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Dance Well, Zanchetta: “La danza ci connette con noi stessi e con gli altri”

L’intervista di Interris.it ad Alessia Zanchetta, responsabile del progetto Dance Well - Ricerca e movimento per Parkinson

Spesso il mondo dell’arte e quello sanitario si sono incontrati per curare problemi di salute o per accompagnare la ripresa dopo una malattia. Nel caso di Dance Well, l’incontro genera nuova arte performativa, uscendo dai canoni consueti. Perché chi danza, in questo caso, i e le dancers, sono persone con il Parkinson. Una comunità che nasce da persone che si ritrovano unite da una pratica artistica che rompe gli schemi usuali per trovare nuova ispirazione, con effetti positivi sul benessere psicofisico. “Dance Well – Ricerca e movimento per Parkinson è una ‘rivoluzione in danza’ che dimostra come qualsiasi corpo può dare e comunicare l’idea di bellezza”, spiega a Interris.it Alessia Zanchetta, responsabile del progetto e dell’ufficio di comunicazione del festival Operaestate e del  Centro per la Scena Contemporanea (Csc) del Comune di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. La genesi dell’iniziativa risale al 2013, due anni dopo aver preso parte a un progetto europeo sull’invecchiamento attivo in cui sono entrati in contatto con una realtà olandese che da tempo lavorava con la danza e il Parkison, con la decisione di formare in maniera specifica i primi dieci insegnanti, teachers, e in quasi un decennio si è espansa accompagnando la nascita di altre esperienze del genere nel resto d’Italia, da Verona a Bergamo, da Firenze a Roma.

L’intervista

Cos’è Dance Well?

“E’ un processo in continua evoluzione che continua a informare anche noi stessi. Ci occupiamo di arti performative, non eravamo entrati in contatto prima con persone con Parkinson né avevamo mai incrociato il mondo sanitario, ma è stato un incontro estremamente generativo che ha dato vita a qualcosa di nuovo. Per noi è fondamentale capire e far capire che ogni corpo può danzare e che la danza ci connette a noi stessi e agli altri senza il bisogno di altri strumenti. Era anche importante, per noi, costruire un pubblico nuovo per la danza contemporanea. Il positivo impatto a livello di salute è venuto di seguito, non c’è salute se non c’è benessere psicofisico”.

Ci può spiegare qual è stato questo impatto positivo?

Nel 2015 uno studio scientifico condotto dal dottor Daniele Volpe, responsabile del Centro per la malattia di Parkinson e i disordini del movimento – Casa di cura Villa Margherita” di Arcugnano, nel vicentino, sui suoi pazienti, alternando la pratica di Dance Well a quella riabilitativa della fisioterapia. Dall’analisi dei dati la proposta Dance Well può essere definita ugualmente valida rispetto alla riabilitazione tradizionale, con migliori risultati a livello emozionale. Lo studio è apparso anche in pubblicazione dell’Organizzazione mondiale della Sanità sulle buone pratiche artistiche per il benessere psico-fisico”.

Chi sono le persone coinvolte in questo progetto?

“Un altro pilastro di questa iniziativa è l’abbattimento delle pareti economico-sociali: è tutto gratuito. Il progetto è stato originariamente pensato per le persone con Parkinson, col tempo si è poi creata una comunità mista che comprende anche chi ha altri problemi di mobilità, persone anziane, qualche familiare o caregiver, ma anche conoscenti e amici. In media abbiamo 60 persone che formano due classi per ogni lezione, anche se a volte dobbiamo raddoppiare i turni per via dei numeri. Vi prendono parte anche i ragazzi delle scuole della  zona e alcune hanno anche inserito Dance Well nel piano dell’offerta formativa. Così si costruisce una comunità intergenerazionale e inclusiva”.

Luoghi di bellezza

“La pratica artistica, a differenza del fare ginnastica, mette in azione anche parti del nostro cervello e del nostro cuore. Dance Well si distingue da altre esperienze perché le lezioni non si tengono nella palestra o in una sala di danza, ma in luoghi di bellezza come i musei. Da questi contesti i teacher possono prendere spunto per proporre movimenti ai dancers, che sono a loro volta ispirati da quello che hanno intorno. Nella danza si instaura una relazione quando si entra in dialogo con le opere circostanti. Inoltre, persone anche di 65-70 anni, che non avevano mai messo piede in un posto del genere, si sentono come se fossero a casa loro e diventano partecipi della vita culturale della città”.

Come formate i vostri teacher?

“Due volte all’anno a Bassano del Grappa si tengono appuntamenti per la formazione, la pratica Dance Well ha bisogno di cura nelle relazioni. Molti insegnanti e artisti, dopo aver partecipato alle sessioni di aggiornamento, quando tornano nei loro territori ci chiedono di accompagnarli nell’avviare a loro volta iniziative Dance Well locali. E non all’interno dei confini nazionali: abbiamo anche formato una delegazione di dieci artisti in Giappone”.

I Dance Well dancers si esibiscono in pubblico?

“Sì, anni fa sono stati proprio loro a chiederci di andare in scena. Così annualmente commissioniamo a un artista  una coreografia che debutta poi al festival internazionale Operaestate. Finora abbiamo ottenuto risultati eccellenti: chi viene a vedere si accorge che sul palco non ci persone con il Parkinson ma dei veri danzatori”.

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