Malattie rare, Prof. Dallapiccola: “Dalla IA una speranza concreta”

Foto di National Cancer Institute su Unsplash

La rivoluzione tecnologica che ha investito le analisi genetiche e genomiche e il lavoro svolto dalle unità di ricerca di Citogenomica Traslazionale e di Genetica Molecolare e Genomica Funzionale del Bambino Gesù, l’ospedale della Santa Sede, hanno consentito di individuare nel 2023 ben 18 nuovi geni-malattia. Dando così una risposta diagnostica a numerose famiglie che fino a quel momento erano prive di un inquadramento.

Pazienti con malattie rare senza diagnosi

Un traguardo importante per i pazienti con malattie rare. Secondo il National Institutes of Health (NIH), infatti, la percentuale di pazienti senza diagnosi sulla popolazione generale dei malati rari è pari al 6%.

In Italia, su circa 2 milioni di persone affette da malattie rare, i pazienti rari senza diagnosi sarebbero oltre 100.000. Presso l’Ospedale Bambino Gesù è attivo dal 2016 un ambulatorio dedicato alle malattie rare senza diagnosi che è oggi in grado di fornire una risposta diagnostica al 70% dei pazienti seguiti. Ma che grazie alle nuove tecnologie punta a colmare il divario nel più breve tempo possibile.

Il direttore scientifico emerito Bruno Dallapiccola in Quirinale alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Foto: OPBG

L’approfondimento con il prof. Dallapiccola (OPBG)

“L’individuazione nel solo anno 2023 di 18 nuovi geni-malattia rappresenta uno dei contributi più significativi che la ricerca genetica è in grado di offrire. E pone fine alle peregrinazioni di molti malati rari e dalle loro famiglie, poiché la diagnosi è il primo passo della presa in carico”. Lo spiega a Interris.it Bruno Dallapiccola, direttore scientifico emerito dell’Ospedale Bambino Gesù (OPBG).

Quali prospettive future offre la ricerca in campo genomico?

“L’obiettivo è quello di ottenere diagnosi e terapie più precoci. Possiamo ipotizzare che in un prossimo futuro saranno avviati programmi di screening genomici neonatali, al fine di anticipare e rendere più efficace la gestione globale dei pazienti. Anche attraverso i progressi della medicina di precisone che mira a contrastare gli effetti delle mutazioni genomiche”.

Si tratta di obiettivi realistici?

“Sì. Dato che il nostro genoma è una sorta di cartella clinica nella quale è scritta una parte significativa del nostro futuro biologico, in termini di salute e di malattia, si tratta di obiettivi realistici”.

Quanto l’intelligenza artificiale sta aiutando per la diagnosi delle malattie rare?

“Siamo certamente all’inizio di qualcosa di importante che sta cambiando. Ci sono dei primi esempi di bambini con malattie ultra rare che sono stati diagnosticati mettendo insieme con l’intelligenza artificiale una serie di sintomi che come tali non erano riconoscibili in un’entità fisiologica distinta e che hanno dato luogo invece a una risoluzione diagnostica. Questo credo sia proprio l’inizio di un percorso importante”.

Quante sono le malattie ultra rare?

“L’85% delle malattie rare sono ultra rare, cioè hanno praticamente frequenze inferiori a meno di un caso per milione. Quindi è impossibile trovare degli esperti per molte di queste malattie. L’intelligenza artificiale potrà portare un contributo straordinario nel riconoscimento di queste condizioni cliniche. D’altra parte, l’impatto dell’intelligenza artificiale è già significativo nell’ambito della genomica”.

In che modo?

“Perché abbiamo costruito dei database complessi con le analisi di sequenziamento di nuova generazione (Next generation sequencing, NGS) che per essere utili a livello diagnostico vanno interrogati. L’intelligenza artificiale permette oggi di andare a scoprire all’interno di questi enormi database le informazioni che sono rilevanti per inquadrare i pazienti a livello molecolare. In tal senso, voglio ricordare il progetto europeo 1+ Million Genomes – un database di un milione di genomi e dati clinici di cittadini europei, compresi i pazienti con malattie rare – che ha il potenziale per migliorare la prevenzione delle malattie, consentire trattamenti più personalizzati e sostenere ricerche innovative”.

Quali sono gli obiettivi per il futuro?

“La IA in prospettiva terapeutica. Dall’intelligenza artificiale noi cerchiamo lo sviluppo di nuovi farmaci, lo sviluppo di nuove molecole, riprogrammando quella già esistenti, nonché la possibilità di generare nuove ipotesi diagnostiche. Non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale – uno strumento in grado di mette insieme milioni e milioni di dati – si pone e si porrà sempre meglio al fianco della ricerca e della scienza per supportarla in una serie di scoperte delle quali beneficeranno tutti. In particolar modo, ne trarranno un gran beneficio i malati rari e rarissimi, quelli che, ad oggi, sono maggiormente isolati e orfani di diagnosi”.

Milena Castigli: