Nelle aziende cresce l’occupazione trainata dalle donne

Giusti

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Sos occupazione. Le difficoltà per le imprese che cercano personale da assumere emergono soprattutto per le competenze tecniche (complessivamente segnalate dal 69,2% delle imprese) e per le mansioni manuali (nel 47,9% dei casi a livello nazionale e nel 58,9% nel settore industriale). Si conferma. quindi, l’allarme degli imprenditori che hanno bisogno di personale da assumere. Ma hanno “difficoltà significative” nel trovare le competenze di cui necessitano. E’ così per il 69,8% delle imprese che hanno in corso una ricerca di personale e che hanno risposto all’indagine Confindustria sul lavoro 2024, il rapporto annuale del centro studi di via dell’Astronomia. Una fotografia su struttura dell’occupazione e politiche aziendali di gestione del lavoro nelle aziende associate, focalizzata sul 2023 e inizio 2024. In evidenza anche aspetti come la diffusione dello smart working, quadruplicata rispetto al periodo pre-Covid, o l’incidenza di contratti aziendali e iniziative di welfare. Nei due terzi dei casi le difficoltà vengono riscontrate nella ricerca di competenze per la transizione digitale, nel 15% per la transizione green. Per un terzo dei casi è difficile trovare competenze per una maggiore internazionalizzazione dell’impresa.

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Donne e lavoro

Nelle imprese associate a via dell’Astronomia l’occupazione dipendente è aumentata dell’1,4% tra fine 2022 e fine 2023 (+0,5% nelle imprese dei servizi, +1,9% nell’industria). E’  trainata dalla componente femminile (+3,4%). Mentre quella maschile risulta pressoché stabile (+0,3%). Un andamento diverso rispetto ai dati complessivi nazionali che registrano una crescita simile per uomini e donne. Il 32,6% delle associate prevede il lavoro agile, utilizzato in media dal 34% dei dipendenti non dirigenti. Per lo più per 2 o 3 giorni a settimana (tra 4 e 12 giorni al mese). Senza differenze sostanziali tra industria e servizi. A inizio 2024 oltre un quarto delle associate a Confindustria (25,2%) applica un contratto aziendale. Regolano principalmente i premi di risultato collettivi (nel 60,4% dei contratti). La conversione dei premi di risultato in welfare (47,7%). L’orario di lavoro (46,7%). L’offerta di servizi di welfare aggiuntivi (39%). La conciliazione vita-lavoro (36,7%). Oltre la metà delle imprese (51,3%) ha adottato iniziative di welfare. Sotto esame anche il tasso di assenteismo, al 6,6%, con 111,9 ore di assenza sulle 1.701 pro-capite “lavorabili” del 2023. Più nei servizi (7,2%) che nell’industria (6,2%). Più per le donne (8,3%) che per gli uomini (5,8%). E in maggior misura all’aumentare della dimensione aziendale. La malattia non professionale si conferma la causa più frequente (3,5%), seguita dai congedi retribuiti (1,1%).

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Trend economico

I mercati del lavoro dell’area Ocse (cioè paesi sviluppati accomunati da un sistema di governo di tipo democratico e da un’economia di mercato) hanno continuato a registrare ottimi risultati. Con molti Paesi che hanno registrato livelli storicamente elevati di occupazione e storicamente bassi di disoccupazione. A maggio 2024, il tasso di disoccupazione dell’Ocse era al 4.9%. Nella maggior parte dei Paesi, i tassi di occupazione sono progrediti più per le donne che per gli uomini, rispetto al livello pre-pandemia. Le difficoltà a reperire manodopera si sono parzialmente attenuate, ma restano generalmente elevate. Nonostante il rallentamento della crescita economica dalla fine del 2022, il mercato del lavoro italiano ha raggiunto livelli record di occupazione e livelli minimi di disoccupazione e inattività. Il tasso di disoccupazione in Italia è sceso al 6,8% a maggio 2024, un punto percentuale in meno rispetto a maggio 2023 e 3 punti percentuali in meno rispetto a prima della crisi Covid-19, ma ancora al di sopra della media Ocse del 4,9%. Anche l’occupazione totale è aumentata nell’ultimo anno, con un incremento su base annua del 2% ad maggio 2024. Tuttavia, il tasso di occupazione italiano rimane ben al di sotto della media Ocse (62,1% contro 70,2% nel 1° trimestre 2024).

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Giovani e donne

L’Ocse prevede che il mercato del lavoro continuerà a crescere nei prossimi due anni. Nonostante la riduzione della popolazione in età da lavoro, l’occupazione totale dovrebbe crescere dell’1,2% nel 2024 e dell’1% nel 2025. Malgrado i record recenti, l’Italia è ancora indietro rispetto a molti altri Paesi Ocse in termini di occupazione femminile e giovanile, dove sono necessari ulteriori progressi, anche per coprire il numero relativamente elevato di posti di lavoro vacanti. A inizio anno, il governo ha sostituito il Reddito di cittadinanza con l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl). Gli incentivi al lavoro per i beneficiari dell’Adi potrebbero essere migliorati con una revoca più graduale dei diritti alla prestazione per coloro che iniziano a lavorare. Estendere l’accesso all’Adi a tutta la popolazione a rischio di povertà e con limitate prospettive di lavoro permetterebbe di proteggere i più vulnerabili. Concentrando le limitate risorse per la formazione sulle persone più vicine al mercato del lavoro. I salari reali sono in crescita, ma devono ancora recuperare il terreno perduto. I salari reali sono in crescita su base annua nella maggior parte dei Paesi Ocse, in un contesto di inflazione in calo. Tuttavia, in molti Paesi sono ancora al di sotto del livello del 2019. Mentre i salari reali stanno recuperando parte del terreno perduto, i profitti iniziano ad assorbire parte dell’aumento del costo del lavoro. In molti Paesi c’è spazio per i profitti per assorbire ulteriori aumenti salariali. Soprattutto perché non ci sono segnali di una spirale prezzi-salari.

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Allarme salari

L’Italia è il Paese che ha registrato il maggior calo dei salari reali tra le maggiori economie dell’Ocse. Nel primo trimestre del 2024, i salari reali erano ancora inferiori del 6,9% rispetto a prima della pandemia. Grazie ai rinnovi di importanti contratti collettivi, soprattutto nel settore dei servizi, il numero di dipendenti del settore privato coperti da un contratto collettivo scaduto è sceso nel primo trimestre del 2024 al 16,7% dal 41,9% dell’anno precedente. Ciò ha contribuito a spingere la crescita dei salari negoziati al 2,8% rispetto all’anno precedente. Nel complesso, la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere contenuta nei prossimi due anni. Si prevede che i salari nominali (retribuzione per dipendente) in Italia aumenteranno del 2,7% nel 2024 e del 2,5% nel 2025. Sebbene questi aumenti siano significativamente inferiori a quelli della maggior parte degli altri Paesi Ocse, consentiranno comunque un recupero di parte del potere d’acquisto perduto, dato che l’inflazione è prevista all’1,1% nel 2024 e al 2% nel 2025.

Giacomo Galeazzi: