Ecco perché l’economia italiana non può perdere il treno dell’Intelligenza Artificiale

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La nuova economia non può prescindere dalla tecnologia. Anche la Santa Sede si interroga sull’IA. Papa Francesco ha incaricato la Pontificia Accademia per la Vita di scandagliare potenzialità e pericoli dell’Intelligenza Artificiale. Cioè della tecnologia di base che consente di simulare i processi dell’intelligenza umana attraverso algoritmi e calcolo dinamico. “La mente umana non si ingozza di terabyte”, avverte il filosofo statunitense Noam Chomsky. Quindi la locuzione “Intelligenza Artificiale”, coniata quasi settant’anni fa da John McCarthy, è un palese ossimoro. Il 95enne linguista, scienziato, filosofo e teorico della comunicazione Usa ha affida al New York Times un appassionato elogio della mente umana. Descritta come “un sistema sorprendentemente efficiente e persino elegante che opera con piccole quantità di informazioni”. E che, a differenza dell’Intelligenza Artificiale, “non cerca di dedurre correlazioni brutali tra i dati, ma di creare spiegazioni”.

Nuove economia

AI  (Artificial Intelligence), un mercato da 300 miliardi di dollari. In Italia il 59% delle aziende ne fa uso ma crescono le paure di 4 italiani su 10. Nell’ultima analisi dell’Unicusano si studiano l’impatto dell’Intelligenza Artificiale nel quotidiano e le sue applicazioni future. Guardando al valore di mercato e alle conseguenze sui posti di lavoro. Solo in Europa potrebbero divenire disoccupati circa 15 milioni di lavoratori, 73 milioni negli Usa. L’ intelligenza artificiale fa paura. Fa paura non soltanto per le (quasi) infinite applicazioni e i vasti scenari che apre davanti a sé. Ma anche per i risvolti sul tessuto economico e sociale di tutto il mondo. L’ultimo studio dell’Unicusano è stato condotto in parte grazie proprio all’AI di Chat GPT. Ne emerge che il mercato globale tocca oggi i 62,4 miliardi di dollari per arrivare, entro il 2026, a superare i 300 miliardi secondo le stime degli analisti. Di questi, solo i Chatbot – come appunto il più famoso Chat GPT – nel 2016 valevano 190,8 milioni di dollari. Facendo registrare negli anni una crescita del +555% che entro il 2025 raggiungerà l’ 1,25 miliardi di dollari.

Ritardo da recuperare

In questo scenario di forte crescita, l’Italia è fanalino di coda insieme al Giappone per quanto riguarda i Paesi a forte indice di sviluppo. Il mercato post-pandemico delle AI è raddoppiato. Registrando un +27%. E assestandosi su un valore di 380 milioni di euro. L’Unicusano nel suo studio evidenzia, poi, come campi di applicazione e investimenti delle aziende siano nel Belpaese molto circoscritti. Soltanto 6 aziende su 10 hanno avviato almeno una progettualità di AI nei settori dei servizi finanziari. Dei trasporti, del retail e dei servizi pubblici. Entro però il 2024 per l’Italia è prevista una crescita del 41,4% solo in ambito imprenditoriale. Le aziende che hanno saputo cogliere le potenzialità dell’AI oggi gli affidano diversi “compiti”. Dal risparmio di tempo nell’espletamento delle attività alla drastica riduzione dei margini di errore. Dall’aumento delle performance a quello delle entrate. Dall’individuazione tempestiva di eventuali problematiche all’elaborazione e analisi di un’enorme quantità di dati. Dal miglioramento dell’esperienza con il cliente al risparmio di denaro.

Scenario

Per gli italiani, però, esiste anche un lato oscuro legato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il 40% di loro poco si fida e il timore più grande tocca la sfera della professione. Il 71% degli italiani, secondo una ricerca condotta da Ipsoa e ripresa puntualmente dall’Unicusano, teme un impatto negativo sull’occupazione. A temere di più sono copywriter, insegnanti, traduttori, ma anche programmatori, marketer e ricercatori, tutti provenienti da ambiti già toccati dalle più recenti applicazioni di intelligenza artificiale. In questo scenario di preoccupazione globale, i timori dei lavoratori sembrano trovare fondamento nell’indagine dell’Unicusano. Per l’ateneo telematico, infatti, fra poco meno di sette anni l’automazione del lavoro sarà responsabile della perdita di circa 73 milioni di posti di lavoro negli Stati e di 15 milioni in Europa. Nonostante le perplessità a livello etico-comportamentale e sociale, il “sentiment” nei confronti delle AI è comunque positivo, tanto che il 60% delle persone sostiene che l’intelligenza artificiale migliorerà la vita in alcuni ambiti. Come l’istruzione, l’intrattenimento, l’apprendimento, lo shopping, i trasporti, l’ambiente.

Automotive

A sorprendere è invece l’automotive, da sempre molto attenta allo sviluppo tecnologico, alla ricerca di nuove soluzioni e alla “naturale” inclinazione a esplorare nuove possibilità. In questo caso non ha ancora sfruttato le potenzialità AI soprattutto perché la legge non consente la sperimentazione di veicoli a guida automatica con automazione maggiore della classificazione SAE 2 (veicoli a “guida cooperativa”, con sistemi di ausilio alla guida). Eppure i campi di applicazione sono davvero tanti: monitoraggio delle condizioni stradali, nessun intervento umano, abilità predittive, possibilità di conversare con sistemi di IOT incorporati per esempio nei semafori o nella carreggiata, riduzione degli incidenti stradali (il 94% sono oggi dovuti a errori umani).

Giacomo Galeazzi: