Allarme per le disuguaglianze dovute al cambiamento climatico. Siccità e precipitazioni estreme aumentano il divario sociale. Colpendo le persone più povere. Il professore Andrea Roventini è docente dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna. E dell’Observatoire Français des Conjonctures Économiques, Sciences Po (Francia). “I nostri studi sottolineano un’urgenza. E cioè l’esigenza di politiche di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico. Combinate con interventi mirati a limitare le disuguaglianze. E a favorire lo sviluppo economico. In particolare nei Paesi più esposti– afferma Roventini-. Questo mix di politiche potrebbe attenuare gli impatti diretti del cambiamento climatico. Incrementare il benessere della popolazione. Ridurre disparità esistenti. E, allo stesso tempo, garantire una crescita sostenibile”. Questo è uno dei principali risultati dello studio appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Curato da ricercatori e ricercatrici dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna. E da EMbeDS (Economics and Management in the era of Data Science). Dipartimento di Eccellenza della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Disuguaglianze in aumento
Il cambiamento climatico è già realtà. E sta mutando in profondità le società in diverse aree del pianeta. Tuttavia, i suoi impatti variano in maniera notevole. Non soltanto tra Paesi. Ma anche tra diverse fasce di reddito. In particolare, siccità e precipitazioni estreme sono dannose soprattutto per le persone più povere. Lo studio combina quarant’anni di dati su variabili climatiche e di disuguaglianza di reddito. Per oltre cento Paesi. Dimostrando che le anomalie di precipitazione hanno aumentato le disuguaglianze di reddito. “Gli impatti sono notevolmente più forti nei Paesi che dipendono largamente dal settore agricolo. Fino a 35 volte superiori se li compariamo con un Paese sviluppato. In queste aree, le persone meno abbienti spesso lavorano nel settore primario. Cioè nell’agricoltura. E la loro sussistenza dipende dalle piogge”, sottolinea Elisa Palagi. Autrice dello studio. E ricercatrice dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna. “A preoccupare maggiormente è che le economie più esposte a questi shock climatici sono anche quelle che partono da livelli di disuguaglianza particolarmente elevati. Come ad esempio quelle di molti paesi sub-sahariani”.
Anomalie di temperatura
“Piove sul bagnato. Molto probabilmente il cambiamento climatico acuirà le disuguaglianze di reddito nel prossimo futuro”, puntualizza Matteo Coronese. Autore dello studio. E ricercatore dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna. “Le nostre proiezioni non soltanto indicano che l’86% dei Paesi nel mondo diventerà più povero. A causa del cambiamento climatico. Ma anche che le disparità di reddito aumenteranno”. prosegue Coronese: “Nel peggiore degli scenari, i Paesi che dipendono fortemente dall’agricoltura vedranno un aumento del 45% della disuguaglianza di reddito. Esclusivamente come conseguenza di anomalie di precipitazione. Se consideriamo anche le anomalie di temperatura, l’aumento atteso arriva al 78%”. I più penalizzati sono i “profughi ambientali”. Meglio conosciuti come “eco profughi” o “rifugiati ambientali”. Rappresentano oggigiorno gran parte della popolazione mondiale costretta a scappare dalle proprie terre di origine. Nella speranza di una vita migliore. E la causa è appunto il “climate change“.
Africa Sub-Sahariana
Francesco Lamperti è anch’egli autore dello studio. Docente dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna. Ed economista presso RFF-CMCC (Resources For the Future-Centro Euro-Mediteranneo sui Cambiamenti Climatici) European Institute on the Economics and the Environment. Specifica che “anche tenendo a mente che le proiezioni climatiche sono caratterizzate da elevata incertezza, le prospettive sono saldamente negative. Ad esempio, nell’Africa Sub-Sahariana lo scenario più pessimista indica che la quota di reddito guadagnata dal 50% più povero della popolazione diminuirà di più del 10%. Come conseguenza di alterazioni nelle precipitazioni”. Mentre “scenari ottimistici indicano effetti positivi molto piccoli”. Inoltre, vi sono specifiche aree del mondo, come l’Europa, dove gli impatti proiettati sono positivi per alcuni Paesi e negativi nelle economie confinanti. “Questo porterebbe ad un aumento delle disparità regionali”, avverte l’economista.
Sos disuguaglianze
Anche Papa Francesco avverte: “Il mondo non può ignorare 254 milioni di sfollati del clima“. Dal Mozambico all’America un esodo inarrestabile a causa dei disastri naturali. Il triplo delle persone che scappano dai conflitti. Un documento della Santa Sede invita a vedere e agire. Tra il 2008 e il 2018, sono stati registrati quasi 254 milioni di migranti ambientali. Una quota tra tre e dieci volte superiore rispetto ai profughi dei conflitti. E destinata ad aumentare secondo Banca mondiale. Eppure, a differenza degli sfollati di guerra, quelli climatici hanno una protezione internazionale limitata. Frammentaria. E non sempre legalmente vincolante. In quanto non esplicitamente riconosciuti dalla “Convenzione sui rifugiati” del 1951.