Emergenza disabilità sul lavoro. Le misure obbligatorie sulla “diversità” sono inapplicate da otto aziende su dieci. Evidenzia a Interris.it Antonio Massacci da molti anni in prima linea nell’onlus Anffas che dà voce ai familiari dei disabili: “La disabilità non è una scelta ma una condizione, subita, per questioni ambientali e stili di vita che prescindono dal volere individuale“. Una svolta è prevista per il prossimo autunno. Tre mesi per arrivare a una legge quadro che include la disabilità. Entro dicembre l’Italia avrà una norma per rafforzare l’autonomia delle persone con disabilità. Tra gli obiettivi della riforma c’è quello di promuovere la deistituzionalizzazione. Cioè il trasferimento dei disabili dalle istituzioni pubbliche o private alla famiglia o alle case della comunità. I concetti di diversity ed inclusioni compaiono già nella normativa sulle pari Opportunità (legge 165 del 2001). L’inserimento in azienda di persone con disabilità fisiche e psichiche è già previsto sulla carta, quindi. Ma la realtà è ancora molto lontana dalle intenzioni del legislatore.
Sos disabilità
Rispetto alla media Ue l’Italia è in ritardo nell’adozione di politiche e pratiche di “diversity management“. L’80% delle imprese italiane sono ferme su questo fronte. O si muovono lentamente. Il quadro è in evoluzione. Ma i risultati complessivi rimangono insoddisfacenti. La percentuale di imprese che adottano queste politiche è ancora piuttosto bassa. Alcune realtà (come Atlantia) fanno un passo avanti in questo ambito. Arrivando a definire anche gli impegni concreti dell’azienda su questo tema. La professoressa Simona Cuomo insegna Risorse umane alla scuola per manager dell’Università Bocconi. E coordinata il laboratorio sulla diversità e l’inclusione nelle imprese. Proprio questo team ha dato un supporto ad Atlantia nella elaborazione delle nuove linee guida.
Solo il 20% a norma
In Italia solo un quinto delle imprese (il 20,7%, pari a oltre 5.700 unità) ha adottato almeno una misura obbligatoria per legge. Con l’obiettivo di gestire e valorizzare la diversità tra i lavoratori legate a disabilità, età o nazionalità. L’applicazione di tali misure coinvolge il 34% delle imprese di grandi dimensioni. Quelle cioè con almeno 500 dipendenti. A fronte del 19,8% delle imprese più piccole (50-499 dipendenti). In questo senso, osserva la professoressa Cuomo, la mossa di Atlantia ha maggior valore. Perché la dichiarazione d’intenti e l’adesione ai valori devono essere formalizzati. In modo da essere visibili e riconoscibili per tutta la comunità a cui si rivolgono. “E’ il primo passo importante con cui un’organizzazione dichiara il proprio impegno“, sottolinea la docente della Sda Bocconi.
Pratiche
In questo modi si mostra, al di là della dichiarazione e formalizzazione dei principi in una policy, l’impegno concreto. Ossia attraverso politiche e pratiche che un’impresa decide di prendere verso i suoi lavoratori. Solo successivamente, quindi, si chiede ai lavoratori di impegnarsi nella stessa direzione. “E’ questo un punto di apprendimento, un esempio che altre imprese potranno seguire“, conclude la professoressa Cuomo.