Disabili e accessibilità digitale: la semplificazione complicata

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Foto di Marvin Meyer su Unsplash

La prossimità sempre maggiore tra uomo e macchina impone via via nuove sfide. Le quali non riguardano esclusivamente l’adeguamento alle risorse digitali o informatiche, quanto una reale disciplina nel loro utilizzo. Del resto, non può esserci transizione digitale senza la consapevolezza di una piena garanzia dei diritti fondamentali, a cominciare dalla tutela della dignità della persona. Per questo, in una fase di passaggio alla piena digitalizzazione dei servizi pubblici, occorre riflettere sul reale contraccolpo per coloro che, dalla rivoluzione, rischiano di essere tagliati fuori. E, ancora una volta, si tratta dei più fragili. Interris ne ha parlato con Paolo Berro, ricercatore ed esperto di software e tecnologie digitali. Anche al servizio del cittadino: “Alcuni anni fa partecipai alla redazione della Legge Stanca, una delle più innovative a livello europeo per quel che riguarda la disabilità”.

 

La questione dell’accessibilità digitale in realtà è un nodo, anche piuttosto intricato. Basti pensare alle difficoltà ancora riscontrate da chi è in condizioni di disabilità per espletare un atto basilare, come la firma…

“Al momento sto facendo degli studi sulla situazione dei documenti digitali nei Comuni italiani. A livello documentale, per quanto riguarda l’accessibilità dei documenti, la situazione non è così tanto positiva. Quando un cittadino va in Comune o cerca online della documentazione, dei moduli per concessioni edilizie o per il rilascio di determinati certificati, la situazione è ancora difficile perché non c’è la concezione di dover renderli accessibili per chi ha problematiche motorie o disabilità. Spesso la compilazione dei documenti dev’essere fatta da una terza persona e, per quel che riguarda la firma, è un problema”.

Soluzioni?

“Si ricorre alla firma per procura, con una pratica notarile molto dispendiosa e senza che alcun ente ti passi la spesa. Oltre al danno, in sostanza, arriverebbe anche la beffa. Ma non è solo questo…”.

Ci sono altre problematiche. Dove si riscontrano perlopiù?

“Sorge la problematica del voto. Una persona non vedente, ad esempio, non può entrare da sola in un seggio, perché non saprebbe dove firmare. Allo stesso modo, chi non può usare le mani, deve entrare con un accompagnatore al quale delegare. Si creano problematiche di autonomia, accessibilità e anche di privacy, perché una persona disabile, in questi casi, non può averne quanto un normodotato, perlomeno non allo stesso livello. I moduli non accessibili diventano problematiche importanti che devono essere risolti”.

In sostanza, non è solo questione di semplificazione ma anche di garanzia sulla tutela dei diritti…

“Assolutamente sì, anche se non si tratta di un problema recente. Certo a oggi, con le tecnologie che ci sono, diventa impensabile non poter garantire l’autonomia a una persona con disabilità”.

Cosa ci frena? È un problema culturale o, visto che parlavamo di costi, anche di risorse?

“Secondo me è un problema di ignoranza della questione. In molti contesti amministrativi, si ignora di fatto che vi siano delle tecnologie che possano consentire questo. La firma digitale, prima di ottenerla, richiede passaggi e servizi che sono ancora inaccessibili. Ora, con un nuovo servizio, le Pubbliche amministrazioni consentono l’accesso a un portale nazionale all’interno del quale puoi identificarti con lo Spid e ottenere una serie di servizi e documenti”.

E funziona?

“Dopo una verifica risalente a poco tempo fa, risulta che l’accesso a questo portale è ancora inaccessibile. Ci sono degli errori di programmazione: le persone non vedenti, che utilizzano software di lettura schermo, hanno difficoltà a causa di questo. In sostanza, si fornisce un servizio incompleto. E le persone con disabilità, si trovano a dover constatare che non è stato fatto nulla per risolvere le problematiche”.

Durante e dopo la pandemia si è ampiamente parlato di implementazione degli sportelli digitali e, in generale, della tecnologia al servizio del cittadino. A che punto siamo realmente?

“La pandemia ha velocizzato la transizione digitale, implementato l’utilizzo della tecnologia ma non ha fatto altrettanto con lo sviluppo degli applicativi per aiutare le persone con disabilità. In Italia c’è la Legge Stanca, tra le più belle e importanti a livello europeo per la tutela delle persone con disabilità. E il concetto di accessibile, implica che chi utilizzi un ausilio, come un programma o un software, possa interagire con le informazioni che vengono fornite tramite un meccanismo informatico. Quindi, acquisirle nonostante le disabilità. Farlo in autonomia”.

Però c’è un problema di risorse…

“La pandemia ha velocizzato la diffusione della tecnologia a più persone, tanti hanno anche dovuto imparare a fare qualcosa da casa. Ma la possibilità di poter accedere a tanti servizi non è stata ancora resa possibile. Agit, l’agenzia governativa che monitora l’accessibilità delle Pubbliche amministrazioni per le categorie impattate dalla Legge Stanca, si trova con poche risorse a dover controllare una miriade di siti. Se ci fosse maggiore disponibilità, sarebbe più semplice predisporre controlli e accedere ai servizi”.

Sul piano legislativo esistono punti d’appoggio? Magari anche in ottica europea…

“C’è una legge italiana, importantissima, la 67 del 2006, chiamata anche ‘antidiscriminazione’. Una legge brevissima e poco conosciuta ma che riguarda tutte le persone che si sentono discriminate. E spesso vi si è fatto ricorso, anche in merito all’accessibilità digitale. Credo che, dopo 18 anni, sia assolutamente imperativo e doveroso adeguarsi alle normative e dare pari accessibilità. Non dimentichiamo che le disabilità possono essere croniche ma anche provvisorie”.

Damiano Mattana: