricordiamo che la Convenzione di Malabo è stata ratificata da Angola, Capo Verde, Costa d’Avorio, Congo, Ghana, Guinea Equatoriale, Mozambico, Mauritania, Mauritius, Namibia, Niger, Ruanda, Senegal, Togo e Zambia. Gli stati che invece hanno sottoscritto la Convenzione, ma non l’hanno ancora ratificata sono Benin, Camerun, Ciad, Comore, Gibuti, Gambia, Guinea-Bissau, Sierra Leone, Sud Africa, Sao Tomé e Principe, Tunisia e Sudan. Assenti, Nigeria, Kenya, Egitto e Uganda. Come annunciato recentemente dai media, Il G7 metterà sul tavolo certamente l’attuazione della Convenzione di Malabo, per creare un quadro giuridico in Africa capace di contrastare il crimine informatico, garantendo maggiore sicurezza nello sviluppo dell’e-commerce e proteggendo i dati personali, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona”.

Il focus di Ortigia e, soprattutto, i progetti che verranno proposti al G7, in conclusione e auspicabilmente, quali saranno?

“Il vero focus di Ortigia molto probabilmente sarà quello sugli investimenti in agricoltura, fondamentali per rafforzare il partenariato tra il nostro paese e il continente africano. L’import italiano dall’Africa è pari a 38 miliardi di euro e, come ho già accennato, l’agroalimentare non è tra i punti forti, in quanto il 68% delle importazioni è di materie prime energetiche. Quindi, sicuramente, potenziare il settore agricolo, offrirà un deciso balzo in avanti alla soluzione delle priorità dei governi africani e un importante rafforzamento della cooperazione tra Italia e Africa. Tra i progetti che verranno proposti al G7, tra i più importanti, come già evidenziato da alcune note stampa, ci sarà quello del ‘Seed Certification’, in merito allo sviluppo del settore sementiero e che si focalizzerà su 14 Paesi, quali Burkina Faso, Costa d’Avorio, Etiopia, Ghana, Malawi, Mali, Mozambico, Niger, Nigeria, Rwanda, Senegal, Togo, Uganda e Zimbabwe, nonché ‘l’Africacampus’ che ha il fine di formare i giovani africani, professionalizzandoli nel settore agricolo e che presumibilmente verrà attuato nel Corno d’Africa, coinvolgendo Etiopia, Kenya e Uganda e nell’Africa occidentale, coinvolgendo il Senegal. In conclusione, il Piano Mattei, nonostante il chiacchiericcio dei media ideologizzati, va avanti a vele spiegate, cercando, per quanto possibile, di affrontare ‘chirurgicamente’ i diversi ostacoli che schiacciano lo sviluppo dell’Africa, offrendo know how, tecnologie avanzate, formazione per le nuove generazioni, rispetto e un rapporto alla pari”.

Achiropita Curti: