“Solchi nella psiche”. Centri non attrezzati per riaprire e disabili a casa

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“Sono tante le persone che sono morte, non di Covid, ma di altre malattie, perché non si sono curate, perchè non potevano curarsi, perchè non potevano essere curate. Perchè erano spaventate, perchè sono state spaventate tanto da morirne- racconta a Interris.it Antonio Massacci, in prima linea nell’Anffas a sostegno delle famiglie dei disabili intellettivi-. Si sono scavati, sulla psiche di tante persone, solchi così profondi da non poter essere richiusi, a breve o forse mai”. Per decreto il governo ha autorizzato da lunedì scorso la riapertura dei centri diurni ma molte strutture continuano a restare chiuse in attesa delle disposizioni regionali sui tamponi e le misure di sicurezza da garantire obbligatoriamente all’interno degli spazi nei quali si svolge l’assistenza e la terapia. Con situazioni kafkiane come quella nelle Marche dove i responsabili delle cinque Asl autorizzano i centri diurni per disabili e tossicodipendenti a riprendere le attività, ma il coordinatore regionale no. Non si può riaprire senza un protocollo che stabilisca chi deve fare i test e quali sono le linee guida per una ripartenza a norma. E così molti centri diurni sono fermi dall’inizio della pandemia. Per il governo potrebbere ripartire e invece è praticamente impossibile non sono solo per le diatribe tra Roma e le Regioni su come procedere ma anche quelle tra le autorità sanitarie regionali e le Asl delle diverse province. Uno stallo burocratico che produce disagi drammatici nelle famiglie.Qual è la situazione?

“Sul territorio la situazione è a macchia di leopardo. Abbiamo appena concluso une serie di videoconferenze con i gruppi di aiuto e le differenze locali nei centri diurni sono enormi. Molte strutture sono ospitate in edifici di vecchia costruzione e non hanno né spazi né possibilità di adeguarsi alle misure anti-contagio. Le regole scritte nel decreto non sono applicabili”.

Come si è arrivati a questa condizione?

“Esiste un prima. Prima che giungesse da noi, l’allora epidemia da “Corona Virus”, corona virus perchè non ancora identificato, non ancora isolato e quindi senza un suo vero nome, manifestatasi in una provincia della Cina, l’Ubei (58 milioni di abitanti più o meno) ed in particolare nella sua città più importante (Wuhan), in Italia non preoccupava nessuno. In nessuno dei nostri, presuntuosi “Staterelli” e nessuno dei nostri ancor più, presuntuosi, “Staterellisti” prendevano in considerazione l’eventualità che anche in Italia sarebbe potuto accadere quello che stava accadendo a Wuhan. Nessuno in Italia, nemmeno io, ipotizzava quello che poi sarebbe accaduto, il dramma che molte persone avrebbero vissuto. Nessuno ma proprio nessuno in questo, nostro prima, era consapevole che sarebbero giunti al pettine i nodi della distruzione del “Sistema Sanitario Nazionale”. Distruzione perpetrata sistematicamente negli Staterelli con la complicità ed il volere non dello Stato ma della politica: povera, che abbiamo espresso e che esprimiamo attraverso le nostre scelte”.Di quali responsabilità è possibile individuare una traccia in questa emergenza sanitaria senza precedenti?

“C’è un politica sempre più povera: quella delle opposizioni come quella delle maggioranze, ballerine ed instabili che si sono succedute negli ultimi lustri. Nessuno, nel nostro Paese, ha immaginato, nemmeno lontanamente che nella regione d’Italia più osannata, più ricca e popolosa e che si ritiene più efficace ed onesta. La regione sempre o quasi sempre amministrata da quelli bravi, dove eccelle, anzi, dove vendevano come eccellente, l’opera delle grandi industrie ospedaliere nelle quali, attraverso oscure alchimie, è stata costretta a curarsi molta parte della popolazione italiana. Cure vendute bene più che cure effettivamente efficaci”.Cosa significa per i disabili affrontare una pandemia?

“Per le persone con disabilità complesse la distanza è inattuabile, chi ha scritto il testo non ha mai messo piede in centri nei quali è indispensabile interagire per qualunque terapia. E come si assicura il distanziamento quando si dispone solo di due stanze?. Ad aggravare la condizione di genitori e familiari è la ripresa delle attività economiche. A chi saranno lasciati i congiunti con disabilità? In mancanza di assistenza domiciliare, tutto il peso di questa condizione di emergenza ricade sulle famiglie. Le regole fissate per decreto impongono di fatto alla metà dei centri diurni di restare chiusi. E anche l’apertura forzata di strutture non in grado di mettersi a norma produce effetti negativi perché gli operatori non hanno mezzi per fronteggiare la situazione. C’è, poi, un ulteriore contraccolpo sulle famiglie”.Quale?

“Sono serviti anni per far entrare le persone nei centri e inserirle gradualmente, adesso la regressione provocata dal periodo di chiusura richiederà un lavoro difficile e complesso e in Italia, a seconda della regione in cui si vive, le realtà sono qualitativamente e quantitativamente molto differenti. In base alle disposizioni per la riapertura, metà delle strutture non sono a norma e anche nei centri diurni che riaprono potranno essere assistiti e accolti in sicurezza solo un terzo dei disabili. Di tutti gli altri costretti a restare a casa chi si prenderà cura ora che i genitori devono ricominciare a lavorare?”.Come si sta comportando la ricerca scientifica?

“In Italia il Covid-19 è stato isolato, in laboratori di ricerca pubblici, da ricercatrici precarie e mal pagate, dicono. La ricerca da molti anni è stata lasciata al privato. La fa, quando ci sono grandi numeri, quando conviene, altrimenti non ci investono. Si pensava che dopo averlo isolato, il virus, sarebbero bastati pochi giorni per sconfiggerlo ma non è stato così. Intano come cittadini abbiamo continuato ad essere in balia di leader politici presi dal desiderio di apparire, sempre più arsi dal fuoco della propaganda. Siamo stati torditi, mano mano, da un sempre più virulento terrorrismo mediatico, dove venivano chiamati ad esibirsi, pseudo “scienziati” in disaccordo tra loro o facenti funzione non ben precisate, che davano numeri discordanti. Informazioni non attendibili. Nella fase del durante sono emersi decisori inesperti e impreparati ed avversari spudorati e privi di vergogna che chiedono per illudere, anzichè per soddisfare bisogni realmente esistenti”.Tra Stato e Regione è così difficile concordare una linea comune sui centri diurni?

“Le disposizioni del governo non tengono conto che mantenere le distanze quando ci si prende cura di persone non autosufficienti o con ridotte autonomie è praticamente impossibile. Ogni regione si regola a modo suo. La mancanza di uniformità sul territorio nazionale e l’instabilità decisionale lasciano in un limbo angosciante condizioni di vita già complesse, dolorose e difficili da gestire. Anche tra noi genitori molti se le prendono con le cooperative e gli enti gestori ma anche loro soffrono la tragica carenza di mascherine, guanti, materiale igienizzante e senza direttive precise. Assistere in casa forme di disabilità complesse richiede energie, possibilità, mezzi fisici, spazi adeguati e forza necessaria ad una cura continuativa. “nessuno sarà lasciato solo” è uno slogan, un ritornello sganciato da una realtà totalmente diversa, fatta di sostegni domiciliari inadeguati e percorsi tortuosi per accedere alle cure in caso di bisogno. Tutto ciò nel vuoto di soluzioni adeguate, di piani calati nel concreto. Eppure la disabilità non è una scelta ma una condizione subita, che prescinde dal volere individuale”.

Come sta procedendo la ripartenza?

“Di certo in questa fase 2, noi vediamo croci, tante croci, piantate da mani sconosciute, anche in fosse comuni o in loculi pluriposto dove vengono inumate le ceneri dei cremati. Di certo sappiamo che, in questa fase, nella fase del durante, si muore soli, senza affetti, senza benedire, senza essere benedetti. Ancora non sappiamo quando sarà il “dopo”. Possiamo già ipotizzare però, che dopo, si andranno a sistemare le croci già piantate e si continuerà a piantarne. Si continueranno a piantare croci sulle tombe di chi morrà. Non solo di chi morirà di Covid ma uccisi da lui e dalle sue conseguenze”.

Conte in videoconferenza – Foto © Ansa

Quale “dopo” è ragionevole attendersi?

“Non sappiamo quale sarà il dopo di chi non ha più un lavoro, di chi è fallito. Non sappiamo quale sarà il dopo di chi ha perduto quanto aveva di più caro. E non sappiamo nemmeno se dopo, continueremo ad essere ignavi, se continueremo ad essere gregge. E non sappiamo quando sarà il dopo in cui ci potremo realmente reincontrare, riabbracciare, senza farci del male. Dopo, perchè ci sarà comunque un dopo, quando si riavvolgerà la pellicola e si riguarderà il film e sarà la storia a giudicare, certo: emergerà che questo pianeta, la Terra, ha preteso dal mondo che su di essa s’è sviluppato, il pagamento d’un pedaggio, nemmeno troppo caro, come compenso per i danni che gli abbiamo inflitto. Dopo, per chi avrà un dopo, sarà d’obbligo ricontare le croci. Sarà d’obbligo ricordare, quanto è stato bello il mondo, quand’era spento”.

 

 

 

 

 

 

Giacomo Galeazzi: