“Quel miliardo che si cercava in realtà c’era già ma nessuno lo aveva visto. Quindi per settembre abbiamo 2,5 miliardi, perché 1,5 lo avevamo messo nel decreto rilancio e ora abbiamo un miliardo in più”. A garantirlo è il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Come a dire che i sostegni da mettere in campo sono più del doppio di quelli previsti. E, visto mai, anche i supporti da fornire a una scuola che, preso atto della data ufficiale di ripresa, dovrà fare i conti, a partire dal 14 settembre, con l’atto pratico del nuovo inizio.
Una ripartenza voluta, dopo la prova non superata della didattica a distanza e la consapevolezza di come le lezioni in presenza rappresentino un tratto essenziale per garantire una buona offerta didattica. Un dato confermato dai sondaggi svolti da Terre des Hommes che, per quanto riguarda gli studenti, hanno individuato solo nel Milanese un 30% che non è riuscito a seguire le lezioni.
Didattica in presenza
Un dato da tenere in considerazione, anche in relazione all’epoca nella quale ci troviamo, in cui le tecnologie rivestono un ruolo di rilievo, se non essenziale nello scorrere della vita di tutti i giorni. Una sfida persa forse, ma comunque un indicatore sull’importanza, soprattutto per determinate fasce d’età, di intrattenere una didattica in presenza. Circostanza di cui il governo ha dovuto prendere atto, disponendo misure volte a garantire una ripresa delle lezioni in sicurezza. E, naturalmente, cercando di limitare al massimo le conseguenze del distanziamento sul gruppo classe.
Una conciliazione non semplice forse ma che, perlomeno sul piano didattico, necessita di soluzioni concrete, a cominciare dalla disposizione degli edifici scolastici. Nei giorni scorsi, il ministro ha parlato della possibilità, qualora non bastasse l’adeguamento degli spazi esistenti, di predisporre quello di altri 3 mila potenzialmente indicati come adatti a diventare alternative valide
Un bisogno evidente
Un nodo da risolvere, in un contesto in cui altre scuole europee hanno già riaperto i battenti da qualche settimana. E, soprattutto, in un frangente in cui parte del sistema scuola attende ancora di conoscere risposte sul proprio futuro. E non che le due branche del comparto scolastico non intersechino fra loro i propri destini. La scuola paritaria attende ancora di conoscere quale sarà lo scenario alla ripresa delle attività, perlomeno il 30% di loro, per le quali persiste il rischio di non riaprire i cancelli: “La Nazione oggi ha bisogno delle 40 mila scuole statali e delle 12 mila paritarie per permettere agli 8 milioni di studenti di rientrare in classe a settembre – ha spiegato suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche -. E’ necessario quindi agire ora, non ad agosto, con misure di emergenza che risulterebbero inutili oltre che dannose. Nelle emergenze, per agire, occorre unirsi, stringere alleanze, abbattere i muri dell’ideologia”.
Destini incrociati
In sostanza, le linee guida del Ministero sulla ripresa dell’attività scolastica e la criticità evidente di assolvere alle norme di sicurezza senza snaturare il gruppo classe, si legano in qualche modo all’emergenza delle scuole paritarie.
Se gli istituti in questione hanno finora richiesto assistenza per un miliardo di euro, utili a scongiurare la chiusura delle scuole in maggiore difficoltà e il colpo di coda sul sistema tutto, ora rappresentano una possibilità importante per le lezioni del dopo-Covid: “Scuola pubblica, statale e paritaria, unita per ricostruire gli italiani e la loro cultura. Le 12 mila scuole paritarie hanno spazi, aule pronte, teatri, palestre non solo per i 900 mila allievi che le frequentano ma anche per una buona percentuale dei 7 milioni di studenti delle scuole statali”.
Scuola, un servizio comune
Il punto, al momento, è che la situazione delle scuole paritarie non sembra consentire pianificazioni a breve termine. Le mancate risposte definitive fornite alle istanze degli istituti pubblici che rischiano la chiusura costituisce di fatto ancora una mina vagante. A seconda di quale situazione si presenterà a settembre, la scuola statale corre ancora il rischio di dover far fronte a un potenziale esodo. Di non meno di 300 mila allievi. Lo scenario peggiore.
Incognite
“La verità è che il governo non sa se e come può ripartire la scuola statale, perché non gli è chiaro quante delle 12 mila sedi scolastiche paritarie potranno riaprire a settembre. Né quanti dei 900 mila allievi dovranno essere accolti dalla scuola statale e dove collocare 7 milioni di studenti nelle 40 mila sedi scolastiche statali. Lo sapranno, però, i dirigenti scolastici di queste ultime, consapevoli che le scuole statali e le paritarie servono, insieme, al bene dei giovani, della società, della nazione”.