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Donati: “L’importanza dell’incontro tra le diverse generazioni”

L'intervista di Interris.it a Elisabetta Donati, responsabile dell’area cultura e ricerca della Fondazione “Ravasi – Garzanti”, in merito alla condizione degli anziani a Milano

I dati dell’Istat sottolineano che, a decorrere da gennaio 2023, gli anziani residenti nelle città metropolitane rappresentano il 35% del totale italiano e vivono prevalentemente nei contesti più urbanizzati (il 45% nei comuni capoluogo, quasi un terzo distribuiti tra prima e seconda cintura). Ciò significa che, nelle città italiane, quasi una persona su quattro ha almeno 65 anni, con incidenze più elevate nelle città metropolitane del Nord.

La situazione della Lombardia

La Lombardia è la regione d’Europa con il maggior numero assoluto di cittadini over 65 (quasi 2.3 milioni), da soli formerebbero la decima regione d’Italia per ampiezza demografica. Si stima che questi numeri siano destinati ad aumentare significativamente entro il 2031. L’invecchiamento quindi, alla luce di questi dati, rappresenta una tendenza globale e irreversibile frutto di importanti miglioramenti delle condizioni di vita delle persone: questo dato rende urgente e necessario che le istituzioni si attivino per avviare politiche sociali ed economiche concrete per ripensare le città e mettere al centro i diritti e il benessere della popolazione anziana. In ossequio a questo obiettivo e per rispondere alla domanda in merito al ruolo che possono avere le persone anziane nell’evoluzione e nello sviluppo delle città, la Fondazione “Ravasi – Garzanti”, ha redatto la prima edizione del Rapporto “La metropoli e le stagioni della vita. Milano e l’invecchiamento” edito dalla Casa Editrice il Mulino. Interris.it, in merito ai risultati emersi da questo studio e alle strategie possibili per garantire l’inclusione sociale delle persone più anziane, ha intervistato la dott.ssa Elisabetta Donati, responsabile dell’area cultura e ricerca della Fondazione “Ravasi – Garzanti”.

La cura degli anziani (© Sabine van Erp da Pixabay)

L’intervista

La Fondazione “Ravasi – Garzanti” recentemente ha redatto la prima edizione del rapporto sull’invecchiamento intitolato “La metropoli e le stagioni della vita: Milano e l’invecchiamento”. Che cos’è emerso da questa opera? In che modo si può essere più inclusivi nei confronti della Terza età?

“Il rapporto si intitola significativamente ‘Le metropoli e le stagioni della vita’ perché siamo convinti che, l’allungamento delle aspettative di vita, stia ridisegnando i confini e i significati di tutte le età, non solo della vecchiaia. Quindi, se nello specifico guardiamo alle persone over 65, è necessario avere un prisma che ci consenta di tenere i contatti anche con le altre età della vita. Questi collegamenti sono presenti nella vita di ognuno di noi in quanto, gli anziani così come i giovani, non vivono separati dalla società o indipendentemente dalle altre persone e, viceversa, gli adulti, sono in contatto sia con i primi che con i secondi. Alla luce di questo, nel volume, adottiamo una prospettiva legata alla longevità anziché all’invecchiamento, ovvero l’idea che, tutti noi, siamo implicati in questo processo sin dal primo giorno in cui veniamo al mondo, ovvero perché è da quel momento che si inizia a contare la propria età cronologica e via via tutte le altre che si costruiscono nel corso dell’esistenza. Se si adotta questo sguardo, il tema, non è più solamente una risposta ai bisogni della popolazione anziana. Ciò non significa che non vi siano bisogni particolari a cui, i comuni, in questo caso Milano, attraverso le policy, debba dare una risposta. Le persone over 65 presentano dei profili variegati, come nelle altre età della vita, i quali possono essere ancora ampiamente guardati come cittadini e cittadine con passioni, volontà, risorse, ispirazioni, ambizioni e voglia di contribuire a fare di questa città un luogo più inclusivo. Abbiamo pertanto iniziato a vedere dei dati al fine di poter offrire alcune evidenze su questo tema. Inizialmente siamo partiti da uno in particolare, ossia quello che a livello europeo e italiano, si chiama ‘Indice dell’invecchiamento attivo’ che, per ora, l’Istat, lo ha utilizzato per il territorio regionale e, per ora, non lo abbiamo per la città di Milano. L’indice in oggetto misura la possibilità delle persone over 65 di realizzarsi, in termini di occupazione, partecipazione sociale nonché culturale e mantenimento dell’autonomia. È emerso che, l’invecchiamento, non dipende solamente dalle caratteristiche delle persone ma anche da come, nell’ambiente e nella cultura correlata, vengono date risposte a questo tratto dell’esistenza e alle specifiche necessità”.

Quali sono i suoi auspici per il futuro in merito alle politiche che, le istituzioni delle città metropolitane, dovrebbero mettere in campo per le persone anziane?

“Innanzitutto, serve avere più cultura e conoscenza in riguardo a questa età della vita. È un’età nuova a cui le persone arrivano da strade molto diverse nonché con una domanda di protagonismo e dignità che non possiamo deludere. Bisogna poi creare un’azione corale perché, questo tema, non riguarda solo i servizi sociali ma anche la mobilità, come peraltro si vede bene nel nostro rapporto in riguardo alla camminabilità a Milano, di politiche dell’abitare a cui bisogna essere in grado di dare una risposta perché, nella terza età, prendono forme diverse. Vi sono poi le politiche del lavoro perché, come sottolinea l’Istat, nella città di Milano, tra gli over 65, c’è ancora una buona percentuale di persone che continuano a lavorare. È fondamentale poi approntare degli strumenti di incentivazione di comportamenti più virtuosi in quanto, il tema della salute nella terza età, dipende da quella avuta nella prima e nella seconda. Conseguentemente, occorre favorire la disponibilità delle persone ad impegnarsi in un patto con l’amministrazione per favorire pratiche virtuose che consentano di mantenere la salute anche negli anni futuri”.

Come si immagina la Milano del futuro nei confronti delle persone più anziane?

“Mi immagino degli spazi molto eterogenei e vissuti da tante persone diverse, soprattutto attraverso un incontro tra le diverse generazioni. Questa è una necessità per gli anziani che consente loro di rimanere agganciati al flusso della vita e dei più giovani per comprendere il senso del vivere. Immagino una città dove possa essere mescolato quello che, oggi, nella maggior parte dei casi, viene separato”.

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