La situazione dei carceri italiani, si sa, non è sempre delle migliori. Eppure, nonostante le mille difficoltà, il carcere rappresenta pur sempre un luogo di rinascita. Il posto da cui ripartire per tornare ad essere delle persone migliori, indipendentemente dal motivo della pena che si sta scontando. Molti istituti di detenzione, infatti, offrono progetti di reintegrazione sociale che partono proprio dal lavoro per offrire dignità ai detenuti e soprattutto una vera e concreta seconda possibilità.

In giro per l’Italia sono tante le realtà belle che si incontrano ed Interris.it le sta raccontando oggi torniamo ad Alessandria dove abbiamo raccontato di Social Wood, la prima Bottega Solidale in un carcere italiano! Il progetto, avviato nell’Istituto Penitenziario “Cantiello e Gaeta” di Alessandria, crea lavoro per detenuti, sostiene diverse realtà sociali del territorio e sviluppa idee a favore del terzo settore promuovendone la sostenibilità.

SocialWood non è solo manufatti in legno riciclato, ma è anche Fuga di Sapori il marchio di SocialWood nato per promuovere i prodotti di Economia Carceraria e dare vita a nuove collaborazioni con realtà che producono in diverse carceri italiane e fare emergere quanto di buono viene prodotto. Il laboratorio artigianale coinvolge e impiega i detenuti restituendo loro dignità e autonomia, il tutto nel pieno rispetto dell’ambiente.

Il progetto, nato dall’idea di Andrea Ferrari, raccoglie due importanti sfide della società moderna: la rieducazione del detenuto, come sancito dall’art. 27 della Costituzione, e i principi di Economia Circolare. Fuga di sapori con Social Wood vuole essere l’incipit di un progetto più ambizioso e strutturato verso la creazione di un’impresa sociale.

Molta attenzione è data alla sostenibilità e al lavoro in rete con altri enti del terzo settore: crediamo infatti che i progetti sociali debbano auto sostenersi e sviluppare profonde sinergie tra tutti gli enti che operano con spirito sociale e di solidarietà.

Per tali motivazioni tutti i fondi raccolti grazie alle vendite verranno impiegati per acquistare nuovi attrezzi per la falegnameria, la formazione e il lavoro dei detenuti, offrendo loro una concreta possibilità di reinserimento lavorativo a fine pena. Un progetto confezionato per far nascere Fuga di sapori.

La bottega è sulle mura di cinta

“Una sera uscendo dal carcere dopo una riunione ci rendemmo conto che proprio sulle mura di cinta c’erano due garage chiusi – racconta Andrea Ferrari, responsabile del progetto -. Subito pensammo a come fosse stato bello se quelle due serrande fossero state aperte con la possibilità di metterci due belle vetrine per far vedere i prodotti di social wood in modo da avere uno sfogo sulla città e far vedere che dentro vengono fatte delle cose. Perché il problema del lavorare in carcere è che se anche si fanno cose belle fuori non sempre si sa”.

Nasce Fuga di Sapori

“Io lanciai l’idea ma quasi per ridere perché non credevo fosse pensabile e invece l educatrice mi diede carta bianca. Bisognava trovare qualcuno che si impegnasse a seguire il progetto. Dopo un anno e mezzo di peripezie varie abbiamo anche avuto il benestare del ministero dei beni culturali e siamo riusciti a ristrutturare questi locali. Oggi abbiamo circa 120 metri quadrati che abbiamo recuperato e abbiamo arredato con i mobili della falegnameria con dei lampadari antichi di legno in travertino e rimessi a nuovo, a tutti i mobili fatti in pellet dai detenuti. Gli stessi che lavorano per social wood hanno fatto questa cosa qui. I lavori sono stati fatti dai detenuti, tranne gli impianti elettrici ed idraulici per ovvi motivi”.

L’unico negozio in Italia sulle mura di cinta di un carcere

“Oggi c’è un negozio a tutti gli effetti proprio accanto al cancello del carcere, una cosa un po’ strana. L’idea era quella di esporre ciò che fanno i dipendenti di social wood ma erano mobili vuoti. Per questo abbiamo pensato di riempirli con i prodotti di alta qualità dei vari realizzati nei vari carceri italiani. Per esempio il progetto dei biscotti “Dolci evasioni” del carcere di Siracusa. Abbiamo allargato anche alle malefatte di Venezie con le loro borse, i detersivi del carcere di Trento. Con il caffè della cooperativa Lazzarelle di Pozzuoli abbiamo fatto una crema di caffè “La Brigantella” che finanzia anche la “Fondazione Solidal” dell’ospedale di Alessandria sulla ricerca delle malattie più rare. In questo modo cerchiamo di unire il mondo carcerario con quello della ricerca”.

Una produzione made in Italy sotto un marchio solidale

“Per noi è molto importante perché avere una produzione di qualità con un ingrediente di economia carceraria. Cerchiamo di mettere quanto di buono fatto dentro e lo produciamo con un marchio solidale”.

Cosa significa fare impresa nel sociale in un modo in cui si è sempre più attaccati al denaro?
“Significa tornare al vero concetto di impresa perché questo nasce non con una logica di profitto estrema. Io sono di Alessandria e se penso a cosa è stato Borsalino per il territorio vedo una persona che ha fatto del bene per tutti. Fare impresa sociale significa tornare ad un concetto di utilità per chi ne ha più bisogno con possibilità di fare nuovi investimenti. Il tutto senza essere legati solo concetto di arricchimento personale, ma del territorio”.