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Una doccia per la dignità: i servizi della Casa della Carità

L’intervista di Interris.it al responsabile del servizio docce della Fondazione Casa della Carità Ciro Di Guida

“D” come doccia, “d” come dignità. Questi due sostantivi non sono legati soltanto dalla consonante iniziale, ma anche dalle attività della Fondazione Casa della Carità di Milano, che offre il servizio docce e guardaroba alle persone senza fissa dimora nel capoluogo lombardo – 2.021 secondo la rilevazione “racCONTAMI” di giugno 2023 – o a chi “semplicemente” non ha modo di lavarsi. Farsi una doccia e cambiarsi è spesso quel momento in cui, dopo le ore trascorse tra impegni lavorativi e non, si ha l’impressione di lavar via anche la stanchezza e lo stress, fisici e mentali, accumulati nel corso della giornata. Ci si “ripulisce” e ci si sente meglio. Se questo vale per chi ha un impiego per pagarsi le spese, un’abitazione dove tornare e un nucleo affettivo con cui relazionarsi, assume ancora più valore per chi non dispone degli stessi mezzi e vive in condizioni di marginalità sociale. Situazione che riguarda quel crescente numero di giovani uomini, provenienti principalmente dal nord Africa, che si rivolgono alla struttura e vanno ad unirsi alla sua utenza “storica”. E anche una doccia e un cambio pulito possono rappresentare il primo passo verso una vita nuova.

Aria di casa

“Ogni persona che non ha un alloggio o altri punti di riferimento non ha modo di soddisfare i bisogni essenziali, lavarsi e vestirsi, e noi gli proponiamo questi servizi di base innanzitutto per restituirgli dignità”, spiega a Interris.it il responsabile del servizio Ciro Di Guida. L’accesso alle docce è possibile, su appuntamento, nelle mattine di lunedì, martedì e giovedì. Il primo momento dell’accoglienza è la merenda, con biscotti e tè caldo e durante le feste di Natale anche il panettone. Poi viene fornito il kit per la doccia, con il bagnoschiuma, lo shampoo, gli asciugamani, e il cambio della biancheria. “Cerchiamo di farli sentire a casa, mentre aspettano il loro turno possono caricare il telefono e parlare con qualcuno”, aggiunge Di Guida. Per riempire i tempi morti, nel tempo si è sviluppata e strutturata “Arredare l’attesa”, una serie di attività che vanno dal laboratorio di pittura a quello di sartoria, dalla lettura alla visione di documentari fino al teatro.

Foto di Marco Garofalo

Il vestiario

Oltre alle docce, ci sono sia il servizio di barberia per chi vuole tagliarsi i capelli e quello per il guardaroba, sempre su appuntamento. “Si prende un capo di abbigliamento per ogni indumento che serve, scegliendo liberamente tra camicie, pantaloni e giubbotti”, illustra ancora il responsabile. I vestiti vengono raccolti tramite donazioni e devono essere, seppur usati, in buone condizioni. Chi volesse regalare qualcosa può farlo ogni lunedì dalle 9:30 alle 15 recandosi al civico 8 di via Francesco Brambilla. L’inverno e le temperature rigide fanno crescere la domanda di cose pesanti. “In questo momento abbiamo bisogno di pantaloni, scarpe, maglioni, giacche invernali da uomo e coperte”, rende nota Casa della Carità.

L’utenza

L’impatto della pandemia sulla precarietà lavorativa ed esistenziale latente è stato duro. “Ai nostri sportelli abbiamo assistito sia a un aumento degli italiani che a quello dei giovani tra i 20 e i 40 anni, soprattutto provenienti dalla fascia nordafricana”, precisa Di Guida. L’utenza è a maggioranza maschile, anche se cresce la componente di donne e bambine che si rivolge al servizio guardaroba. Oltre agli africani, si rivolgono alla Casa della Carità anche persone provenienti dal Sud America, soprattutto da Perù ed Ecuador, e dall’est Europa. “Sono tutte persone che vivono in situazioni di disagio, c’è anche chi ha un posto letto dove andare la sera ma altri si trovano in luoghi abbandonati, dismessi, spesso senza un lavoro, senza documenti, senza famiglia” – continua – “che hanno bisogno di una dimora, di un impiego, di cure mediche, ma anche manifestano la volontà di ricongiungersi con i propri parenti”.

Foto di Marco Garofalo

 

La domanda

Allora l’accoglienza del servizio docce e guardaroba può evolvere in una presa in carico che passa, per esempio, dallo sportello di tutela legale per potersi regolarizzare e avere così accesso ai servizi pubblici per i quali è richiesto un documento. Tra i bisogni di chi finisce ai margini, Di Guida osservando che negli ultimi tempi ne sta emergendo uno in particolare: “Chiedono di essere riconosciuti e accolti come persone che hanno diritto di stare nella società”.

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