Don Pajarin: “Andare al di là del pregiudizio e cogliere l’essenziale delle persone”

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L’attuazione di percorsi strutturati ed organici di inclusione socio lavorativa a favore di persone in misura alternativa al carcere o ex detenute è fondamentale per ridare dignità alle stesse attraverso il valore delle relazioni e l’etica del lavoro, al fine di consentire il pieno reinserimento delle stesse nella società. A tal proposito la Caritas Diocesana Vicentina, in partenariato con diversi soggetti, ha riqualificato Villa Vescova – già Villa Veronese – a Brendola, nella quale sei persone sottoposte a misure alternative al carcere svolgono svariate attività miranti all’inclusione lavorativa e sociale. Interris.it, ha intervistato in merito a questa esperienza, Don Enrico Pajarin direttore della Caritas Diocesana di Vicenza.

Don Enrico Pajarin (immagine di Caritas Vicenza)

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone Villa Vescova?

“Il progetto di Villa Vescova nasce da una constatazione, ossia che vi era questo bene della Diocesi chiuso da qualche anno del quale ci si interrogava cosa farne. Da un lato c’era l’intenzione di venderlo dall’altra questo progetto che noi avevamo già avviato in merito all’accoglienza di piccoli gruppi di persone in misure alternative al carcere che poteva avere ulteriori sviluppi. Quindi, è stato pensato, di abbinare questi due elementi belli ma anche di criticità facendoli diventare un’opportunità insieme. Così è stato, nel senso che, le persone in misure alternative al carcere, hanno avuto ed hanno la possibilità di vivere in un appartamento e nel contempo di mettersi in gioco anche in un contesto di lavoro come nella prima parte legata al rendere accogliente Villa Vescova e far tornare il parco antistante percorribile. Questo lavoro è diventato ancor più bello adesso, nel momento in cui, superata la fase più acuta della pandemia da Covid-19, la Villa diventa luogo di accoglienza e incontro. Ciò si sta rivelando una bella opportunità, innanzitutto per i ragazzi, per il recupero di tale luogo che diventa un luogo di comunità e infine per la società civile, la quale può incontrarsi qui per dialogare su varie tematiche ma soprattutto incontrare i ragazzi che aiutano a vincere i pregiudizi che tendenzialmente abbiamo nei confronti delle persone detenute”.

Quali sono le attività che i ragazzi svolgono a Villa Vescova?

“L’ospitalità dei ragazzi a Villa Vescova arriva fino a sei posti e due vengono attivate soprattutto in loco, quindi dalla pulizia degli ambienti della stessa, alla predisposizione di cibo per quanto riguarda un piccolo buffet, la collaborazione per la preparazione di un pasto, il servizio alla tavola con gli ospiti e poi la risistemazione dei locali. All’esterno, nel parco, gli stessi svolgono invece la potatura e la raccolta delle olive, la cura del verde nonché dell’orto che abbiamo avviato e, insieme all’operatore, la cura delle api con l’esperienza della produzione di miele. Altri ragazzi invece vanno a lavorare in paese nelle aziende che possono dare la disponibilità di attività lavorativa, a volte legata alla Fondazione Fattoria Massinian, la quale coltiva campi e vigneti facendo lavorare insieme persone con disabilità e persone normodotate. Di conseguenza, anche i nostri ragazzi, vivono un’esperienza di relazione che li aiuta a ripensare alla loro vita ed in particolare al senso della vita come grande dono. Oltre a ciò, c’è un’altra cooperativa, che offre ospitalità lavorativa per piccoli lavori di accompagnamento”.

Quali sono i vostri auspici in merito al futuro per quanto riguarda le persone che accogliete a Villa Vescova?

“Gli auspici, innanzitutto per le persone che ospitiamo li, ci auguriamo che possano tornare a vivere una vita serena avendo riscoperto la bellezza delle relazioni ma anche la riscoperta del lavoro come fonte di dignità e autonomia.  Invece, per le persone accolte come ospiti, nel senso che, vengono a vivere la Villa come luogo di incontro, riflessione e confronto, auguriamo di tornare a casa con degli occhi che possano andare al di là dell’apparenza e del pregiudizio andando invece all’essenziale delle persone, superando quell’etichetta che molte volte abbiamo sulle persone per riconoscere – al di là dell’errore che una persona può aver commesso – l’opportunità di una dignità della persona che, per noi credenti, è nostro fratello perché è creato da Dio ed è Figlio dello stesso Padre che è nei Cieli e quindi anche una capacità di relazione nuova che diffonde gioia e speranza. Mi soffermavo precedentemente sul tema delle relazioni perché, molte volte, quando si parla con le persone che vivono l’esperienza in un senso di pregiudizio, ossia con detenuti o con persone aventi altre problematiche, il rischio è sempre quello di dire “gli altri mi guardano male, hanno una cattiva idea di me, dovrebbero cambiare il loro sguardo ed essere più accoglienti.” L’esperienza di Villa Vescova offre un’opportunità educativa inversa, aiuta i ragazzi sottoposti a misure alternative al carcere ad essere loro che preparano l’ambiente e si offrono come coloro che danno accoglienza e ospitalità. La scoperta delle persone che visitano la Villa di essere stati accolti dai ragazzi, dopo un primo momento di disorientamento, c’è lo stupore di uno sguardo che si è mantenuto genuino. I visitatori si sentono accolti da persone sulle quali avevano attaccato un’etichetta, questa è l’originalità e la bellezza di questa esperienza”.

In che modo chi lo vuole può aiutare questa esperienza e la vostra azione?

“Chi è di passaggio e desidera venire a fare una visita a Villa Vescova prendendo contatto con noi per organizzare la stessa è il modo principale per rendere la stessa funzionante e autonoma. Vivere questa esperienza è sicuramente il modo migliore per aiutarci”

Christian Cabello: