L’esperienza di housing sociale nel solco di San Luigi Guanella

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La struttura di housing sociale "Al Deserto" (© cooperativa sociale Nisida)

Il disagio abitativo e l’emergenza sociale da esso scaturita sono una questione seria e le ultime statistiche riportano che – in Italia – la stessa riguarda 1 milione e 475mila nuclei familiari, oltre il 5% del totale. Di queste 783 mila in disagio acuto e 692 mila con disagio grave. Tale emergenza ha visto diverse realtà del Terzo Settore agire con svariate strategie e progettualità con l’obiettivo di lenire le sofferenze scaturite da questo grave problema.

L’esperienza di Chiavenna

La casa deve essere considerata un diritto umano in quanto ogni individuo dovrebbe essere in grado di vivere in sicurezza, pace e dignità. È questo il punto dal quale partono i progetti di housing sociale dalla cooperativa sociale Nisida; una realtà operante sul territorio di Chiavenna, in provincia di Sondrio, da più di trent’anni che, in collaborazione con altre realtà del mondo associativo e cooperativo del territorio, sta continuando a perseguire e nel contempo innovare l’opera di accoglienza delle persone con fragilità iniziata negli anni ’20 del ‘900 dalla Congregazione dei Servi della Carità “Opera Don Guanella” presso la struttura denominata “Al Deserto”. Interris.it, in merito a questa esperienza di accoglienza che mette al centro la persona, ha intervistato Clemente dell’Anna, direttore di Nisida.

San Luigi Guanella

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone la struttura “Al Deserto”?

“La struttura ci precede di tantissimo tempo. È di proprietà della Congregazione dei Servi della Carità “Opera Don Guanella”. Quindi, l’accoglienza che costituisce il cuore della struttura, era già praticata da loro. L’edificio risale al 1925, le prime persone accolte sono state gli emarginati, gli anziani e persone con disabilità, la storia ormai è centenaria. Noi siamo dentro la struttura dal 2004. Originariamente abbiamo gestito il convitto maschile precedentemente gestito dai guanelliani per alcuni anni scolastici e poi abbiamo cominciato a ripensare la struttura. Gli spazi del convitto sono diventati un ostello per la gioventù, abbiamo ricavato degli appartamenti di accoglienza e degli spazi comunitari su finanziamenti di bandi Cariplo e, oltre a ciò, delle raccolte fondi che abbiamo fatto sul territorio. In seguito, si è unita a noi un’associazione di famiglie, quindi, al “Deserto”, vivono tre famiglie vocate all’accoglienza, le quali fanno appunto parte dell’associazione “Comunità e Famiglia” che ha un rapporto diretto con la Congregazione “Opera Don Guanella”. La cooperativa “La Quercia” utilizza gli spazi del pian terreno per una grossa cucina che svolge attività di catering per le scuole di Chiavenna nella quale c’è anche una attività di inserimento lavorativo. Negli appartamenti di accoglienza vengono ospitate persone con fragilità economica, familiare nonché personale e, dal 2011, in collaborazione con la Caritas, abbiamo cominciato ad accogliere migranti. Progressivamente, tutti e tre gli appartamenti realizzati, sono stati destinati all’accoglienza degli stessi”.

In che modo e con quali azioni favorite l’housing sociale delle persone che hanno varie fragilità?

“L’housing sociale è nato dentro Nisida che svolgeva già attività di accoglienza in spazi che aveva a disposizione. Si è costituito come servizio più strutturato con i tre appartamenti della struttura “Al Deserto”. Sono forti i rapporti con i servizi sociali, ossia l’Ufficio di Piano, il Sert e i servizi di salute mentale. Quindi, molte delle situazioni di fragilità, vengono segnalate dagli stessi. Siccome la nostra cooperativa è molto radicata nella comunità ed opera nel territorio di Chiavenna da 32 anni, ci sono anche persone che si rivolgono direttamente a noi. Nel frattempo, gli appartamenti nella nostra disponibilità sono diventati 10, in parte come comodati ed in parte come locazioni, in diversi comuni della Valchiavenna, nei quali arriviamo ad accogliere una trentina di persone con fragilità di tutti i tipi. Chiaramente lavoriamo anche per fare il modo che questi spazi non abbiano barriere architettoniche e siamo fisicamente fruibili da tutti. I pagamenti, se le situazioni sono molto difficili, vengono fatti dai servizi inviati. Ci sono poi situazioni miste in cui parte della locazione viene pagata dalla persona ospitata e parte dai servizi e poi ci sono percorsi di autonomia in cui, anche la parte economica, è a carico delle persone che vivono dentro gli appartamenti.

Quali sono i vostri auspici per il futuro in materia di inclusione delle persone con disabilità e fragilità? In che modo chi lo desidera può aiutare la vostra azione?

“Abbiamo un’esperienza molto lunga come lavoro sociale. La maggior parte dei servizi che attualmente progettiamo e gestiamo sono rivolti a persone con disabilità. C’è una continua evoluzione, in parte normativa ma anche culturale e comunitaria. Nessuna attività può essere fatta se non in relazione con altri. Quello che ci auspichiamo è una cultura più aperta con reti di relazioni più forti e generative. Rispetto agli aiuti abbiamo una consuetudine di collaborazione con le fondazioni locali, ad esempio fondazione Casa di Riposo che è l’ente gestore del centro diurno disabili, un forte rapporto con Fondazione Cariplo e con la sua emanazione locale che è ProValtellina. Partecipiamo spesso a bandi, iniziative di raccolta fondi e momenti pubblici in cui richiamiamo l’attenzione quando pensiamo sia troppo bassa su varie problematiche e sulla gestione dei servizi. Un altro rapporto estremamente consolidato è con l’associazione di familiari “Il Quadrifoglio” con la quale abbiamo appena concluso un accordo in merito alla gestione della struttura destinata ad una comunità alloggio. In questo momento ci rivolgiamo più a famiglie bisognose, quindi a momenti di sollievo familiare, interventi territoriali nonché domiciliari e spazi laboratoriali che si svolgono all’interno di quella struttura che sarà inaugurata il mese prossimo. L’evoluzione e l’attenzione a questi temi sono continue”.

Christian Cabello: