Nel primo trimestre del 2020 l’occupazione in Italia è scesa del 6,9% sotto il profilo congiunturale e del 6,4% su base annua. A dirlo la recente nota trimestrale dell’ISTAT. Rispetto al trimestre precedente il calo è di due decimi di punto. Non bisogna dimenticare però che dietro i freddi numeri si nascondono storie di persone che da un giorno all’altro sono rimasti senza la principale entrata economica.
Da receptionist a discoccupato
“Quando è stata imposta la quarantena io stavo lavorando come receptionist in un albergo, cinque giorni a settimana e due di riposo, con turni sia diurni che notturni – ha raccontato Mario Fiorelli, 28 anni, ex dipendente dell’hotel Rome Cavalieri Waldorf Astoria –. In vista della riapertura la direzione ha deciso di dare spazio a turno a più di venti collaboratori. A maggio nessun elemento dello staff lavorava più di un giorno a settimana. Questa prestazione continuava a essere pagata dalla società, mentre i restanti sei giorni è intervenuto lo Stato. Il 9 giugno però il mio contratto è scaduto e adesso sono disoccupato. L’azienda si è resa disponibile a riprendermi, ma non subito perché non ci sono turisti. Vorrei ringraziare comunque i miei ormai ex datori di lavoro perché, nonostante il periodo di crisi, hanno anticipato a noi dipendenti quanto avremmo dovuto percepire di cassa integrazione in attesa dell’erogazione da parte dell’INPS. E questo non è da tutti. Certo, non è facile restare a casa, ma non mi arrendo: questo periodo passerà”.
Da pasticcere a precario
“Io lavoro da quando avevo 17 anni e per non restare a casa tra il divano e il letto avrei fatto qualsiasi cosa – ha spiegato Pierluigi Reho, 47 anni –. Prima dell’avvento del coronavirus lavoravo in una pasticceria, che ha chiuso nella speranza di riaprire in un paio di settimane, ma così non è stato. Appena sono stato licenziato, ho subito iniziato a mandare il mio curriculum ovunque. Dopo pochi giorni mi ha chiamato una cooperativa specializzata nel settore delle pulizie. Qui ho un contratto precario a ore, ma sono sempre insieme alle persone: mi piace lavorare a contatto con medici, infermieri e pazienti”. Pierluigi in particolare si è trovato a operare all’interno del reparto COVID dell’ospedale San Filippo Neri di Roma. “Nonostante la situazione vado a lavoro contento – ha detto –. I pazienti temono di contagiarmi ma io non ho paura e se i miei colleghi non se la sentono di avvicinarsi troppo a loro, faccio da solo. In fin dei conti parliamo di persone già sottoposte a tampone e con risultati negativi. Un impegno il nostro riconosciuto dai nostri stessi dirigenti, che si sono tolti il 20% dei loro stipendi per donare a noi dipendenti in prima linea dei buoni da 250 euro spendibili in vari negozi. Al netto di questo però mi sento fortunato: in un periodo così difficile sapere che qualcuno vuole investire su di te ti fa sentire motivato a fare il meglio”.