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Fiasco: “L’inflazione incide sui ceti più deboli e riapre le crepe delle diseguaglianze”

L’intervista di Interris.it al sociologo Maurizio Fiasco sulla situazione sociale del Paese dalla pandemia all’inflazione in doppia cifra di oggi

L’esperienza della pandemia, un evento di un’importanza e di una criticità tali che il nostro Paese non si trovava più ad affrontare probabilmente dall’ultimo conflitto mondiale, ha riguardato l’intera popolazione che, nel momento della massima difficoltà, ha reagito riscrivendo le proprie priorità e riscoprendo l’importanza di essere comunità, pervasa e permeata da intenti e gesti solidali, grazie alla capillarità territoriale e relazionale dell’associazionismo. È questa la luce che brilla in fondo al buio tunnel della pandemia da cui sembrava non si uscisse mai, secondo il sociologo Maurizio Fiasco, che non concorda con il ritratto di un’“Italia malinconica” stilato dal Censis nell’ultimo rapporto annuale sulla situazione del Paese. Un ritratto che, per Fiasco, “echeggia la poetica di Guido Gozzano”, con riferimento al poeta e scrittore del crepuscolarismo di inizio Novecento, mentre mancherebbe ancora un bilancio di come sono cambiati gli italiani in questo biennio. In aggiunta, secondo il sociologo, nei momenti più duri della crisi sanitaria (che è stata anche sociale ed economica), le autorità di governo hanno optato per una risposta di stampo neokeynesiano, coniugando scelte di politica sociale e di politica economica: sia per non lasciare indietro nessuno sia per consentire alle forze produttive del Paese di non crollare del tutto e invece di potersi rialzare. E infatti si è ottenuta una sorprendente crescita del Pil, che nel 2021 è stata stimata da Istat superiore al 6%, per poi proseguire nel 2022, con un recupero di 3,9 punti. Nonostante questi dati confortanti, lo studioso non trascura di considerare quali potrebbero essere alcune “scorie” lasciate dalla pandemia sulla popolazione, soprattutto sulle persone anziane e sui più giovani e giovanissimi. I lunghi periodi di distacco e solitudine che hanno vissuto anziani e ragazzi, con questi ultimi che hanno dovuto rinunciare, e in un momento cruciale della loro crescita, non solo alle attività educative, ma anche alla socialità. Sono ben visibili le tracce di sofferenza, che ora vanno cancellate con il ritorno alla vita di relazione per gli anziani. Dal lato dei giovani, occorre far loro recuperare un soddisfacente livello di benessere psicofisico, rilanciando la pratica di attività sportive. Ma oggi lo scenario economico e sociale – secondo l’analisi di Fiasco – presenta il ritorno, e dopo 40 anni,  dell’inflazione a doppia cifra. A differenza del Covid-19, l’inflazione non è però un male “imparziale”, da fronteggiare uniti, bensì una situazione che incide sui ceti più deboli riaprendo le crepe delle diseguaglianze.

L’evoluzione

“Durante la pandemia si sono espresse quelle doti di resistenza e di solidarietà che gli italiani manifestano nelle tragedie collettive. Senza grandi distinzioni sociali, culturali, di classe, tutti hanno avuto motivo per una evoluzione umana e civile”, afferma il sociologo, poiché “è accaduto qualcosa di profondo nell’atteggiamento degli italiani. Insieme abbiamo assistito a un’azione determinata, costante, dei Comuni, dell’associazionismo dei territori, della Chiesa”. “Di fronte a una tragedia del genere è stato necessario che tutte le generazioni ritrovassero una disciplina sociale. Ciascuno ha riscritto le proprie priorità: quali sono le cose che contano effettivamente nella vita e quali invece sono superflue”, continua Fiasco. “Siamo andati all’essenziale sia nei rapporti umani che ne consumi”, prosegue, “e nella prima estate successiva al lockdown c’è stata un boom del turismo, qualcosa di analogo all’esplosione di vitalità che è seguita all’ultima guerra mondiale”.

Meno Friedman, più Keynes

I dati macroeconomici, continua Fiasco, dicono che l’Italia ha tenuto – come economia e come società – ed è ripartita dopo il momento più buio grazie anche alle scelte essenziali dei governi, prima del “Conte II” e quindi di quello di Mario Draghi poi.  Il governo guidato dall’ex governatore di Bankitalia ed ex presidente della Banca centrale europea avrebbe infatti optato, “di fronte alla crisi e al blocco delle attività economiche per l’emergenza sanitaria” per una “politica economica” che vedeva nella sofferenza delle famiglie la priorità del momento. Misure nel segno dell’equità, evidenzia, e aiuti dove ce n’era bisogno: “I ristori, le garanzie bancarie, il blocco degli sfratti, il blocco dei licenziamenti”.  “Una scelta differente da quella monetarista adottata nella crisi di dieci prima, quando l’intento era quello di liberare tutte le energie del mercato, secondo le teorie di Milton Friedman”, sottolinea Fiasco. La continuità e l’evoluzione dei provvedimenti presi nei due esecutivi che hanno fronteggiato la pandemia sono state nelle scelte di politica sociale e di politica economica dove le prime, dettate dalla solidarietà, sono state un volano per la ripresa. “Si ritiene che politica sociale sia solo costo e non sia correlata alla politica economica, ma la solidarietà dispiegata è diventata un driver per la ripartenza perché ha avuto un effetto anti-recessivo”, spiega il sociologo, “ha infatti aiutato chi era in condizioni più precarie nella sua domanda di beni primari evitando che un eventuale crollo dei consumi trascinasse con sé anche la domanda di beni non primari da parte chi ha un reddito più elevato”.  Il riscontro, continua il sociologo, sono indicatori come la crescita economica e il lieve calo del rischio povertà, dati entrambi registrati dall’Istat. “Siamo il Paese con le rilevanze economiche più performanti nell’Unione europea” – la crescita stimata nel 2021 dall’istituto nazionale di statistica era al 6,6% circa, mentre secondo Eurostat la media dell’Eurozona è stata del 5,2% circa – e si stima che l’insieme delle politiche a sostegno delle famiglie abbia ridotto il rischio di povertà, facendolo scendere dal 18,6% al 16,8%.

Le “scorie” della pandemia

Se il sistema-Paese ha saputo organizzarsi e reagire, ciò non vuole dire che la crisi generale causata dalla pandemia non abbia inciso profondamente sulla vita di tutti, soprattutto nei soggetti più fragili, perché più avanti negli anni, e delicati, perché nell’età dello sviluppo. “L’emergenza ha riguardato i due ‘estremi’: le persone anziane, con il distanziamento sociale della terza età che ha reso più pesante la loro condizione, e i più giovani, fermati nella naturale fisicità, esclusi dal contatto diretto con gli insegnanti, limitati nelle relazioni tra coetanei. Molti ragazzi hanno anche abbandonato la pratica dello sport, che è una colonna portante nell’educazione alla salute”, dice Fiasco. Il sociologo ritiene però che per la società italiana le difficoltà gravi si presentino adesso, per via dell’inflazione a due cifre, ovvero di un male che non penalizza tutti come un problema universale. “L’inflazione aggrava quelle diseguaglianze sociali, riaprendo quelle ferite che erano state ‘suturate’ durante la pandemia. Quando ‘eravamo tutti sulla stessa barca’. L’inflazione penalizza la società già povera e permette a minoranze speculative e senza scrupoli di trarre vantaggi dai fallimenti sociali ed economici di tante imprese e famiglie”.

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