La tutela della natalità nella legge di bilancio. Il piano famiglia e l’assegno unico

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Intervento del governo per la natalità. L’ultima finanziaria ha aumentato l’assegno unico per il primo figlio. E poi dal terzo figlio in poi, fino a tre anni. A ciò si aggiunge la crescita forfettaria e strutturale degli aiuti alle famiglie numerose. Le modifiche hanno portato a una spesa che nei primi 7 mesi del 2023 è arrivata a 10 miliardi di euro. E continuando di questo passo, dovrebbe arrivare a superare i 17 miliardi alla fine dell’anno. Rispetto al 2022, quando la spesa complessiva ha raggiunto i 12,5 miliardi di euro, si tratta di un incremento di 4,6 miliardi (in aumento del 37%). A incidere è l’aumento del numero giovani beneficiari, che è passato da una media di 8,6 milioni del 2022 a 8,9 milioni (+3,8%). E delle famiglie che da 5,3 milioni sono salite a 5,6 milioni (+4,4%). Ciò porta al risultato di 1,6 figli per famiglia beneficiaria dell’assegno. L’importo attuale è di 161 euro per 8,9 milioni di figli.

A favore della natalità

Novità in arrivo per l’assegno unico universale. Lo strumento introdotto in Italia a gennaio del 2022 punta a semplificare e potenziare gli interventi diretti a sostenere la genitorialità e la natalità. Con la prossima legge di bilancio si vorrebbe incrementare il contributo che oggi interessa 8,9 milioni di figli, beneficiari di un bonus mensile pari a 161 euro. Il governo ha messo il capitolo “natalità” in cima alla lista dei desideri della prossima legge di bilancio. Il ministro per la Famiglia, Eugenia Roccella scende nei dettagli. Annunciando che si punterà “in particolare sul secondo figlio ed anche sul terzo“. E aggiunge: “Abbiamo immaginato, diciamo così, un pacchetto secondo figlio”. La legge prevede che il sostegno economico alle famiglie viene attribuito per ogni figlio a carico. Fino al compimento dei 21 anni. In determinate condizioni. E senza limiti di età per i figli disabili. L’importo spettante varia in base alla condizione economica del nucleo familiare. Sulla base di Isee valido al momento della domanda. Tenuto conto dell’età e del numero dei figli nonché di eventuali situazioni di disabilità dei figli.

Assegno unico

Tutti hanno diritto all’assegno unico e universale in quanto viene garantito in misura minima a tutte le famiglie con figli a carico. Anche in assenza di Isee o con Isee superiore alla soglia di 43.240 euro. L’assegno unico oggi è riconosciuto ai nuclei familiari. Per ogni figlio minorenne a carico e, per i nuovi nati, decorre dal settimo mese di gravidanza. Per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni. A condizione che frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea. Svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa e possieda un reddito complessivo inferiore a 8mila euro annui. Sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego. Svolga il servizio civile universale; per ogni figlio con disabilità a carico, senza limiti di età. “L’Inps sta erogando una serie di servizi che il legislatore ha pensato per facilitare la vita famigliare e lavorativa degli italiani. Mi riferisco in particolare all’assegno unico universale che secondo i nostri dati ha raggiunto il 90% degli aventi diritto. Per un totale di 10 milioni di bambini e 16 miliardi di euro spesi. Questa è una misura importante a sostegno delle famiglie“, evidenzia il commissario straordinario dell’Inps, Micaela Gelera.

Misure per i genitori

“Altra misura importante -ha spiegato ancora Gelera- è il congedo parentale. Il governo ha voluto estenderlo in termini di periodo di diritto. Rendendolo obbligatorio anche per i dipendenti pubblici. Si tratta di una misura molto utilizzata ma soprattutto dalle donne, nonostante anche i papà ne possano usufruire. Su 80mila donne, sono 20mila i papà che ne usufruiscono“, ha continuato. “Anche il congedo paternità ha avuto un grande incremento, un +20% rispetto al 2018 ma l’adesione è solo al 64% e quindi molto più bassa rispetto ai Paesi dell’Unione Europea. E poi il bonus nido che ha raggiunto circa il 34% dei bambini e consente di recuperare il 60% del costo nel caso dei nidi privati. E il 70% nel caso di quelli pubblici“, ha osservato.

Caso Trentino

Dopo il no all’indicizzazione dell’Icef, la IV Commissione consiliare della Provincia di Trento ha bocciato la proposta sindacale di adeguare gli importi dell’assegno unico provinciale per recuperare l’inflazione. “Questa decisione è una conferma – dicono i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Pur avendo disponibilità di risorse la Provincia ha deciso di non sostenere le famiglie trentine che hanno dei figli. Ci vuole veramente un notevole sforzo di creatività per continuare a sostenere che si aiutano le famiglie e si sostiene la natalità. Perché i figli non basta farli. Bisogna poi mantenerli. Come conseguenza di questa decisione il valore economico reale dell’assegno continuerà ad essere più basso e le famiglie più povere.

Sotto pressione

Gli importi, infatti, sono fermi dal 2018 e nel frattempo il costo della vita in Trentino è cresciuto del 15 per cento. A svantaggio soprattutto dei redditi fissi. Senza adeguamento, inoltre, ci potranno essere famiglie che perdono il beneficio, proprio in un momento in cui i redditi sono già sotto-pressione. Come è risultato evidente anche dall’ultima analisi Ispat sulla capacità delle famiglie trentine di far fronte alle spese impreviste”. I sindacati confederali hanno proposto di alzare la soglia di reddito per accedere al beneficio, portandola dagli attuali 50,5 mila a 57,5 mila euro, “un incremento del 10,3 per cento che avrebbe almeno neutralizzato l’inflazione registrata tra il 2018 e il 2022″. I sindacati Hanno anche proposto di alzare la soglia di deduzione del reddito da lavoro femminile, dagli attuali 6mila euro l’anno a 15mila.

Nadef

Un beneficio in busta paga fino a 120 euro in più al mese per i redditi medio-bassi. Potrebbe essere questo l’effetto combinato del taglio del cuneo fiscale e della nuova Irpef a tre aliquote che il governo punta ad inserire in manovra. Una doppia mossa destinata ad assorbire praticamente tutti i 14 miliardi del tesoretto ricavato in deficit con la Nadef. Proprio il sostegno dei redditi più bassi è una delle priorità su cui il governo intende convogliare le risorse della manovra. Una direzione che la stessa premier Giorgia Meloni rivendica come una sua “scelta politica”. L’altro pilastro sono appunto le famiglie, soprattutto quelle più numerose, per le quali sono allo studio diversi interventi. Dal rafforzamento dell’assegno unico fino all’ipotesi di un azzeramento dell’Irpef per i nuclei numerosi. Il rilancio della natalità è per il governo una priorità. Ma è anche un’emergenza certificata dai dati statistici.

Sos natalità

Il quadro demografico certificato dall’Istat, infatti, parla di famiglie che crescono, ma i nuclei sono sempre più piccoli e sempre di più sono le coppie senza figli. Con il risultato che la popolazione italiana è destinata a calare dai 59 milioni al primo gennaio 2022 a 58,1 milioni nel 2030, fino a 45,8 milioni nel 2080. E così nella prossima manovra la “natalità” verrà tradotta in “misure concrete più strutturali” rispetto a quelle della precedente, annuncia il sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano, sottolineando che “la denominazione del ministero di cui è titolare Eugenia Roccella non è un’etichetta ma un impegno per tutto il governo”. Sul tavolo c’è già un nuovo intervento sull’assegno unico. Nella prima finanziaria è stato aumentato per il primo figlio e poi dal terzo figlio in poi fino a tre anni e successivamente anche in modo forfettario e strutturale per le famiglie numerose. “Altrettanto faremo in questa nuova finanziaria”, annuncia la ministra: “In particolare l’intervento sull’assegno unico sarà focalizzato sul terzo figlio. Mentre per il secondo è allo studio un pacchetto di altre misure più articolato”.

Per le famiglie

Per le famiglie si studiano anche una serie di altre misure. Dagli aiuti alle famiglie con 3 figli, che potrebbero passare attraverso un azzeramento dell’Irpef per i nuclei più numerosi, alle agevolazioni per chi assume le mamme. L’altro pilastro della manovra sarà la conferma anche per il 2024 del taglio del cuneo già in vigore da luglio (7 punti in meno per i redditi fino a 25mila euro e 6 per quelli fino a 35mila), che il governo punta ad associare alla rimodulazione dell’Irpef da 4 a 3 aliquote. Si partirà dai redditi più bassi, accorpando i primi due scaglioni (quello fino a 15 mila euro con aliquota al 23% e quello tra 15 e 28mila con aliquota al 25%) con un’unica aliquota al 23%. I calcoli sono ancora in corso, ma l’obiettivo è “agire in modo congiunto”, spiega il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo che stima “un vantaggio mensile di circa 120 euro”. Una doppia mossa necessaria, per evitare che i benefici del taglio del cuneo vengano poi erosi dalle tasse.

Contributo al 30%

Secondo i calcoli della Fondazione dei commercialisti l’effetto migliorativo sulla busta paga mensile varierebbe dai 67 euro per i redditi di 15 mila euro a 120 euro per i redditi di 35 mila, per poi ridursi a 22 euro mensili per chi sta sopra i 35 mila euro, che non beneficia del taglio del cuneo. Tra le misure allo studio spunta intanto anche un bonus elettrodomestici. Una proposta di legge targata Lega per incentivare il ricambio dei vecchi elettrodomestici con nuovi modelli ad alta efficienza, propone un contributo al 30% del costo di acquisto. Fino al tetto di 100 euro, che raddoppia per i nuclei con Isee fino a 25mila euro. “La proposta è depositata in commissione alla Camera: ma ne sto frenando l’incardinamento – spiega il presidente leghista Alberto Gusmeroli, che l’ha presentata – perché il ministro Giancarlo Giorgetti sta valutando se inserirla già in manovra.
Giacomo Galeazzi: