“Nel Corno d’Africa, in particolare nel mio Paese, l’Eritrea, le famiglie non riescono a sopravvivere alla siccità provocata dal cambiamento climatico che prosciuga le fonti d’acqua e uccide il bestiame. Alla siccità si aggiunge l’effetto domino della guerra in Ucraina che aggrava la spirale dei prezzi di cibo e carburante, impoverendo ancor più una popolazione già povera”. Lo racconta a InTerris.It suor Mehret Teklom delle suore Cappuccine di Madre Rubatto stanziate in Eritrea.
Eritrea multiculturale
L’ex colonia italiana si trova nella parte settentrionale del Corno d’Africa, confinante con il Sudan a ovest, con l’Etiopia a sud e con il Gibuti a sud-est. Oggi l’Eritrea è uno Stato multilingue e multiculturale, con due religioni prevalenti (islam sunnita e Chiesa ortodossa eritrea) una presenza cattolica attiva nel sociale e nove gruppi etnici. Fu creata come entità politica nel 1890 con il nome di Colonia eritrea.
Il presidente Isaias Afewerki è stato eletto dall’Assemblea nazionale nel 1993, poco dopo l’ottenimento dell’indipendenza; è al potere da allora, e non ci sono state successive o ulteriori altre elezioni.
L’opera delle cappuccine di Madre Rubatto in Eritrea
“Noi, Cappuccine di Madre Rubatto – racconta suor Mehret – siamo presenti in Eritrea dal 1964, e attualmente siamo più di un centinaio di suore operanti nel nostro Paese con 12 case. Svolgiamo diverse attività e servizi nel campo educativo e sanitario per rispondere alle innumerevoli necessità di un popolo bisognoso e sofferente, secondo il nostro carisma che promuove la cura e il sostegno domiciliare degli ammalati e delle persone più fragili nei villaggi del territorio eritreo”.
“Ogni anno accogliamo bambini e ragazzi, spesso orfani di entrambi i genitori, che vivono in povertà accuditi dai nonni. Quest’anno abbiamo accolto 87 ragazze provenienti da villaggi dove non ci sono presidi igienico–sanitari, e dove svolgiamo un servizio a domicilio per lo sviluppo e la tutela integrale della persona, garantendo nutrimento, igiene, cure sanitarie e vestiario, tutte cose necessarie anche alla prevenzione delle malattie”.
La siccità
Ai tanti problemi sociali ed economici del Paese, si è aggiunta anche questa terribile siccità. L’Eritrea è divisa in due grandi parti: il bassopiano lungo la costa con clima torrido e umido, e l’altopiano da nord a sud nell’interno con un’altitudine media tra i 1.800 e i 2.700 metri con clima mite.
“L’Eritrea non è un Paese secco, anzi”, spiega suor Mehret: “è come se fosse primavera tutto l’anno. Le famiglie sono comunque povere e vivono principalmente di agricoltura – grano principalmente – e pastorizia. Piove prevalentemente tre mesi, durante i quali l’economia della popolazione cambia radicalmente. Durante il periodo delle piogge il terreno assorbe l’acqua per le colture dei mesi successivi”.
“Ora staremmo nella stagione delle piogge, ma non sta piovendo quasi per niente. L’acqua scarseggia e il grano sta bruciando, rischiando di portare alla fame migliaia di famiglie. L’Eritrea conta circa 6 milioni e mezzo di abitanti, mentre al termine della dominazione italiana nel 1941 ne contava solo un milione”.
La guerra in Ucraina e la crisi del grano
“La popolazione dunque è cresciuta, ma la ricchezza pro capite no”, evidenzia la religiosa. “Questo non è il primo anno di siccità, anzi. Nel Corno d’Africa, le ultime quattro stagioni delle piogge sono saltate e le previsioni indicano che anche la prossima potrebbe fallire”.
A tutto ciò si aggiunge il dramma della guerra in Ucraina che sta accelerando la crisi. L’Eritrea, come tutto il Corno d’Africa, importa il grano dall’Ucraina. La Somalia – ad esempio – importava il 92% del proprio grano da Russia e Ucraina. Ora che le linee di approvvigionamento sono state interrotte, il grano non arriva più.
Il prezzo delle materie prime alle stelle
“La carenza delle materie prime – prosegue suor Mehret – ha come conseguenza la crescita alle stelle dei prezzi del cibo e così le famiglie non possono acquistare i beni di prima necessità. E’ una situazione gravissima!”.
“Pochi giorni fa ho telefonato alle persone che vivono nel mio villaggio e la situazione è molto difficile. Soffrono la fame e non ci sono abbastanza aiuti. Prego Dio – conclude suor Mehret – perché faccia piovere e perché le Agenzie Internazionali portino cibo e medicine alla popolazione, affinché il mio Paese possa sopravvivere a questo cataclisma climatico”.