L’essenza più profonda della Settimana Sociale intende essere la valorizzazione delle persone, la condivisione del presente e l’immaginazione comune per il futuro, ricercando sempre nuove vie per costruire il bene comune, mettere al centro le fragilità che l’epoca in cui viviamo ci pone di fronte. Il Documento preparatorio, pubblicato poche settimane fa, intende proprio avviare il dialogo e il confronto in un’ottica inclusiva nell’attesa della prossima Settimana Sociale che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024. Interris.it, in merito all’importanza e ai contenuti del Documento preparatorio per favorire il raggiungimento del bene comune nelle diverse diocesi e nei territori, ha intervistato don Andrea Del Giorgio, vicedirettore del Servizio alla Pastorale Sociale, del Lavoro e della Custodia del Creato della Diocesi di Como.
L’intervista
Nelle scorse settimane è apparso il documento preparatorio per la Settimana Sociale di Trieste che intende essere un momento di confronto per la costruzione del bene comune. In che modo, in questo periodo, le diocesi e i diversi territori, possono incentivare il bene comune e la partecipazione dei cittadini alla vita delle comunità?
“È importante che, il percorso di avvicinamento alla Settimana Sociale, non sia costruito solo dal punto di vista organizzativo, ma sia basato soprattutto sul recupero di tutto quel bagaglio di concetti, idee e valori che possono servire a questo obiettivo. È fondamentale, ad esempio, parlare di democrazia spiegando bene che cos’è e quali sono i valori alla sua base. Bisogna quindi lavorare, a mio parere, su tre questioni che emergono oggi, in particolare sul fronte della partecipazione che, in questo frangente storico, è in crisi. La prima è il crescente e preoccupante astensionismo non solo dal voto, il cosiddetto ‘elettorato passivo’, ma anche dall’impegno attivo in politica e dalla responsabilità nelle strutture democratiche. Bisogna stare attenti, però, a non limitarsi agli aspetti procedurali: ci deve essere la ricerca e la costruzione di una ‘democrazia sostanziale’. Dobbiamo costruire una democrazia in cui i cittadini partecipano davvero e non solamente nel giorno delle elezioni. Il ‘fare comunità’ e l’impegnarsi per il bene comune rappresentano anche una scuola e una ‘palestra’ di democrazia. La terza questione riguarda la Chiesa: per parlare di democrazia, è necessario, come in parte si sta già facendo, compiere un serio percorso sul versante della sinodalità. Distinguendola dalla democrazia stessa per coglierne le rispettive specificità. E non limitandosi alle belle parole e agli accorati appelli alla partecipazione dei laici, ma interrogandosi anche sull’aspetto procedurale, non solo agli alti livelli ma anche alla base, nelle diocesi e nelle parrocchie. Dopo il Concilio Vaticano II abbiamo creato gli organi di partecipazione ecclesiale nell’attuale forma mutuandoli dalle procedure democratiche e, ad oggi, dobbiamo chiederci se funzionano ancora e se c’è la necessità di modificarli.”
Papa Francesco ci esorta a prenderci cura della nostra Casa Comune. In un’epoca come quella che stiamo vivendo, connotata da grandi cambiamenti storici e sociali, come devono agire le persone cattoliche per prendersi cura nel modo migliore del prossimo e della Casa Comune?
“Le persone cattoliche, nel loro agire quotidiano, devono tener presente il criterio dell’integralità. L’ecologia integrale, delineata da Papa Francesco, prevede la cura a tutto tondo della nostra Casa Comune. La cura del cristiano per le persone deve avere luogo ogni giorno a 360 gradi, lambendo ogni aspetto della vita. Nulla di ciò che riguarda l’essere umano e la sua tutela può restare escluso dalla nostra cura.”