Il tessile inquina i mari. Segattini: “Invertiamo la rotta”

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Allarme per le emissioni inquintanti provocate dai tessuti. Secondo il report Wwf, l’industria tessile incide fortemente sull’ambiente. Il settore, infatti, contribuisce in modo significativo alle emissioni globali di gas serra. Con le sue 1,7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno,  Molte imprese utilizzano ancora troppe poche materie prime riciclate o prodotte in modo sostenibile. Indumenti, calzature e biancheria per la casa sono responsabili di inquinamento idrico. Emissioni di gas a effetto serra. E discariche. La “fast fashion” (letteralmente “moda veloce“) consente una disponibilità costante di nuovi stili a prezzi molto bassi. E ha portato a un forte aumento della quantità di indumenti prodotti, utilizzati e poi scartati.Per far fronte all’impatto che questo fenomeno ha sull’ambiente l’Ue accelera la transizione  verso un’economia circolare.

Sos emissioni

Un dato impressionante. Fornito direttamente dalla Commissione Europea. Ogni anno nell’Ue sei milioni di tonnellate di abiti finiscono in discarica. Gran parte dei quali sono il risultato di un fast fashion che divora tutto. E che non fa arrivare tanti capi alla vendita. In media, ogni cittadino butta via 11 chilogrammi di vestiti, scarpe e altri prodotti in tessuto. Solo il 38% dei prodotti tessili immessi sul mercato dell’Unione Europea vengono destinati al riciclo. O alla vendita sui mercati mondiali. Cioè circa 2,1 milioni di tonnellate di capi di abbigliamento e prodotti per uso domestico. Il restante 62% viene smaltito nei flussi di rifiuti misti. Si stima che la produzione tessile sia responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile. A causa dei vari processi a cui i prodotti vanno incontro. Come la tintura e la finitura. Eche il lavaggio di capi sintetici rilasci ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari. Il lavaggio di indumenti sintetici rappresenta il 35% del rilascio di microplastiche primarie nell’ambiente. Un unico carico di bucato di abbigliamento in poliestere può comportare il rilascio di 700.000 fibre di microplastica. Veleni che possono finire nella catena alimentare.

Corsa contro il tempo

Il diktat della Commissione Europea però è chiaro. Entro il 2030, tutti i prodotti tessili immessi sul mercato Ue dovranno essere durevoli. Riparabili. Riciclabili. E per gran parte costituiti da fibre riciclate. E prive di sostanze pericolose. Fino al 20 ottobre Festival dello sviluppo sostenibile offre l’occasione per aprire una riflessione su un tema fondamentale. Che ha bisogno di una maggiore sensibilità. Non solo da parte dei brand di moda. Ma anche del pubblico finale. Da guidare verso abitudini di acquisto più responsabili. In tal senso, un esempio arriva dall’imprenditrice marchigiana Gaia Segattini. Da poco eletta presidente Cna Federmoda Ancona. Alla testa di quella che recentemente è diventata una società benefit. Nella quale si produce con avanzi di filati di giacenza. Rigenerati. Ed ecologici. L’azienda, pur non essendo ancora obbligata per legge, ha diffuso la sua prima relazione d’impatto. Vi sono inclusi tutti i dettagli sul reperimento dei materiali. Sulla produzione. E sulla filiera.

Riduzione degli sprechi

Un modello imprenditoriale responsabile. Volto a ridurre gli sprechi. Ogni capo è realizzato con quasi l’80% di materiale di giacenza. Rigenerato. “Salvato” dalla distruzione. La filiera è cortissima. E punta alla promozione del “know how” marchigiano. Le imprese, i laboratori micro e di piccole dimensioni sono nel raggio di 70 chilometri. “I dati che ci fornisce la Commissione Europea mettono i brividi – commenta Gaia Segattini-. Dobbiamo assolutamente invertire la rotta. E immaginare un modello d’impresa responsabile. In grado di ridurre drasticamente gli sprechi. Salvaguardando materiali ottimi che però finiscono in discarica. In questo senso dobbiamo fare rete. Guidare il cliente finale a scelte più razionali. In grado di rispettare l’ambiente. La nostra relazione d’impatto è un orgoglio. Perché certifica la trasparenza del nostro operato”.

Metodologia progettuale

Gaia Segattini “Knotwear” è un gioco di parole con cui si vuole sottolineare la caratteristica non convenzionale dei suoi prodotti. Non solo dal punto di vista ideologico ed estetico. Ma anche come metodologia progettuale, produttiva e commerciale. Ogni capo, per tipologia di coloriture e dettagli, è quindi prodotto in pochissimi esemplari. O addirittura come pezzo unico. I filati utilizzati sono tutti giacenze fine cono della migliore qualità. Ciò a scopo di sostenibilità e di limitazione dello spreco di materie prime. Per questo è il filato che suggerisce lo stile e non viceversa. La qualità del filato e della lavorazione viene considerata un atto di onestà e rispetto verso il cliente. Oltreché una garanzia di durata e quindi di rispetto per l’ambiente. I capi GSK contemplano sempre realizzazione con macchinari da maglieria. E dettagli realizzati a mano. Per unire manifattura ed artigianalità. Garantendo dei capi iconici.

 

 

Giacomo Galeazzi: