Allarme Oms per l’Epatite Delta: doppia infezione del fegato Per questa malattia l’agenzia europea Ema ha appena approvato un nuovo antivirale per una specifica terapia. Si è svolto a Roma il convegno “Innovazione nel trattamento dell’HDV. La meno conosciuta, ma la più aggressiva tra le epatiti virali“. Organizzato da Gilead, l’incontro ha fatto il punto sull’epatite Delta. La forma più grave e a più rapida progressione di epatite virale. Con un elevato rischio di evoluzione verso la cirrosi e complicanze come lo scompenso epatico e l’epatocarcinoma. L’epatite Delta cronica può presentarsi solo in chi è già affetto da epatite B. Nel mondo si stima siano circa 10 milioni le persone attualmente co-infettate da entrambi i virus. Mentre in Italia la prevalenza di questa doppia infezione riguarda circa il 5-9% dei soggetti. Recentemente l’Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità per bulevirtide 2 mg nel trattamento dell’infezione cronica da virus dell’epatite Delta (HDV) in pazienti adulti. Bulevirtide è dunque il primo trattamento specifico approvato per questa grave forma di epatite, dalla scoperta del virus HDV, avvenuta nel 1977.
Allarme Delta
Il Direttore Ceis (Università Tor Vergata di Roma) e presidente Sihta è il professor Francesco Saverio Mennini. Al centro dell’attenzione c’è l’impatto economico e sociale dell’epatite Delta sul sistema sanitario. “È un impatto importante- sottolinea Mennini. Dobbiamo tener conto che circa il 57% della spesa a carico di questa malattia riguarda i costi diretti sanitari. All’interno dei quali la maggior parte, pari a circa 14 milioni di euro, è relativa ai ricoveri ospedalieri. Su una fascia di popolazione compresa nella maggior parte dei casi fra i 45 e i 65 anni di età. Quindi in piena età lavorativa”. Questo, aggiunge ‘esperto, “significa che oltre al costo a carico del Sistema sanitario nazionale abbiamo costi sociali importanti che sono riferiti alla perdita di produttività. Visto che la maggior parte dei pazienti è ricompresa in piena età lavorativa“. Da un lato, dunque, l’arrivo di terapie efficaci che hanno cambiato la gestione e il paradigma di cura di questa forma di epatite. Dall’altro il ficus su quali potrebbero essere gli interventi da prevedere per ridurre ulteriormente il burden sul Servizio sanitario nazionale.
Diagnosi precoce
“Sicuramente- prosegue il professor Mennini- oltre la diagnosi precoce vi sono anche una presa in carico precoce. E, soprattutto, un modello organizzativo e gestionale di presa in carico del paziente che sia omogeneo su tutto il territorio nazionale. In maniera tale da garantire un accesso rapido a queste terapie efficaci che, tra l’altro, studi recenti hanno dimostrato anche essere costo-efficaci”. Nel corso dell’evento scientifico nella capitale Anna Maria Geretti, Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ha parlato di “Epatite Delta. Dall’infezione alla nuova strategia terapeutica bulevirtide”. Mentre Paolo Faccendini, Direttore UOC farmacia, INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS di Roma, ha incentrato il proprio intervento sul tema “La gestione di bulevirtide. L’esperienza dell’Ospedale Spallanzani di Roma”.
Burden economico
Andrea Marcellusi, Eehta-Ceis, Università Tor Vergata di Roma, ha illustrato il primo studio di “cost consequence” italiano sull’epatite Delta. Realizzato per valutare il carico del burden causato da questa patologia. “Nel nostro studio- sottolinea il professor Andrea Marcellusi– abbiamo cercato di individuare, attraverso i dati di real world e i dati di letteratura, quanti pazienti siano affetti da epatite Delta. E quanto costino per il sistema sanitario. È emerso che circa 2000 pazienti sono prevalenti con epatite Delta. E hanno un costo di circa 37 milioni di euro. Un burden economico importante. Di cui la metà per costi legati alla perdita di produttività dei pazienti”. Il fattore più rilevante è comprendere in quale modo l’arrivo di bulevirtide abbia modificato il “burden of disease“.
Intervento Delta
“Attraverso questa analisi– puntualizza il professor Marcellusi- abbiamo fatto una simulazione. Guardando come un intervento innovativo sia in grado di ridurre il peso gestionale ed economico dei pazienti con epatite Delta. Nella nostra simulazione con bulevirtide siamo riusciti a dimostrare che circa il 10% dei costi diretti e indiretti sono in grado di essere ridotti. Grazie all’intervento sanitario innovativo. E questo ha un intervento costo-efficace. Ovvero rispetto all’investimento necessario per il nuovo farmaco siamo in grado di ottenere risultati di efficacia costo-efficaci”. Ad oggi sono noti 5 tipi di epatite virale. Determinati dai cosiddetti virus epatitici maggiori. Ossia Epatite A. Epatite B. Epatite C. Epatite D (Delta). Epatite E.