Di Maolo (Serafico): “Il prendersi cura viene prima dell’atto tecnico del curare”

© Istituto Serafico

Una delle premesse più importanti dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni unite è che nessuno sia lasciato indietro, soprattutto i più fragili della società. Ma per le persone con disabilità, circa un miliardo, il percorso è ancora irto di ostacoli, nonostante i passi avanti nell’ambito dell’inclusione. Stringendo l’obiettivo sul nostro Paese, dove rappresentano il 5,2% della popolazione italiana (3,1 milioni di persone) secondo l’Istat, una delle difficoltà che le persone con disabilità riscontrano riguarda l’accessibilità alle cure mediche del Servizio sanitario nazionale, secondo quanto emerge da una recente indagine realizzata dall’Istituto Serafico per sordomuti e ciechi di Assisi, ente ecclesiastico ed eccellenza italiana per la riabilitazione, la ricerca e la cura per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali. Costoro si trovano infatti di fronte, in base a quanto emerso dallo studio, alla scarsità di percorsi ad hoc per persone con disabilità, alle barriere architettoniche, alla difficoltà di comunicazione col personale sanitario dei propri bisogni, fino alla necessità di doversi spostare in un’altra regione per curarsi o farsi visitare. “I servizi del Sistema sanitario nazionale sono pensati e sviluppati per i malati non disabili, non per le persone malate con disabilità”, spiega a Interris.it nell’intervista che segue la presidente del Serafico Francesca Di Maolo.

Lo studio

La ricerca del Serafico ha preso in esame le situazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie, come quelle di numerose associazioni del settore. In un caso su due i soggetti intervistati hanno detto di aver rilevato l’assenza di percorsi specifici per persone con disabilità e raramente in poco più di un terzo dei casi, inoltre il 37,6% ha indicato la presenza di barriere architettoniche nelle strutture sanitarie. Gli intervistati hanno anche evidenziato le difficoltà nel comunicare al personale sanitario i propri bisogni e quelle nella gestione, da parte degli operatori, dei comportamenti problematici delle persone con disabilità psichiche. In aggiunta, quasi l’80% (79,6%) ha detto di essersi dovuto rivolgere a più di una struttura sanitaria prima di ricevere un’adeguata assistenza, mentre il 63,3% del campione ha dichiarato di dover uscire dalla propria regione per effettuare le visite di routine o ricevere le cure necessarie.

L’intervista

Presidente, come commenta quanto emerso dal vostro studio?

“Nel nostro Paese andiamo per compartimenti stagni, abbiamo pensato i servizi di riabilitazione e l’assistenza domiciliare per le persone con disabilità ma i servizi del Sistema sanitario nazionale sono pensati e sviluppati per i malati non disabili, non per le persone malate con disabilità. Si sono fatti progressi, come i bagni appositi per le persone con disabilità, ma non si tratta solo di persone in carrozzina – penso a chi ha gravi disturbi del comportamento e necessita di una sedazione per fare le analisi del sangue. I ragazzi con disturbi del neurosviluppo come anche le persone anziane con demenze non riescono a comunicare facilmente con il personale sanitario. Inoltre a volte ci si imbatte nelle limitazioni degli strumenti diagnostici a disposizione, abbiamo avuto per esempio il caso di un ragazzo con disabilità grave che ha dovuto affrontare un viaggio per trovare il macchinario adatto per un’endoscopia. Occorre creare una rete informativa a monte, quando il caregiver della persona con disabilità si rivolge al medico di famiglia quest’ultimo deve saperlo potere indirizzare”.

Dal vostro punto di osservazione vedete emergere nuove forme di disabilità o qualcuna di queste in aumento?

“Da tempo lanciamo l’allarme sull’autismo, i nostri servizi sanitari e la nostra società, sempre più individualistica, non sono preparati. Tra i giovani le disabilità emergenti sono legate al neurosviluppo e ai disturbi del comportamento, inoltre sempre più famiglie si trovano a dover convivere con forme di demenza come l’Alzheimer, spesso senza un accompagnamento per i caregiver. L’intero sistema della fragilità è da ripensare”.

Come si deve ripensare la sanità in modo da garantire a tutti l’accessibilità alle cure?

“Tra le cose fondamentali per non scartare nessuno ci sono l’educazione, il lavoro e la salute, che non è solo il Ssn ma anche altro. Oggi si danno dei servizi non in base ai bisogni delle persone ma in base alla consistenza delle risorse finanziarie. La politica deve allora riappropriarsi di una visione e condividere valori e strade da percorrere. Bisogna ripensare il sistema in base ai bisogni essenziali delle persone, oggi ci si ammala non solo per cause biologiche ma anche per quelle legate ai determinanti sociali, come la povertà o la mancanza di lavoro”.

© Istituto Serafico

Come l’Istituto Serafico coniuga la cura con il prendersi cura?

“Si parte dal considerare che la vita umana vale sempre e non ci si arrende, si guarda alla persona perché prendersi cura viene prima dell’atto tecnico, è essere in relazione. A cominciare dalla bellezza degli ambienti, riportiamo la persona al centro per farla partecipare alla vita, offrendo servizi che non sono solo attività per la riabilitazione ma delle occasioni per riscoprire la propria dignità e che la salute non è una sommatoria di funzioni”.

Qual è il messaggio della Giornata internazionale per le persone con disabilità?

“E’ una presa di coscienza per seminare nella quotidianità che quello che diciamo. Le persone con disabilità vivono con le loro necessità e i loro bisogni tutto l’anno e in un mondo interconnesso il bene di ciascuno è il bene di tutti”.

Lorenzo Cipolla: