Il diritto all’abitare viene riconosciuto ufficialmente per la prima volta nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, promossa dalle Nazione Unite e firmata nel 1948, in cui all’art. 25 viene incluso nel più ampio diritto ad uno standard di vita adeguato: “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari”.
La normativa italiana
In Italia, la prima sentenza della Corte Costituzionale, nella quale si trova un riferimento al diritto all’abitare è la 252/1983, in cui la casa è riconosciuta come un bene primario per l’individuo. Prima di ciò però, già nel 1903, il nostro Paese, per far fronte alle necessità abitative delle persone in difficoltà, attraverso la “Legge Luzzati” ha dato vita all’IACP, acronimo di Istituto Autonomo Case Popolari il quale, con l’evoluzione del decentramento amministrativo, ha assunto varie denominazioni nelle diverse regioni italiane.
Il contesto lombardo
A causa delle tensioni internazionali, dell’aumento dell’inflazione e dei costi generali, negli ultimi anni, molte famiglie, hanno visto progressivamente venir meno la possibilità di acquistare un’abitazione o di poter disporre di locazioni a canone calmierato nell’edilizia residenziale pubblica. Tra le città italiane quella che, sul mercato immobiliare, ha visto gli aumenti maggiori è Milano in cui, i prezzi degli affitti e delle compravendite, sono cresciuti con velocità doppia rispetto a quelli di Roma. Interris.it, in merito ai temi del diritto alla casa e alle crescenti necessità abitative in Lombardia, ha intervistato Leo Spinelli, segretario generale del Sicet Cisl Lombardia.
L’intervista
Spinelli, qual è la situazione dell’edilizia residenziale pubblica in Lombardia?
“La Lombardia è la regione che ha più edilizia residenziale pubblica in assoluto, si parla di circa 160 mila alloggi però, c’è una delle situazioni peggiori. La normativa regionale in materia non è all’altezza. È stata trasformata la funzione prettamente sociale di intervento sulle situazioni di difficoltà abitativa in un segmento autosostenibile. Conseguentemente, ci sono grandi difficoltà nel rispondere alla crescente domanda abitativa. Inoltre, si sono susseguite nel tempo una serie di normative a carattere regionale, modificate a seguito di interventi della Corte costituzionale, in quanto avevano un’altra caratura discriminatoria. Quindi, in questo frangente, c’è poca offerta abitativa pubblica per le famiglie in difficoltà, molte case popolari e soprattutto, circa ventiduemila alloggi di edilizia pubblica sfitti.”
Milano, negli ultimi anni, ha visto un progressivo rialzo dei prezzi del mercato abitativo. In che modo si potrebbe aumentare l’offerta accessibile di alloggi in affitto per le persone in condizione di fragilità?
“Non c’è nessuna possibilità di fare un intervento adeguato se non si agisce sul sistema dell’edilizia privata, ovvero con un’apposita norma in grado di regolare il mercato immobiliare privato delle locazioni. Negli ultimi anni, i valori immobiliari e gli affitti a Milano sono aumentati per effetto della liberalizzazione del mercato privato, il quale ha visto espellere migliaia di famiglie. Tale problema sussiste anche a livello nazionale, ma soprattutto nelle grandi città metropolitane, particolare nel capoluogo lombardo dove, i prezzi, hanno raggiunto livelli altissimi rispetto ai redditi medi, i quali costituiscono la discriminante vera rispetto al mercato privato. In questo periodo, gli stipendi e le pensioni, stanno fermi o diminuiscono mentre, i prezzi immobiliari, subiscono degli incrementi. Alla luce di ciò, molti nuclei familiari vengono esclusi all’inizio e, tante altre, dopo”.
Guardiamo al futuro: quali sono i vostri auspici per far fronte alla crescente crisi abitativa? Cosa chiedete alle istituzioni competenti?
“L’unica possibilità per affrontare l’attuale crisi è l’attuazione di un intervento di politica abitativa che sia in grado di mettere insieme un aumento dell’offerta pubblica di case popolari insieme ad un’azione sui prezzi nell’ambito della locazione privata. Nessuna azione separata tra questi due modelli può essere efficace. Chiediamo alle istituzioni preposte che, a livello nazionale, si modifichi la legge 431 del 98, la qual è la maggiore responsabile della situazione attuale di grave emergenza abitativa, degli sfratti e delle morosità nell’ambito del mercato privato della locazione. Invece, sul versante pubblico, auspichiamo un aumento dell’offerta di abitazioni, fortemente pubblica, senza sottrarre alloggi popolari all’offerta generale. Chiediamo poi di mettere sul mercato le decine di migliaia di alloggi pubblici sfitti per provare ad attenuare l’emergenza abitativa esistente. Tutti questi però, sono interventi di politica abitativa che hanno la possibilità di essere efficaci nel medio e lungo periodo”.