La difficile situazione dei cristiani nei Paesi dell’Africa centrale

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Pasqua per alcuni credenti in Cristo non è esattamente quel momento di serenità e gioia che la liturgia della Risurrezione vuole attualizzare. 

In particolare, pensiamo a certi paesi del continente africano, in cui i cristiani non hanno vita facile. Ne parliamo con Luca Mainoldi, giornalista dell’Agenzia Fides ed esperto di questi argomenti.

Quali sono le zone o i Paesi dell’Africa in cui la situazione per i cristiani è più difficile?

“In questo momento ci sono diverse zone della Nigeria e la fascia saheliana che comprende Paesi come il Burkina Faso o il Mali. C’è instabilità generale nel Centro Africa anche se lì la situazione in questo momento sembra calma. La Nigeria sta cercando di consolidare lo stato centrale, la situazione sembra in via di miglioramento.

Nel nord del Mozambico c’è una situazione particolare, perché in quella zona del Paese è nato un movimento jihadista che è legato a una questione locale. Infatti di recente investitori stranieri hanno iniziato a sfruttare giacimenti di gas e le popolazioni sono state tagliate fuori. Così è nato un malcontento che è sfogato in un movimento jihadista, che probabilmente ha uno “sponsor” esterno.

Tutto va inquadrato in un problema più ampio. In Africa da un decennio sta avanzando un movimento jihadista che si innesta in una situazioni già esistenti.

Laddove c’è un problema di democrazia, o di carattere etnico  i jihadisti si sono inseriti in questo gioco. Da un lato sfruttando le divisioni interne, dall’altro paradossalmente dando una risposta. Quando ci sono etnie differenti ma entrambe musulmane, mettono da parte le differenze etniche e combattono i nemici che sono i cristiani. Per questo i cristiani sono attaccati in funzione di una unificazione politica.

La dimensione religiosa c’è e viene sfruttata soprattutto per una dimensione politica, per dare un incentivo di carattere ideologico alle persone che vanno a combattere per creare un nemico: ‘noi da questa parte, loro dall’altra’. 

La situazione più complessa è quella della Nigeria, un paese da 200 milioni di abitanti, una cosa di cui qui in Europa non ci rendiamo conto, che è composta da centinaia di etnie. Lì c’è un movimento jihadista nato intorno al 2008-2009 che ha subito diverse mutazioni: un filone che fa riferimento al califfato, un altro che fa riferimento al Al Qaeda. Questa è più una questione di visione interna, che non un collegamento operativo con le ‘casa madre’. Essi stessi lo usano in funzione di propaganda, per avere più visibilità all’estero. 

Ciò comporta che esistono dei passaggi e dei collegamenti che agiscono nelle regioni limitrofe. Soprattutto nella fascia del Sahel, dove ci sono questi due movimenti jihadisti.

Non bisogna dimenticare che esiste una dimensione criminale sotto queste cose. 

Si creano soprattutto movimenti legati ai traffici di esseri umani, di droga, armi e sigarette. Si creano grossi flussi che attraversano queste regioni. 

In Nigeria c’è un altro problema legato ai pastori fulani, un’etnia nomade presente anche in altri paesi del Sahel, dove sono chiamati peuls, che si muovono con il bestiame e vanno a insediarsi nelle terre dove ci sono gli agricoltori stanziali. Accade che i fulani sono musulmani, mentre in genere gli agricoltori sono cristiani. Anche In questo caso c’è un fattore religioso ma il problema vero è lo spartimento delle risorse. Ultimamente anche questi fulani sono diventati più aggressivi, sono anche armati (forse la armi sono arrivate dalla Libia?) e sono entrati in un giro diverso, di tipo anche politico. 

Agiscono e creano dei problemi non solo in diverse zone della Nigeria, ma anche in Paesi della fascia saheliana”.

  1. Chi sono i “persecutori” dei cristiani dell’Africa e perché i cristiani darebbero fastidio?

“Va detto che sebbene nelle Chiese africane c’è ancora la presenza di missionari, ormai ad esempio la Chiesa nigeriana cammina con le proprie gambe: preti e vescovi sono locali, anzi sono loro che iniziano a fare i missionari in Occidente… I missionari ci raccontano che la religione viene strumentalizzata, anche perché l’Islam originale che sta in Africa, soprattutto nell’Africa sub sahariana è quietista, non è aggressivo, ha una concezione molto pacifica della religione. Negli ultimi anni, prima ancora dell’arrivo degli jihadisti, c’è stato un afflusso di predicatori provenienti dai Paesi arabi che hanno trasmesso una visione dell’islam molto più rigorosa. Questo ha preparato anche il terreno al jihadismo. Anche i capi islamici locali erano molto allarmanti della presenza di questi predicatori, che andavano contro lo stile locale”.

  1. C’è pericolo per le imminenti celebrazioni pasquali? si temono attentati come quello avvenuto di recente in Indonesia?

“Purtroppo negli anni scorsi in coincidenza delle festività si sono verificati dei fatti sanguinosi, ma si tratta di episodi e non possiamo generalizzare; avvengono in determinati momenti, ma certo la possibilità che si ripetano non è da escludere, visto il pregresso.

Bisogna inquadrare bene il problema, è un problema di carattere più generale, politico, economico e anche religioso, perché è chiaro che se i predicatori hanno seminato una visione estremamente militante della questione, questo costituisce un problema. Le varie situazioni nei Paesi africani possono essere diverse, bisognerebbe vedere caso per caso.

Anche qualcuno dall’esterno può soffiare acqua sul fuoco. Boko Haram aveva iniziato ad operare quasi con arco e frecce e ora invece possiede un armamento pesante.

Il problema delle armi di questa gente è la disgraziata operazione fatta contro Gheddafi, che ha aperto un vaso di pandora. Infatti l’arsenale di Gheddafi si è riversato dal Sahel in giù. Era costituito da molte armi leggere e quindi di armi in circolazione ce ne sono tante.

Se vediamo solo dalla prospettiva un po’ stretta delle persecuzioni dei cristiani, non riusciamo a comprendere il tutto. Certo che queste ci sono, e in chi le subisce le avverte come una persecuzione nei propri confronti. In Nigeria le chiese protestanti cominciano a nascere movimenti di auto difesa. Ma in una visione più ampia, i problemi per i credenti in Cristo hanno origini diverse da quelle legate alla fede”.

 

Mariangela Musolino: