Politiche familiari per “non rassegnarsi alla denatalità”

Caro-figli, assorbono un terzo della spesa delle famiglie. Costretti a rinunciare agli acquisti 6 genitori su 10

denatalità
Foto di guille pozzi su Unsplash

La denatalità ha cause economiche, culturali e sociali. Per invertire la tendenza  papa Francesco chiede “coraggio”. E si rivolge particolarmente ai giovani: “Non arrendetevi, abbiate fiducia perché il domani non è qualcosa di ineluttabile. Lo costruiamo insieme. Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri. Mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente. Come fanno le mamme e i papà della Fondazione per la Natalità”. Un appello quindi alle istituzioni. “Ci siamo sentiti abbandonati- spiega Gianluigi De Palo, presidente del Fondazione per la Natalità-. Non siamo preoccupati solo di chi ci pagherà le pensioni o il Ssn. Vogliamo invece che i nostri figli siano liberi. Non si tratta di convincere a fare figli. Qui si tratta di mettere ciascuno nelle condizioni di decidere liberamente cosa fare della sua vita. E oggi non è così perché la nascita di un figlio in Italia è una delle prime cause di povertà. E questo è inammissibile per tutti. È libero di non fare i figli chi non li vuole ma non è libero chi vorrebbe. L’obiettivo è quello di fare progetti a lungo termine, oltre la durata dei singoli governi. Ne va della vita del futuro di tutti noi”. E aggiunge De Palo: “La nostra missione è provare a far tornare una primavera demografica“.

denatalità
Foto di Silvia Basso su Unsplash

Focus-denatalità

Figli cari quanto ci costate. Tra vestiti, libri scolastici, sport, trasporti e tempo libero in media un terzo della spesa complessiva delle famiglie italiane. Quando va tutto bene: perchè per un terzo delle famiglie la spesa per i figli rappresenta tra il 40% e il 70% del bilancio familiare. E’ quanto emerge dal Report FragilItalia “Il costo dei figli”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, secondo cui per sostenere queste spese, “6 genitori su 10 si vedono costretti a rinunciare ad acquisti per sé stessi. Ad andare al ristorante e a ridurre le vacanze”. “Le famiglie sono la struttura cruciale della nostra società. Invecchiamento, trend demografici negativi, disfunzionalità del mercato del lavoro, mancata inclusione delle donne nei processi economici per ragioni dirette e indirette, costo del welfare, diseguaglianze sociali e territoriali: tutti questi temi e altri ancora, in fondo, dipendono dai costi del fare e mantenere una famiglia”, spiega Simone Gamberini, presidente di Legacoop. “Per affrontare gli squilibri del Paese servono politiche che le sostengano, ispirate ad un approccio concreto per dare risposte ai problemi delle persone”. Un bisogno che emerge in maniera evidente dal dettaglio della ricerca.

Foto di Jenna Christina su Unsplash

Spese

Ad avere figli conviventi infatti sono circa la metà dei genitori italiani. E nel caso di figli maggiorenni quasi la metà (il 47%) sono totalmente a carico dei genitori. Mentre il 29% lavora contribuendo alle spese della famiglia. Da sottolineare però che il 24% dei figli maggiorenni, pur lavorando e non gravando sul bilancio familiare, continua a vivere con la famiglia. “Segnale evidente – sottolineano Legacoop e Ipsos- della persistente difficoltà dei giovani di poter affrontare il costo di una locazione o di un acquisto di un’abitazione autonoma. In testa alla classifica delle voci che più incidono sulle spese ci sono l’abbigliamento (63%), i testi e libri scolastici (51%), scarpe, borse e accessori e attività sportiva (48%), i pasti fuori casa (46%), seguite dalle spese mediche, lo svago e la mobilità (tutti al 45%). Quattro su dieci (il 41%) indicano rette scolastiche, universitarie e asilo. Tra le fasce d’età e la collocazione geografica le spese per i figli pesano, soprattutto, sul bilancio familiare dei genitori under 30 e dei residenti nelle isole. Ma spesso sono anche i figli a dover sottostare a delle rinunce quando, per motivi economici, le famiglie si vedono costrette a tagliare le spese. In particolare, il 37% ha dovuto rinunciare a abbigliamento e scarpe e allo smartphone nuovo, il 30% alle uscite con gli amici, il 25% ad un viaggio studio all’estero, il 23% ad iscriversi al corso di studio che desiderava.

denatalità
Foto di Mircea Iancu da Pixabay

Scelte necessarie

I figli che si vedono imposte maggiori rinunce per motivi economici sono quelli dei genitori under 30, di quelli residenti nelle isole (dove la rinuncia allo smartphone raggiunge il 50%, ai viaggi di studi all’estero il 37% e all’iscrizione al corso di studi desiderato il 33%) . E di quelli appartenenti al ceto popolare. Bisogna “porre una madre nella condizione di non dover scegliere tra lavoro e cura dei figli. Oppure liberare tante giovani coppie dalla zavorra della precarietà occupazionale e dell’impossibilità di acquistare una casa”, insegna Jorge Mario Bergoglio. Lancia un monito, all’Italia e all’Europa, sulla necessità di un cambio di passo sulle politiche per la natalità. “A livello istituzionale urgono politiche efficaci, scelte coraggiose, concrete e di lungo termine- avverte il Pontefice-. C’è bisogno di un impegno maggiore da parte di tutti i governi, perché le giovani generazioni vengano messe nelle condizioni di poter realizzare i propri legittimi sogni. Dio ci ha voluti, nessuno escluso. Promuovere la natalità con realismo, lungimiranza e coraggio. Il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo. Senza bambini e giovani, un Paese perde il suo desiderio di futuro“. Prosegue Francesco:  “Il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono: sono l’egoismo, il consumismo e l’individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici. In passato, non sono mancati studi e teorie che mettevano in guardia sul numero degli abitanti della Terra, perché la nascita di troppi bambini avrebbe creato squilibri economici, mancanza di risorse e inquinamento. Mi ha sempre colpito constatare come queste tesi, ormai datate e superate da tempo, parlassero di esseri umani come se si trattasse di problemi. Ma la vita umana non è un problema, è un dono”.