L’attacco armato lanciato dalle milizie di Hamas contro Israele iniziato il 7 ottobre 2023 ha riportato l’attenzione internazionale sull’ostilità tra Israele e Palestina che, nei decenni scorsi, ha portato a numerosi episodi di violenza e a una serie di guerre che hanno coinvolto anche altri paesi.
La nascita di Israele
La risoluzione 181 delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947 ha sancito, allo scadere del mandato britannico sui territori palestinesi, ovvero il 15 maggio 1948, la nascita di due stati su quel territorio: uno arabo e l’altro ebraico. Gli arabi non hanno accettato la risoluzione e così, con una dichiarazione unilaterale di Ben Gurion e dei leader della popolazione ebraica in Palestina, è nato lo stato israeliano. Alla base del conflitto permane quindi una disputa territoriale, scoppiata con la creazione dello Stato di Israele e ulteriormente complicatasi con la nascita di Hamas.
L’obiettivo di Hamas
Le milizie di Hamas, che hanno avviato l’attacco di questi giorni, sono nate nel 1987 e il loro acronimo Harakat al-Muqawwama al-Islamiyya, significa Movimento di Resistenza Islamica. È un’organizzazione religiosa islamica palestinese di carattere paramilitare e politico, considerata un gruppo terroristico da Israele e dai Paesi occidentali, il cui obiettivo dichiarato è quello di costituire uno Stato islamico in tutta la Palestina storica, ovvero quella segnata dai confini precedenti al 1948. Nel programma di Hamas, inoltre, figura anche l’obiettivo di distruggere Israele. Interris.it, in merito al conflitto in atto e alle azioni necessarie per favorire la pace, ha intervistato Danilo Feliciangeli, coordinatore dei progetti umanitari in Terra Santa di Caritas Italiana.
L’intervista
Come si è sviluppata nel corso degli anni l’azione di Caritas in Terra Santa?
“La Caritas purtroppo, in Terra Santa come in altri paesi del Medioriente, nasce in risposta a emergenze umanitarie, come quella di questi giorni, dovute al conflitto israelo – palestinese che va avanti da più di settant’anni. Quindi, Caritas Gerusalemme, sostenuta da Caritas italiana e da altre un po’ di tutto il mondo, nel tempo ha portato avanti programmi di assistenza umanitaria, fornendo generi di prima necessità, assistenza medica mediante delle cliniche, alcune delle quali ancora attive, sia nei territori palestinesi occupati che a Gaza. L’attività, quindi, è principalmente centrata sull’aspetto umanitario e, negli ultimi quindici anni, si è evoluta anche attraverso attività concentrate sullo sviluppo, ovvero sul miglioramento delle condizioni economiche di famiglie, comunità e villaggi attraverso specifici progetti di sviluppo economico; in particolare sotto il profilo agricolo, artigianale e del commercio cercando di valorizzare al meglio le risorse locali”.
Qual è la situazione attuale? A seguito degli avvenimenti di questi giorni quali sono le vostre speranze per la pace?
“La situazione di questi giorni è drammatica, la più grave che si sia mai vista dagli anni ’70 in poi con la guerra del Kippur. I fatti attuali, purtroppo, potrebbero portare ad una drammatica escalation. Da ciò che si capisce, l’azione di questi giorni, è stata pianificata nel tempo e nei dettagli da parte del gruppo terroristico ‘Hamas’. Il dettaglio che la differenzia dalle azioni precedenti è la pianificazione di un intervento armato portato a termine anche dentro in territorio di Israele e non solamente mediante il lancio di razzi da Gaza. Il bilancio delle vittime è terribile da entrambe le parti e saranno sempre di più. Siamo molto preoccupati per le ripercussioni al livello internazionale, sembra che, Hezbollah, dal Libano sia attivo con dei lanci di razzi, ci sono manifestazioni in sostegno dei palestinesi in diversi paesi arabi e soprattutto in Iran. Il contesto mediorientale è travagliato da decenni di conflitti, crisi economico finanziarie (come in Libano) e fenomeni naturali come il terremoto. La nostra unica speranza è che ci sia un gesto di buonsenso in cui si cerchi di non arrivare allo scontro finale, limitare i danni, fermarsi il prima possibile e intavolare dei negoziati. La situazione attuale purtroppo non sorprende. Quest’emergenza arriva in un periodo in cui, la tensione tra Israele e Palestina, è aumentata sempre di più e, con l’occupazione israeliana e l’attuale governo palestinese, le prospettive erano ancora peggiori. Ciò che è successo, dal punto di vista militare era inaspettato ma, dal punto di vista sociale, considerata la tensione, era nell’aria”.
Caritas, attraverso la sua azione, ha sempre favorito l’attenzione e la riconciliazione tra Israele e Palestina. Quale appello rivolgerebbe in merito ai governanti di entrambe le parti?
“Più che ai governanti rivolgerei un appello alla popolazione. In questi anni, i governanti, da tutte e due le parti, non sono brillati per la capacità di smorzare questo conflitto. È importante che, il popolo non segua chi strumentalizza l’odio e le differenze. Serve una pedagogia dell’incontro affinché, da quest’ultimo, ci si renda conto di quanto, il conflitto, sta danneggiando tutti i cittadini, da un lato e dall’altro. Serve un gesto forte da parte della popolazione verso queste classi dirigenti che, ormai da 70 anni, stanno dimostrando di non volere la pace”.