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Fuga di cervelli: perché il mondo del lavoro non trattiene i giovani italiani

L'intervista di Interris.it a Raffaele Marchetti, Prorettore dell’Università Luiss, sul problema della fuga dei cervelli all'estero

La crisi economica porta molti giovani a decidere di lasciare il nostro Paese e cercare lavoro oltre i confini italiani dove anche il salario è più allettante rispetto al nostro standard.

L’eccellenza delle nostre università

La fuga dei cervelli è un fenomeno che porta figure qualificate ad emigrare verso altri Paesi europei e non, dove le condizioni lavorative sono migliori e la remunerazione è più alta rispetto a quella italiana. Questo processo ha subito una forte spinta a partire dagli anni 2000 in concomitanza con l’inizio della crisi economica che ha colpito la nostra bella Italia. Il fatto che un giovane italiano sia così ben voluto dal mercato professionale estero significa che la sua formazione universitaria è molto buona e questo fattore è fonte di orgoglio per l’intero sistema scolastico italiano. “Le nostre università sono eccellenti perché grazie a un corpo docente molto qualificato sono in grado di fornire ai ragazzi delle ottime competenze” dice Raffaele Marchetti, Prorettore dell’Università Luiss, intervistato da Interris.it a margine del seminario “Diaspora, Italicità, Cittadinanza, Sviluppo” organizzato dall’intergruppo parlamentare Italici, per un futuro Glocal.

La ricerca del lavoro

Una volta formati molti di questi giovani scelgono di andare all’estero perché, spiega il Prof. Marchetti: “Il sistema economico italiano non riesce ad assorbire tutto il capitale umano che si è formato nelle nostre università e perché l’accesso al mondo del lavoro spesso non segue dei metodi del tutto trasparenti e meritocratici. Questo comporta che in Italia sia più semplice trovare lavoro tramite un contatto personale piuttosto che con il proprio curriculum vitae e significa che qualora una persona non abbia alcuna conoscenza da usare trova difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro”. 

Gap salariale

Questa diaspora è figlia anche del gap salariale che c’è tra l’Italia e l’estero, per cui molti giovani sentendo che la remunerazione proposta non è all’altezza delle proprie competenze ed aspettative decidono di trasferirsi per conseguire una fascia reddituale più alta. Nonostante questa sia la realtà il Prof Marchetti rileva che “gli stipendi in Italia sono bassi, ma allo stesso tempo ricordiamoci bene che lo stesso costo della vita è minore rispetto a quello di altre realtà straniere”. 

Le conseguenze

La fuga dei cervelli fa male all’economica italiana dal momento che per educare ogni singolo ragazzo il nostro Stato “investe molto e poi regala questa formazione ad altri Paesi” dice Marchetti. C’è però anche un aspetto positivo, ovvero “questi giovani che vanno all’estero mandano dei capitali in Italia e qualora decidessero di tornare – conclude – lo faranno con un bagaglio di competenze senz’altro più arricchito rispetto a quello di partenza”. 

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