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“Educare in campo 2.0”: il Minirugby Parabiago punta all’inclusione e all’integrazione

L'iniziativa dell'associazione sportiva per favorire l'integrazione e l'inclusione di tutti. L'intervista di Interris.it al presidente del Minirugby Parabiago, Giampiero Grimoldi

Un educatore professionale, una psicomotricista e una pedagogista. Sono queste le figure professionali che il Minirugby Parabiago schiera in campo a fianco dell’allenatore. Un’equipe specializzata il cui obiettivo non è quello di migliorare le prestazioni sportive dei piccoli atleti, ma quello di assicurare un supporto relazionale ai più fragili e a tutta la squadra: è così che l’allenamento diventa un momento di reale crescita personale e di integrazione. Si potrebbe riassumere così il progetto “Educare in campo 2.0”, lanciato dal Rugby Parabiago SSD, realizzato in collaborazione con la Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, con il supporto dell’Azienda Sociale del Legnanese, della cooperativa Metafora e dall’Amministrazione Città di Parabiago.

Un progetto per il benessere psicofisico dei piccoli atleti

Il progetto arriva in un momento molto importante per i giovani – è rivolto ai ragazzi tra i 5 e i 14 anni – non solo per il periodo particolare relativo al loro sviluppo. Si inserisce, infatti, in un momento storico molto delicato: due anni di pandemia hanno costretto i bambini e i ragazzi ad abbandonare molte delle loro abitudini e modalità di relazioni. Dall’inizio della diffusione della pandemia causata dal Covid-19, infatti, hanno dovuto rinunciare in molte occasioni allo sport, alle uscite con i compagni di classe. È cambiato anche il modo di relazionarsi in famiglia: alcuni, per molto tempo hanno avuto contatti con i membri esterni al loro nucleo familiare, come i nonni ad esempio, solo attraverso un tablet. Anche la frequentazione della scuola ha subito un brusco cambiamento: per evitare il diffondersi del coronavirus si è ricorsi alla didattica a distanza, strumento molto importante per favorire il proseguimento delle lezioni, ma che ha aumentato ancora più la lontananza imposta dal distanziamento sociale. Questo, in qualche modo, ha avuto ripercussioni sul benessere psicofisico dei giovani: scendere in campo con un’equipe pedagogica ed educativa per i piccoli atleti è un’occasione per mettere a loro disposizione degli strumenti per poter affrontare in maniera positiva i momenti di difficoltà e godersi, così, fino in fondo e appieno i momenti di gioia e soddisfazione.

L’intervista

Per approfondire l’argomento e conoscere meglio il progetto, Interris.it ha intervistato il presidente del Minirugby Parabiago, Giampiero Grimoldi.

Signor Grimoldi, perché avete deciso di dare vita a questo progetto?

“Il progetto è stato concepito per aiutare i bambini, lo staff e le famiglie. Il Rugby Parabiago vuole, per chi si trova in difficoltà, anche a causa della pandemia, dare un supporto in più. È la nostra mission”.

Con “Educare in campo 2.0” assicurate un supporto sia al singolo sia alla squadra. Un modo per garantire l’integrazione e l’inclusione di tutti i piccoli atleti?

“Assolutamente sì, questo è l’obiettivo. Il servizio è rivolto ai ragazzi che sono già presso di noi o si avvicinano a questo sport. Facciamo una valutazione del gruppo-squadra e si lavora con tutti, non è un progetto indirizzato ai singoli”.

Questo favorirà la crescita sana dei ragazzi sotto molti aspetti. Quanto è importante che questo avvenga nel mondo dello sport?

“Le realtà sportive sono considerate, nella società attuale, il terzo polo educativo: la triade è composta da famiglia scuola e sport. Ma bisogna sforzarsi di esserlo nel concreto, nei fatti. E’ ciò che Rugby Parabiago fa e vuole continuare a fare, migliorandosi sempre. L’obiettivo non è quello di essere solo una società sportiva, ma un punto di riferimento sul territorio per tutti”.

Molto spesso i genitori che hanno figli che partecipano a una partita sembrano essere molto più coinvolti dei figli, si scaldano facilmente e, in alcuni casi, sembrerebbe che facciano della vittoria una questione di “vita o di morte”. Come gestite questo aspetto?

“Nel rugby non si gioca mai ‘contro’ qualcuno, ma si gioca ‘con’. Questo è un valore fondante per il nostro sport. Con le famiglie sottoscriviamo un patto educativo al momento del tesseramento: le regole sono stabilite dall’inizio e sono chiare. Il rispetto è un valore fondamentale. L’obiettivo primario del minirugby è il divertimento. Solo dalle categorie juniores si fa vera formazione tecnica, per arrivare ad alzare il livello delle categorie seniores maschile e femminile. Le famiglie sono una parte importante: tutti fanno parte del contesto sportivo, sia dentro sia fuori dal campo”.

Avere un’equipe pedagogico-educativa in campo è una grande risposta. Potrebbe essere una risposta contro la crisi educativa?

“Può essere un passo importante, senza mai dimenticare però che famiglia e scuola lo sono altrettanto. Sicuramente può aiutare a superare il periodo di reclusione che i ragazzi hanno vissuto in questi ultimi due anni. Noi di Rugby Parabiago ci impegniamo per non lasciare indietro nessuno e per gestire ogni caso nel migliore dei modi possibili. Se un bambino ha difficoltà acclarate e si vuole avvicinare al rugby, non gli diremo mai ‘questo non è il tuo posto’. All’interno del club abbiamo diverse proposte, quindi, il nostro consulto con la famiglia, lo staff, i pedagogisti ha come obiettivo quello di proporre al bambino il percorso sportivo migliore per il suo bene”.

Un progetto con molti assi nella manica…

“L’aspetto più bello del nuovo progetto è quello di essere riusciti a fare rete con tutte le varie realtà coinvolte: l’Azienda So.le., la cooperativa Metafora, il comune di Parabiago e la Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate. Un connubio vincente che ci permetterà di portare valore ai bambini, allo staff e alle famiglie”.

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