La tutela della salute è un elemento imprescindibile dei diritti umani internazionalmente riconosciuti. In particolare, lo stesso, è concepito come il diritto di ogni persona a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire. Interris.it, in merito alla condizione attuale di questo diritto e alle azioni messe in campo dall’associazionismo cattolico per tutelarlo in base al paradigma della fraternità, ha intervistato il dott. Giuseppe Imbrogno, referente welfare e area progettazione di Acli Lombardia in merito all’attività e agli obiettivi di “Acli Rete Salute”.
L’intervista
Dott. Imbrogno, come nasce e che obiettivi ha “Acli Rete Salute”?
“’Acli Rete Salute’ nasce su ispirazione di iniziative analoghe che riguardavano il mondo dell’associazionismo e del Terzo Settore in generale, sia delle esperienze all’interno del mondo Acli. In particolar modo, tale azione, riguarda degli specifici sportelli, i quali hanno il compito di aiutare le persone che sono in possesso di un’impegnativa per una prestazione sanitaria e, di conseguenza, a vedere riconosciuto il diritto ad essere curati nei tempi e nel territorio previsto. Questa esperienza si è diffusa gradualmente e, in qualità di Acli, abbiamo pensato che fosse un’iniziativa assolutamente lodevole e, a livello regionale, abbiamo quindi deciso di accompagnare la nascita di altri sportelli territoriali operanti in questo campo”.
In che modo, attraverso l’attuazione dei principi costituzionali, si può garantire e incentivare il diritto alla salute?
“Il diritto alla salute e alle cure di ogni cittadino è sancito dalla nostra Costituzione. Nonostante il federalismo regionale, il quale, a mio parere, ha indebolito e non aumentato questo diritto costituzionale, di fatto, in termini normativi, è ancora garantito. Il problema, come abbiamo evidenziato noi delle Acli, riguarda la differenza tra ciò che è previsto e quello che, di fatto, avviene. Su questo versante, il primo livello, effettuato anche dagli sportelli ‘Acli Rete Salute’, è rappresentato dal fatto di mettere le persone nelle condizioni di esigere il proprio diritto costituzionale alla salute. In particolare, ciò che operativamente viene fatto, mandando una comunicazione ufficiale alla ASST di riferimento, in cui si segnala che, una determinata persona che aveva una prenotazione per una visita entro trenta giorni, non riesce a vedere garantito questo diritto entro la tempistica stabilita, oppure in un territorio diverso da quello di appartenenza. In tutti questi casi, la norma dice che ci si può appellare, fare questa comunicazione alla quale, in genere, le ASST, reagiscono positivamente chiamando i diretti interessati e prenotando la prestazione necessaria. C’è poi un secondo livello molto importante a cui stiamo lavorando come sistema Acli, ovvero il rendere più consapevoli le persone in merito al fatto che, tutti questi, sono loro diritti. Purtroppo, sta passando sempre di più il concetto per cui, al fine di vedere garantito un diritto, si debba pagare di tasca propria senza ricorrere al Sistema Sanitario Nazionale. Questo è un tema su cui agire perché, nel momento in cui una persona non è consapevole dei propri diritti, corre il rischio di diventare un cittadino di serie b. L’esercizio della cittadinanza avviene attraverso l’informazione di quali sono i propri diritti e, in seconda battuta, di dove possono essere riconosciuti. Questi due sono gli aspetti fondamentali su cui stiamo agendo in maniera efficace”.
Quali sono i vostri auspici per l’innovazione del welfare in senso inclusivo e per lo sviluppo di Acli Rete Salute?
“In riguardo agli aspetti sanitari, il nostro auspicio e un primo impatto che ci dovrebbe essere, è quello di non avere le attuali infinite liste d’attesa che, è bene ricordare, riguardano soltanto chi si rivolge al Servizio Sanitario Nazionale e non chi paga di tasca propria e molto. Per far sì che ciò succeda, occorre che, i cittadini, chiedano conto dell’attuale situazione la quale, soprattutto in Lombardia, non è assolutamente adeguata. Serve un centro unico di prenotazione per tutte le strutture, pubbliche e private, che devono poter essere da un numero unico di prenotazione in grado di vedere le disponibilità e, in base a queste, prenota la visita. L’altro elemento da porre in essere riguarda gli enti pubblici preposti, che devono riprendere il loro ruolo di programmazione reale dell’offerta sanitaria. Deve essere rimesso al centro l’assioma fondamentale che, la sanità e la salute, sono dei diritti fondamentali. Non ci può essere differenza tra chi può pagare e chi non può permetterselo. Le strutture sanitarie e gli specialisti presenti sui vari territori, quindi, devono essere parametrati in base ai reali bisogni della popolazione”.