La Repubblica Federale della Nigeria è uno stato ubicato nell’Africa centro – occidentale, ex colonia inglese indipendente dal 1960, con capitale Abuja ed una popolazione di oltre 210 milioni di abitanti. Purtroppo, allo stato attuale, pur essendo codesto Paese il primo produttore e la prima economia del continente africano per quanto riguarda il petrolio, lo stesso è attanagliato da diversi ed annosi problemi, quali ad esempio: le condizioni di degrado ambientale che vanno ad impattare fortemente sulla condizione della popolazione ed incentivano i conflitti tra le diverse etnie li presenti – a titolo esemplificativo si ricorda che, a causa della gestione non oculata delle risorse idriche il lago Ciad, principale fonte di acqua dolce, ha perso oltre il 60% della sua superficie negli ultimi 40 anni.
Oltre a ciò il precario contesto in materia di sicurezza ha visto aumentare nel paese la presenza di gruppi jihadisti, tra i quali Boko Haram, che nel corso degli anni ha posto in essere azioni terroristiche di ampia portata nei confronti della popolazione civile ed in ultima istanza, grazie all’accesso relativamente facile al mercato illegale delle armi leggere, vi è stata una recrudescenza dei fenomeni di banditismo e delinquenza comune. Tutti i fattori di instabilità sopra elencati hanno generato dei fenomeni di violenza, sia per motivazioni ideologiche che prettamente delinquenziali nei confronti della popolazione nigeriana di religione cristiana che pochi giorni fa, nella parrocchia di St. Ferrer a Malunfashi nel nord del paese, ha portato all’uccisione di don Alphonsus Bello e al rapimento di don Joe Keke. In Terris ha intervistato, in merito all’attuale situazione in Nigeria, il Dottor Luca Mainoldi dell’Agenzia Fides.
Qual è la condizione dei cristiani in Nigeria?
“In questo momento un po’ tutta la popolazione nigeriana sta soffrendo una condizione di insicurezza, chiaramente vi sono zone del Paese più sicure e altre meno. Vi sono delle aree dove i cristiani soffrono di più rispetto ad altre, ad esempio ove vi sono popolazioni sia cristiane che mussulmane e vi è anche la presenza di movimenti estremisti che poi colpiscono in maniera specifica i cristiani; questo non significa che la popolazione mussulmana non possa subire attentati, ma – essendo questi gruppi connotati in maniera ideologica – colpiscono soprattutto coloro che non sono mussulmani. In particolare faccio riferimento al nord della Nigeria e anche a quella fascia mediana che sta nel centro del paese ed è una zona chiamata belt, ossia la cintura, proprio perché divide il nord dal sud”.
E’ possibile distinguere i diversi gruppi responsabili di queste violenze?
“È importante distinguere le tre principali forme di violenza che colpiscono la popolazione nigeriana ed in particolare anche i cristiani. La prima è Boko Haram – un gruppo estremista che è nato nel nord est della Nigeria ma ha cominciato ad espandersi nei paesi vicini quali ad esempio Niger e Ciad. Questo gruppo si è poi diviso ed è nata la provincia dello stato islamico nell’Africa Occidentale e – notizia di pochi giorni fa ancora non confermata – questo gruppo sarebbe riuscito a uccidere il leader di Boko Haram. Se si dovesse rafforzare questo gruppo appartenente allo stato islamico vi sarebbero dei problemi non solo nel nord della Nigeria ma anche nei paesi confinanti. Vi sono poi le bande dei pastori fulani, che organizzate e ben armate, si spostano con le loro mandrie e vanno ad occupare le terre dei contadini – in molti casi cristiani -. In realtà questa non è solo una questione di controllo del territorio e delle risorse ma è un modo per cacciare via le popolazioni stanziali. Infine vi è un banditismo diffuso, il quale riguarda anche il sud della Nigeria, il quale ha colpito anche religiosi e si verifica lungo le grandi linee di comunicazione. Vi sono complessivamente tre fenomeni diversi che generano insicurezza, due dei quali hanno anche una componente ideologica che prende di mira la popolazione cristiana ed il personale ecclesiastico nonostante i vescovi abbiano detto che non pagheranno nessun riscatto. In particolare, in questi giorni, da parte dei vescovi e della popolazione locale, vi sono state delle manifestazioni nella capitale federale Abuja, per protestare contro i rapimenti e chiedere allo stato di intervenire perché il fenomeno non sta colpendo solo le persone più facoltose ma anche i più umili, la situazione dei cristiani in Nigeria va anche inquadrata in un momento di insicurezza generale del Paese”.
Quali misure possono e devono mettere in atto le autorità locali ed internazionali al fine di garantire la sicurezza e la libertà di culto dei cristiani?
“Bisogna fare il modo che vi sia un controllo del territorio da parte delle forze di sicurezza in Nigeria che conta 200 milioni di abitanti ed è potenzialmente ricchissimo quindi in teoria non avrebbe bisogno dell’apporto di forze esterne. Tra l’altro ultimamente l’esercito nigeriano si è rafforzato in termini di mezzi e armi ma non ha la capacità di dispiegarsi per sconfiggere Boko Haram. In particolare, essendo la Nigeria uno stato federale, vi sono forze dell’ordine federale e locali e, per quanto riguarda queste ultime, in alcune regioni i governanti agiscono in base alla shari’a che è stata reintrodotta in 12 stati regionali e quindi di conseguenza in queste regioni la sicurezza non è garantita. In particolare l’attuale presidente nigeriano, ex appartenente all’esercito, che è stato eletto promettendo una maggiore sicurezza ma, allo stato attuale, sta subendo diverse critiche perché l’insicurezza permane”.
Qual’è la condizione dei sacerdoti in Nigeria e quali rischi corrono?
“I sacerdoti sono stati messi nel mirino dai gruppi estremisti islamici per motivi ideologici e dai banditi comuni che mettono in atto dei rapimenti nonostante la conferenza episcopale locale abbia vietato i pagamenti di riscatti. È necessario però distinguere tra il nord del paese ove vi è un forte pericolo ed il sud ove la situazione è più sicura e non è presente il jihadismo ma vi sono problemi di banditismo”.
I cristiani hanno la possibilità di professare liberamente la propria fede?
“I cristiani hanno difficoltà a professare la loro fede in maniera crescente perché vi sono state delle popolazioni costrette a fuggire in quanto cristiane e quindi a seconda delle diverse zone possono esserci difficoltà. Il fatto stesso che alcuni stati federali abbiano introdotto la shari’a è indice che potrebbero verificarsi dei problemi in merito”.