Dall’impegno sul campo di una ong emerge il profilo di chi soffre la fame in Italia. Sono donne l’80% delle persone che hanno richiesto di aderire al programma di Azione contro la Fame. La loro età è compresa tra i 30 e i 60 anni. Più della metà dichiara di essere divorziata, separata o single. Nel 90% dei casi si tratta di famiglie con uno o più figli a carico. E in buona parte di contesti monoparentali. “La crisi legata al Covid ed ora le conseguenze economiche della guerra in Ucraina stanno ulteriormente aggravando l’insicurezza alimentare. Nel mondo e anche in Italia”, spiega il direttore generale di Azione contro la Fame. aggiunge Simone Garroni: “Per questa ragione, abbiamo pensato di attuare un intervento multisettoriale. Focalizzato non solo a sostenere la spesa nel momento dell’emergenza. Ma anche a offrire alle famiglie la possibilità di rientrare nel perimetro dell’autosufficienza. Come dice il nostro manifesto ‘Mai più fame’. Vogliamo, infatti, che a ogni persona, venga garantito il diritto al cibo. All’acqua. E ai mezzi necessari per garantire la salute e il benessere personale e della propria famiglia. In Italia e nel mondo. Sia oggi che domani”.
Fame in Italia
Azione contro la Fame ha realizzato un report sullo stato della povertà in Italia. E sull’ insicurezza alimentare che ne deriva. L’organizzazione utilizza un approccio integrato per contrastare la propagazione della “pandemia silenziosa della fame”. Un fenomeno che tocca sempre più il nostro Paese. E contro la quale parte il progetto “Mai più fame: dall’emergenza all’autonomia”. L’obiettivo dell’iniziativa è traghettare le famiglie beneficiarie da una situazione di emergenza alimentare ed occupazionale, ad una condizione di autonomia. L’intervento si articola su tre direttive. Sostegno alla spesa per l’acquisto di cibo e beni di prima necessità. Educazione alimentare per indirizzare i beneficiari verso una dieta sana e bilanciata. Che favorisca la salute e il benessere del nucleo familiare. Percorso di formazione ed accompagnamento all’inserimento lavorativo. Per favorire l’occupabilità (ossia la capacità della persona di trovare lavoro). E costruire la sicurezza alimentare nel lungo periodo.
Malnutrizione infantile
L’organizzazione internazionale è specialista contro la fame e la malnutrizione infantile. Il suo report analizza le l’insicurezza alimentare in situazioni di crisi. E la necessità di consentire alle famiglie vulnerabili di affrancarsi dal circolo vizioso della fame. Un programma innovativo. Per contrastare l’insicurezza alimentare in Italia. In questi anni di difficile congiuntura economica. L’allerta Covid-19 e, nelle ultime settimane, l’impatto della guerra in Ucraina. E’ necessaria, quindi, l’adozione di un approccio “olistico”. Che va al di là dei tradizionali programmi di aiuto. La povertà ha da anni un trend crescente. Secondo l’Istat sono ora 5,6 milioni le persone che in Italia vivono una condizione di povertà assoluta. Pari al 7,5% della popolazione. La crisi economica è stata aggravata dalla pandemia di Covid-19. E ha colpito duramente il mercato del lavoro. Con la conseguente riduzione del reddito in molti nuclei familiari. Ciò ha generato una condizione di insicurezza alimentare. Riducendo le possibilità di accesso ad una alimentazione sana e adeguata.
Insicurezza alimentare
La presenza di figli minorenni è legata fortemente all’indice di povertà nelle famiglie. Nelle situazioni di crisi le reti di sostegno pubbliche e private giocano un ruolo fondamentale. Per proteggere lo stato nutrizionale e la salute delle famiglie più vulnerabili. Tra le principali modalità di aiuto ci sono la distribuzione di alimenti e il sostegno economico. La distribuzione di alimenti ha consentito di aiutare centinaia di migliaia di persone toccate da una traiettoria sociale discendente. Ma è esposta ai vincoli della catena logistica. E dunque al rischio di focalizzarsi sui cibi secchi e non deperibili. Il sostegno economico è più flessibile. E consente l’acquisto in autonomia da parte del beneficiario. Che può così accedere ai cibi freschi. E arricchire quindi la qualità della dieta. Senza un’adeguata educazione alimentare c’è però il rischio di perpetrare schemi di acquisto preesistenti. Che non portano ad una giusta varietà e completezza della dieta. Occorre invertire la traiettoria sociale discendente. E ricreare le condizioni per la generazione del reddito e dell’autosufficienza. Nella maggioranza dei casi, infatti, le persone che si rivolgono alle reti di assistenza sociale cercano essenzialmente un lavoro. Ed è in mancanza di questo che chiedono cibo.
Crescita inclusiva
Il modello è basato sulle esperienze già fatte da Azione contro la Fame in Spagna, Palestina, Georgia. E in diversi Paesi dell’America Latina dove si sono rilevati miglioramenti sensibili delle abitudini alimentari delle famiglie dei beneficiari. E un impatto rilevante, già a breve termine, sul percorso lavorativo dei partecipanti al programma di miglioramento dell’occupabilità. E’ sulla base di questi risultati che, oltre a diversi riconoscimenti, il modello è stato insignito anche del Premio “RegioStar” dall’Unione Europea. Come buona pratica per promuovere una crescita inclusiva.